Reato di tortura, cosa prevede e perché il governo Meloni lo vuole cancellare

Ilena D’Errico

25 Marzo 2023 - 18:39

Arrivata in Camera la proposta di legge per abrogare le norme sul reato di tortura. Ecco cosa prevede il Codice penale su questo reato e perché il governo Meloni intende cancellarlo.

Reato di tortura, cosa prevede e perché il governo Meloni lo vuole cancellare

Così come preannunciato, Fratelli d’Italia ha avanzato una proposta di legge per abrogare il reato di tortura, introdotto nel Codice penale italiano nel 2017, con non poche difficoltà. Oggi come 6 anni fa, il Parlamento è diviso. La proposta sostenuta dal governo Meloni è infatti criticata duramente dall’opposizione. Cancellare il reato di tortura potrebbe avere delle conseguenze molto gravi, sostiene il Partito democratico. Secondo Fratelli d’Italia, invece, è necessario per garantire ordine e sicurezza.

Cosa prevede il reato di tortura?

Il reato di tortura è disciplinato dagli articoli 613 bis e 613 ter del Codice penale. In particolare, il reato di tortura si configura quando qualcuno provoca un trauma psichico o acute sofferenze fisiche a una persona a lui affidata (ad esempio perché privata della libertà personale oppure perché sottoposta a potestà), attraverso l’uso di violenza, minacce gravi o crudeltà. Per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio il fatto è tanto più grave, punibile con la reclusione da 5 a 12 anni. Sono poi previste delle aggravanti – che fanno aumentare la pena – se le condotte sono state ripetute oppure in misura delle conseguenze riportate dalla vittima. In caso di morte, si prevede anche la condanna all’ergastolo.

L’articolo 613 del Codice penale è invece espressamente dedicato ai pubblici ufficiali e punisce l’istigazione al reato di tortura. Nel dettaglio, il pubblico ufficiale che incita a commettere questo reato un altro pubblico ufficiale è punibile con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, purché il delitto non venga poi commesso. La proposta di legge avanzata da Fratelli d’Italia riguarda in modo specifico questi due articoli, che a loro avviso impedirebbero alle Forze dell’ordine di svolgere le proprie mansioni, con i conseguenti problemi di sicurezza.

Perché il governo vuole cancellare il reato di tortura?

Il governo Meloni vuole cancellare il reato di tortura per favorire la repressione della criminalità, senza limitare in modo eccessivo l’attività delle Forze dell’ordine. Come riportato dall’Ansa, la relazione della proposta contiene quindi una serie di esempi in cui le Forze di polizia si troverebbero impossibilitate a fare il proprio lavoro, per paura di una responsabilità penale. Sempre secondo la relazione, il problema sarebbe “L’incertezza applicativa a cui è lasciato l’interprete”, a causa di cui soprattutto gli agenti di Polizia penitenziaria rischierebbero conseguenze sproporzionate per aver utilizzato legittimamente la coazione fisica.

L’obbiettivo della proposta di legge sarebbe quindi di ottimizzare le attività di repressione e prevenzione dei reati, lasciando maggiore libertà d’azione ai soggetti incaricati. Opinabile, tuttavia, l’idea di abrogare completamente la normativa, anziché suggerire delle specificazioni adeguate a eliminare la citata incertezza applicativa. Se è infatti vero che l’articolo 613 bis del Codice penale punisce in modo importante i pubblici ufficiali che commettono il reato di tortura, è altrettanto innegabile la presenza di un esonero:

Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.

Perché abolire il reato di tortura è “colpire i diritti umani”?

Il reato di tortura ha dovuto seguire un lungo iter parlamentare prima di essere formalmente introdotto nel nostro ordinamento, peraltro subendo fin dall’origine lo scontento della maggior parte dei partiti di centrodestra. Matteo Salvini, in particolare, da lungo critica la presunta pericolosità della legge sul reato di tortura, condannando per l’appunto il modo in cui la norma si approccia a questo reato e non la “ovvia” contrarietà alla tortura stessa. Nonostante ciò, la repressione di questo reato venne ritenuta fondamentale per la tutela democratica e alla fine la legge a riguardo fu approvata.

Ad oggi, la proposta di Fratelli d’Italia ha immediatamente provocato la disapprovazione dell’opposizione. Simona Malpezzi, presidente dei senatori del Pd, ha scritto in proposito sulla sua pagina Twitter, chiedendo al governo Meloni – ed espressamente alla Premier – se l’intenzione sia quella di abolire i diritti umani.

Celere e appassionata anche la risposta di Ilaria Cucchi, senatrice di Sinistra italiana – Alleanza verde e sorella di Stefano, picchiato e torturato fino alla morte proprio dai Carabinieri che lo avevano in custodia. La senatrice Cucchi si è quindi appellata a Sergio Mattarella, affinché non avvenga la cancellazione del reato, anche alla luce dei fatti più recenti. Proprio ieri, si è infatti diffusa la notizia della sospensione di 23 agenti della Polizia penitenziaria di Biella, accusati di tortura nei confronti di 3 detenuti.

Secondo i firmatari della proposta, tuttavia, la legge è troppo severa rispetto ai medesimi reati (ad esempio le percosse) compiuti in circostanze e da soggetti diversi, oltre che inadatta all’andamento della criminalità del paese. Fermamente convinti sulla cancellazione, i deputati di Fdi considerano comunque l’introduzione di una nuova aggravante comune per non lasciare impuniti eventuali abusi di potere.

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