Quirinale, Draghi si dimetterà in ogni caso da presidente del Consiglio. Ecco cosa sta succedendo

Emiliana Costa

22/01/2022

22/01/2022 - 19:56

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È partito il conto alla rovescia per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Ma comunque vada il voto, Mario Draghi si dimetterà da presidente del Consiglio. Ecco perché.

Quirinale, Draghi si dimetterà in ogni caso da presidente del Consiglio. Ecco cosa sta succedendo

Il conto alla rovescia è partito per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica che sostituirà Sergio Mattarella. Lunedì 24 gennaio ci sarà la prima votazione e il nome del capo dello Stato è atteso in settimana. Tra le opzioni più gettonate, il Mattarella bis - anche se l’inquilino del Quirinale aveva fatto sapere che non avrebbe dato disponibilità per un secondo mandato - e Mario Draghi.

L’attuale presidente del Consiglio dovrebbe dunque lasciare Palazzo Chigi per salire al Colle. Ma comunque andranno le votazioni, Draghi dovrà dimettersi in ogni caso dal suo incarico. Ecco perché.

Perché Draghi dovrà dimettersi da Palazzo Chigi

Perché Mario Draghi comunque andranno le elezioni al Quirinale dovrà dimettersi dal suo incarico di presidente del Consiglio? Come riporta un retroscena del Giornale, a spiegare il motivo è l’ex presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda: "Si tratta di una prassi istituzionale". Ovvero, se Draghi non venisse eletto al Colle dovrebbe comunque presentare le sue dimissioni da presidente del Consiglio al nuovo capo dello Stato.

Zanda ricorda come questo procedimento avvenga a ogni cambio della guardia al Colle. Ma stavolta c’è un elemento che può rendere la consueta prassi istituzionale una «bomba a orologeria». Il voto del Quirinale infatti si intreccia con il fantasma del voto anticipato, quello delle elezioni politiche.

La nota di Zanda può rappresentare dunque un avvertimento a tutto il resto del Parlamento. Chi pensa di «salvare la poltrona» dicendo no a Draghi al Quirinale, non prende inconsiderazione il fatto che l’attuale premier dovrà comunque dimettersi. E se la maggioranza di governo si dovesse dividere sul nome del nuovo presidente della Repubblica, quelle che dovrebbero essere solo delle dimissioni «formali» potrebbero diventare effettive. Con tutte le incognite del caso, tra cui il ritorno al voto.

Passo indietro di Berlusconi

Il dibattito acceso tra centrodestra e Pd è, neanche a dirlo, sulla proposta di Silvio Berlusconi presidente della Repubblica. La scorsa settimana Matteo Salvini e Giorgia Meloni ne avevano ufficializzato la candidatura, chiedendo al Cavaliere di sciogliere in fretta la riserva.

Nei giorni scorsi però è emerso che un candidato come Berlusconi sarebbe stato troppo divisivo. La nota di Zanda sottolinea come un «nome non condiviso» metterebbe a rischio la stessa maggioranza di governo. Nelle ultime ore, Salvini e Meloni sono tornati sui loro passi. E stasera, al termine del vertice del centrodestra è stato annunciato il passo indietro del leader di Forza Italia.

La condizione posta dal Pd è quella dunque di trovare un "nome condiviso". L’identikit che calza a pennello è proprio quello di Draghi. Nome che potrebbe ricomporre le fratture all’interno della maggioranza, «lasciando intatta la componente politica con alcuni nuovi innesti al posto dei tecnici».

Conclude il segretario del Pd Enrico Letta: «Il prossimo presidente della Repubblica deve essere scelto con un accordo largo e trasversale. E non deve essere di parte, non voteremo un candidato di centrodestra».

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