Quanto si risparmia col taglio dell’Iva su pannolini e latte: poco o niente, ecco perché è (quasi) inutile

Stefano Rizzuti

2 Febbraio 2023 - 13:00

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Il taglio dell’Iva sui prodotti per l’infanzia, introdotto dalla legge di Bilancio, rischia di avere un impatto quasi nullo sulle tasche degli italiani: l’Unione Nazionale Consumatori spiega perché.

Quanto si risparmia col taglio dell’Iva su pannolini e latte: poco o niente, ecco perché è (quasi) inutile

Il taglio dell’Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia e l’igiene femminile introdotto dalla legge di Bilancio 2023 rischia di essere una misura simbolica, ma dall’effetto quasi inesistente. Non solo per il rischio che un taglio dell’Iva non si rispecchi poi sui prezzi applicati dai commercianti, che potrebbero non far scendere il costo dei singoli prodotti.

A questo si deve aggiungere il fatto che il taglio dell’Iva, soprattutto per quanto riguarda i prodotti per l’infanzia, ha un impatto contenuto sulle famiglie italiane. Tra il problema della denatalità e i prezzi non elevatissimi di molti di questi prodotti, alla fine il risparmio medio (quindi considerando tutti gli italiani) per una famiglia rischia di essere irrisorio.

A spiegarlo è anche l’Unione Nazionale Consumatori: dal suo centro studi, contattato da Money.it, viene sottolineato che questa misura è sì “concettualmente condivisibile”, ma in realtà i suoi vantaggi monetari (peraltro considerati incerti non scattando nessun automatismo con la riduzione del prezzo) “sono riservati a poche famiglie: in media a famiglia si tratta di pochi spiccioli”.

Taglio dell’Iva al 5%, su quali prodotti

La legge di Bilancio del governo Meloni ha modificato la tabella A allegata al decreto del presidente della repubblica n. 633 del 26 ottobre 1972, andando ad aggiungere alcuni prodotti su cui si applica l’Iva agevolata al 5%. Innanzitutto viene estesa l’aliquota ridotta a tutti gli assorbenti e i tamponi per l’igiene femminile (finora valeva solo per quelli compostabili e lavabili) e poi si aggiungono altri prodotti. Ecco l’elenco:

  • Latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto;
  • Preparazioni alimentari di farine, semole, semolini, amidi, fecole o estratti di malto per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini, condizionate per la vendita al minuto;
  • Pannolini per bambini;
  • Seggiolini per bambini da installare negli autoveicoli.

Iva agevolata al 5%, gli effetti sui prezzi

La legge di Bilancio ha introdotto l’Iva agevolata per questi prodotti, ma per capire gli effetti sulla variazione dei prezzi è ancora presto, al di là di qualche sensazione che si può basare sul vissuto personale. La rilevazione dell’Osservatorio prezzi e tariffe del ministero delle Imprese e del Made in Italy, infatti, avviene su base mensile e gli ultimi dati disponibili sono quelli di novembre. Per vedere cosa è successo a dicembre e come poi è cambiato il prezzo medio a gennaio (quando è entrato in vigore il taglio dell’Iva) bisognerà ancora attendere.

Taglio dell’Iva, è sufficiente per abbassare i prezzi?

Il taglio dell’Iva dovrebbe comportare una diminuzione dei prezzi al dettaglio. Ma siamo sicuri che questo avvenga? I commercianti, infatti, non sono in alcun modo vincolati ad abbassare il costo delle merci, anche se diminuisce l’Iva. Potrebbero, per esempio, lasciare invariato il prezzo finale andando peraltro ad aumentare il margine di ricavo, considerando il taglio dell’aliquota. La certezza che i prezzi sono scesi non c’è e non ci può essere fino a che non usciranno i dati sul costo medio. Peraltro giustificare un aumento (anzi, in questo caso una mancata diminuzione) del prezzo in un periodo di così alta inflazione sembra abbastanza facile.

Quanto si risparmia davvero con il taglio dell’Iva

Quanto si risparmia, quindi, con il taglio dell’Iva? Lasciamo da parte i prodotti per l’igiene femminile, trattandosi di una riduzione del prezzo che riguarda una fetta importante della popolazione italiana e che ha un valore anche simbolico molto forte. Passiamo, invece, alla riduzione sui prodotti per l’infanzia.

L’aliquota Iva per questi prodotti, come pannolini e latte in polvere, scende dal 10% al 5%. Prendiamo allora i pannolini: l’importo medio di un pacco da venti, nella città di Roma (le rilevazioni del ministero sono cittadine) ha una quotazione media di 6,51 euro. Con l’Iva al 10% parleremmo di un impatto di 65 centesimi, al 5% si scende a 32 centesimi. Il risparmio è di 30 centesimi per ogni pacco da venti. Risparmio che, come ricordato, riguarda solo una parte delle famiglie italiane.

Proprio questo è uno degli elementi sottolineati dall’Unione Nazionale Consumatori. Che prende a riferimento anche i dati Istat: qui si presenta un problema, perché la spesa per i pannolini e per gli assorbenti, per esempio, non ha una voce singola ma rientra negli articoli per l’igiene personale e il benessere, per i quali una famiglia italiana spende mediamente 26,48 euro al mese.

Il punto è che la spesa per i pannolini non si può scorporare dagli altri prodotti e in questi 26 euro rientrano tanti altri acquisti, come i prodotti per i capelli, per il viso, le creme per il corpo, i prodotti di bellezza, i trucchi, la profumeria. Se la spesa totale, per tutti questi prodotti, è in media di 26 euro al mese a famiglia è chiaro che l’impatto della riduzione dell’Iva sui pannolini è minimo. Nella migliore delle ipotesi potremo parlare di una riduzione media (per tutte le famiglie) probabilmente inferiore a un euro al mese. Il taglio dell’Iva, quindi, rischia di avere un impatto più simbolico che reale.

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