Prezzi record, stangata al supermercato da oltre 500 euro e crollo dei consumi: serve il taglio dell’Iva?

Giacomo Andreoli

21/01/2023

21/01/2023 - 14:23

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Secondo i dati dell’Unione nazionali consumatori nel 2022 le famiglie italiane sono state letteralmente travolte dall’inflazione al supermercato. Le associazioni tornano a chiedere il taglio dell’Iva.

Prezzi record, stangata al supermercato da oltre 500 euro e crollo dei consumi: serve il taglio dell’Iva?

Nel 2022 fare la spesa al supermercato è costato in media per ogni famiglia oltre 500 euro in più. Una stangata vera e propria, quindi, per tutti gli italiani. A dirlo sono gli ultimi dati di uno studio dell’Unione nazionale consumatori, che segnala l’effetto pesantissimo dell’inflazione sui bilanci dei cittadini.

Dall’analisi emerge come solo per i vegetali freschi nel 2022 si sono spesi ben 63,30 euro in più rispetto al 2021, con un’inflazione media da record: a oltre il 14%. Da qui pure Coldiretti e Confesercenti, anche considerando gli ultimi dati sull’erosione dei conti correnti (ridotti di 20 miliardi) e dei risparmi degli italiani (41,5 miliardi bruciati), chiedono un intervento al governo Meloni.

Insomma, qualcosa che vada oltre il piccolo aumento di stipendi e la riduzione dell’Iva su alcuni prodotti varati con l’ultima legge di Bilancio. Per far ripartire i consumi potrebbe quindi servire un taglio generalizzato dell’Iva sui beni di prima necessità come era stato ipotizzato dal governo Draghi in estate?

Prezzi record, la classifica degli aumenti al supermercato nel 2022

Secondo lo studio dell’Unione nazionale consumatori nel 2022 i vegetali freschi sono costati, mediamente a famiglia, 63,3 euro in più dell’anno precedente, con un rincaro del 14,3%. La frutta fresca (+7,3%) ha subito un aumento di 32,30 euro, mentre i formaggi e latticini (+8,6%), hanno pesato sui conti per 32,1 euro in più.

Al quarto posto in questa spiacevole classifica il pollame (crescita del 13,5%, pari a 31,20 euro), poi il pane (in salita dell’11%, pari a 28,80 euro), al sesto posto la pasta (in crescita del 17,3%, con un aggravio 24,30 euro). E ancora: la carne bovina (crescita al 5,9%, aggravio 22,40 euro), i prodotti di pasticceria e panetteria come crackers, piadine, fette biscottate (crescita al 7,8%, aggravio di 20,20 euro) e il pesce fresco (crescita dell’8,3%, crescita di 18,30 euro). Chiudono la top ten i salumi (in salita del 5,1%, spesa aggiuntiva di 15,10 euro).

Si segnalano poi gli oli alimentari diversi dall’olio di oliva che segnano il record dell’inflazione: con una crescita del 51,5%, e un aggravio di oltre 12 euro medi su base annua. Uova e olio sono invece costati quasi 10 euro in più, 9 la pizza, 8,80 i gelati, 8 i caffè, 7,90 il burro e 7,20 il latte.

Da questa classifica emerge chiaramente che verdure, frutta, formaggi e latticini sono i prodotti che hanno visto aumentare di più i prezzi. Si tratta per lo più di beni di largo consumo, che quindi vengono acquistati più o meno da tutti.

Inflazione, spesi 13 miliardi al supermercato

In tutto, così, Coldiretti stima un costo di 13 miliardi di euro per le famiglie italiane al supermercato nel 2022. Questo per l’effetto valanga dei rincari dell’energia e della dipendenza dall’estero, in un contesto globale di aumento dei costi dovuto alla guerra in Ucraina, che fa soffrire l’intera filiera agroalimentare, dai campi alle tavole.

Solo per pane e pasta la spesa aggiuntiva è stata di 2,6 miliardi di euro, per la verdura 2,3 e per la carne 2,2. Al quarto posto ci sono latte formaggi e uova, con 1,8 miliardi di esborso aggiuntivo. È di circa un miliardo, invece, il rincaro complessivo rispettivamente per pesce e verdura.

Sconto sull’Iva, gli interventi in manovra

Con l’ultima legge di Bilancio il governo Meloni ha tagliato l’Iva sui prodotti per l’infanzia, quelli per l’igiene intima femminile, il pellet e il teleriscaldamento, confermando anche lo sconto sul gas. Un’intervento complessivo sui beni di prima necessità è stato invece escluso.

Secondo il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, “un’esenzione del genere andrebbe a beneficio soltanto di chi il pane e il latte se lo può comprare, con il concreto rischio che la mancata detrazione dell’Iva per chi produce il pane o il latte finisca per andare a gonfiare i prezzi”.

Serve un taglio dell’Iva sui beni di prima necessità?

Alcune delle associazioni dei consumatori, però, ora tornano a chiedere quel tipo di intervento. Un piano del genere era stato abbozzato dall’ex ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta assieme al collega al ministero dell’Economia Daniele Franco.

Prevedeva un azzeramento temporaneo dell’imposta sul valore aggiunto per i prodotti alimentari necessari a tutti (pane, pasta, olio d’oliva, farina, patate). Era poi previsto nel taglio dell’Iva per beni come carne e pesce, con l’aliquota del 10% da far scendere al 5%. Infine lo sconto era contemplato anche per abbigliamento e calzature non di lusso, dove in alcuni casi l’aliquota è al 22%.

Applicare questo piano costerebbe almeno 4 miliardi di euro, difficili da trovare nell’attuale contesto economico, con i conti pubblici già stretti tra aiuti contro il caro energia debito pubblico molto alto.

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