Ecco quanto è costato davvero il referendum 2025 lavoro e cittadinanza allo Stato italiano (e perché non 400 milioni di euro).
Le dichiarazioni della politica sul referendum abrogativo 2025 meriterebbero interi libri dedicati per fare chiarezza ai cittadini, cominciando dal vero costo del referendum.
I fraintendimenti non sono accettabili quando riguardano dati così importanti e soprattutto oggettivi, verificabili, che non dovrebbero prestarsi a interpretazioni o strumentalizzazioni. C’è una linea importante tra contestare un’azione politica e presentarla ingannevolmente ai cittadini, che non dovrebbe essere superata. Il riferimento sono le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, che ha lasciato intendere al pubblico la spesa di 400 milioni di euro per il referendum, soldi che avrebbero potuto essere impiegati diversamente. Un vero e proprio esborso inutile stando alla presidente del Consiglio, secondo cui sarebbe stato molto più conveniente proporre il cambiamento in Parlamento.
Ora, prima di lanciare accuse è bene fare qualche considerazione. Giorgia Meloni è sempre stata piuttosto chiara riguardo alle proprie opinioni sui quesiti del referendum e non si è fatta problemi a dichiarare che andrà a votare ma senza ritirare le schede. D’altronde, sono mesi che la maggioranza invita apertamente all’astensionismo. Avrebbe poco senso utilizzare un dato falso per aumentare il dissenso cittadino verso il referendum, anche se sulla buona fede della premier ognuno può trarre le proprie libere conclusioni. Le cifre però non sono opinabili, ecco quanto è costato davvero il referendum.
Quanto è costato davvero il referendum
Come fare a capire quanto è costato davvero il referendum? Innanzitutto bisogna sapere che le spese necessarie per lo svolgimento dei referendum e delle elezioni sono autorizzate e stanziate attraverso appositi provvedimenti, com’è avvenuto in questo caso con il decreto legge n. 27/2025. Quest’ultimo, convertito in legge e modificato dalla legge n. 72/2025, individua precisamente i costi delle elezioni e del referendum per l’anno in corso. In particolare, si ha un costo di 1.030 euro a sezione (su un totale di 61.951 sezioni) e un costo di 185 euro per ognuno dei 1.492 seggi speciali.
Per gli elettori all’estero (5,3 milioni secondo le stime aggiornate al 30 giugno 2024) è stato invece ipotizzato un costo medio di 4,50 euro ciascuno per la posta prioritaria. Ciò significa che il referendum costa in totale 88.034.163 euro (63.809.530 delle sezioni + 276.020 per i seggi speciali + 23.948.613 euro per gli elettori all’estero).
Come evidenziano i documenti ufficiali, il costo del referendum si aggira intorno a 88 milioni di euro, sicuramente non più del quadruplo come lasciato intendere da Meloni. Non si tratta di un dato inventato, bensì proveniente da una stima datata e a dir poco sorpassata che era stata diffusa nel 2009, contando anche innumerevoli costi indiretti e ampi (come il servizio di baby sitter a carico delle famiglie a causa della chiusura scolastica per adibire i seggi). Si può serenamente concludere che il referendum non costa affatto 400 milioni di euro.
Considerando che le stime si basano sul compenso del presidente, il segretario e gli scrutatori, gli oneri per lo svolgimento contemporaneo delle elezioni amministrative e dei referendum rimangono analoghi, rappresentando di fatto una scelta più conveniente.
Il vero prezzo dei referendum
Il prezzo più alto dei cittadini è quello dell’astensionismo, una piaga crescente nel nostro Paese e in molti altri Stati europei. Eppure, è proprio attraverso le votazioni che il popolo esprime il potere garantito dalla Costituzione, partecipando alla vita e all’indirizzo politico del proprio Stato. Non conta tanto la vittoria del sì o del no, quanto piuttosto la volontà degli italiani di partecipare attivamente e consapevolmente alle decisioni più importanti per la nazione e la cittadinanza stessa. Il referendum è lo strumento di garanzia democratica per eccellenza, il mezzo per dare voce alla popolazione comune e permetterle di intervenire personalmente, purché rappresentando una maggioranza utile del Paese stesso (individuata dal quorum).
Non esercitare il voto al referendum, come d’altronde alle elezioni, esprime tutto il disinteresse nei confronti della vita politica. Certo, può essere una forma di protesta o comunque un modo per manifestare il proprio dissenso, ma restituisce comunque l’immagine di una popolazione distaccata e inerme. Ecco perché, indipendentemente dalla casella barrata e addirittura a prescindere dal compimento di una scelta, sarebbe preferibile ricordare il potere e l’attenzione dei cittadini.
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