Quante tasse si pagano su un affitto

Patrizia Del Pidio

10 Novembre 2023 - 11:45

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Per chi ha un immobile affittato il peso delle tasse potrebbe essere anche abbastanza alto. Vediamo quante tasse si pagano sui redditi da affitto e come risparmiare.

Quante tasse si pagano su un affitto

Quante tasse si pagano sull’affitto? Il sistema di tassazione in Italia prevede il pagamento dell’Irpef progressiva sui redditi prodotti dalla persona fisica. Il reddito che deriva dai canoni di locazioni è soggetto a tassazione proprio come quello da lavoro o da pensione.

Quando si decide di mettere a reddito un immobile, quindi, appare indispensabile capire quante tasse si andranno, poi, a pagare con la dichiarazione dei redditi. La cosa potrebbe diventare determinante anche per capire se il reddito aggiuntivo porterà al superamento dello scaglione di reddito in cui si ricade e se sulle somme che entrano dai canoni di locazione si sarà costretti a pagare un’aliquota Irpef superiore.

Capire la tassazione dei redditi di affitto, quindi, potrebbe andare a pesare non solo sulla decisione di affittare una casa o un appartamento, ma anche sulle tempistiche e sulla durata del contratto di locazione. Meglio una locazione lunga e stabile o meglio un affitto breve che, nell’immediato, produce un reddito più elevato? Cerchiamo di capire come funziona la tassazione dei redditi da affitto.

Case in affitto, che tasse si pagano?

Il proprietario di un immobile concesso in locazione è tenuto a pagare le tasse sui canoni di affitto che incassa nel corso dell’anno. Quelle somme di denaro, infatti, concorrono alla formazione del reddito imponibile: si sommano ai redditi da lavoro o da pensione per determinare l’aliquota Irpef applicata e, di conseguenza, che percentuale di tasse si dovrà pagare sulle proprie entrate.

Il reddito che deriva dalla casa in affitto, infatti, va dichiarato (in caso contrario si configura l’affitto in nero con tutti i rischi che la cosa comporta in ambito evasione fiscale) al fine di pagare le tasse.

Quando si pone un immobile in locazione, però, è determinante la tipologia di contratto che si sceglie e la tassazione applicata: per le locazioni a uso abitativo si può scegliere, infatti, il regime di tassazione ordinario oppure si può optare per il regime di cedolare secca. Cerchiamo di capire le differenze non solo a livello di tassazione.

Casa in affitto e tassazione ordinaria

Se al momento della registrazione del contratto di locazione si sceglie il regime della tassazione ordinaria si devono mettere in conto, oltre alle tasse annuali dovute sul reddito, anche l’imposta di bollo e l’imposta di registro.

Nella locazione a tassazione ordinaria al momento che si stipula il contratto di locazione (ma anche al momento del rinnovo dello stesso) è da considerare due tasse distinte che vanno equamente divise tra proprietario e inquilino.

La prima, l’imposta di registro, ammonta normalmente al 2% del canone di affitto annuo moltiplicato per le annualità che il contratto prevede.

Facciamo un esempio. Supponiamo che il canone di locazione annuo sia pari a 9.000 euro l’anno (con un affitto mensile di 750 euro) e che il contratto scelto sia un quattro più quattro. L’imposta di registro alla registrazione del contratto sarà pari al 2% di 9.000 moltiplicato per i quattro anni di validità del contratto, ovvero 720 euro che dovranno pagare a metà inquilino e proprietario.

All’imposta di registro, poi, va aggiunta l’imposta di bollo da versare per entrambe le copie del contratto per un importo pari a 16,00 euro ogni quattro facciate.

Una volta pagate le tasse che si versano al momento della registrazione per ogni contratto di durata superiore ai 30 giorni, poi, restano le tasse annuali sull’affitto che sono sottoposte a tassazione ordinaria.

Tassazione ordinaria, quante tasse si pagano?

Per le tasse annuali sul canone di affitto non è possibile fare un stima del costo, visto che lo stesso varierà in base al reddito imponibile totale del proprietario dell’immobile. I canoni di affitto mensili che riceve, infatti, si sommeranno per la determinazione del reddito imponibile a tutti gli altri redditi percepiti (da lavoro o da pensione più gli altri eventuali redditi).

Nel 2023 gli scaglioni di reddito previsti per il versamento dell’Irpef sono:

  • fino a 15.000 euro aliquota al 23%;
  • da 15.000 a 28.000 euro aliquota al 25%;
  • da 28.000 a 50.000 euro aliquota al 35%;
  • oltre i 50.000 euro aliquota al 43%.

Nel 2024, grazie alla riforma fiscale che accorpa le prime due aliquote Irpef, gli scaglioni saranno i seguenti:

  • fino a 28.000 euro aliquota al 23%;
  • da 28.000 a 50.000 euro aliquota al 35%;
  • oltre i 50.000 euro aliquota al 43%.

La tassazione varia in base alla tipologia di contratto

Nella determinazione del reddito da affitto da prendere in considerazione per la tassazione incide anche la tipologia di contratto utilizzato:

  • con contratto a canone libero 4+4 si deve calcolare ai fini Irpef solo il 95% del canone di affitto annuo che viene ridotto in modo forfettario del 5%;
  • in caso di contratto a canone concordato 3+2 si applica il 70% del canone d’affitto e c’è la possibilità di ottenere anche una ulteriore detrazione del 5%. A questo deve essere sommata anche una riduzione dell’imposta di registro pari al 30%.

Tassazione affitto con cedolare secca

Se per la tassazione del reddito da affitto si sceglie il regime della cedolare secca, è bene sapere che si tratta di un’alternativa di tassazione che prevede un’imposta sostitutiva all’Irpef.

Sui redditi prevenienti dagli immobili in affitto, quindi, non si dovrà pagare :

Le aliquote previste per la tassazione con cedolare secca sono variabile in base alla tipologia di contratto di affitto scelto e nello specifico sono:

  • al 21% se si sceglie un contratto di locazione a canone libero;
  • al 10% per contratti di locazione a canone concordato;
  • al 10% per affitti a studenti universitari della durata che va da 6 mesi a 3 anni.

Limiti della cedolare secca per le tasse sugli affitti

Da tenere presente però che le differenze tra tassazione ordinaria e cedolare secca non si limitano soltanto all’aliquota di tassazione. Le tasse sugli affitti assoggettati a cedolare secca si applicano sul 100% del canone di affitto e questo reddito, tra l’altro, non concede il diritto né a detrazioni, né a deduzioni.

Possono accedere alla cedolare solo le persone fisiche che hanno un reale diritto di proprietà o di godimento sull’immobile e il contratto di locazione deve essere stipulato esclusivamente per fini abitativi. Inoltre la cedolare secca si applica sono per immobili con categoria catastale da A1 ad A11 con l’esclusione della categoria A10.

Tassazione affitti brevi

A oggi sugli affitti brevi è possibile applicare la cedolare secca al 21% solo se si mettono in affitto un massimo di quattro unità abitative. Se il numero di abitazioni che si mettono in affitto sono da cinque in su la cedolare secca non si può applicare e i redditi sono assoggettati a tassazione sull’Irpef marginale sul 95% dei canoni di locazione.

Negli affitti brevi, a differenza di quello che accade nei contratti di locazione ordinari, l’opzione della cedolare secca può essere esercitata direttamente sulla dichiarazione dei redditi. Questo perché gli affitti brevi, di durata fino a 30 giorni, sono esclusi dall’obbligo di registrazione del contratto.

Con la Legge di Bilancio 2024 le tasse sugli affitti brevi subiranno una modifica e l’aliquota al 21% sarà applicabile solo se il contribuente mette in locazione una sola abitazione. Se, invece, le unità immobiliari, compresa la prima, sono da due a quattro l’aliquota applicata sui canoni sarà del 26%. Se sono più di quattro, invece, nulla cambia rispetto a oggi, visto che i canoni saranno sottoposti a tassazione ordinaria.

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