Proteste in Colombia: sale la violenza. Che succede?

Violetta Silvestri

23 Novembre 2019 - 12:52

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Proteste in Colombia: sale la violenza nelle strade. Che succede?

Proteste in Colombia: sale la violenza. Che succede?

Si intensificano le proteste in Colombia e sale la violenza nelle strade. Che succede nello Stato sudamericano?

Le manifestazioni di piazza iniziate giovedì scorso sono presto degenerate in episodi drammatici, con il primo bilancio di morti tra poliziotti e cittadini comuni.

Non sembra placarsi l’allarmante ondata di rabbia popolare che sta travolgendo un’intera regione del mondo. L’America Latina sta, infatti, sprofondando nel caos.

Il copione sembra lo stesso per tutti i Paesi scesi in strada a protestare. Come in Cile, Bolivia, Ecuador, anche in Colombia la frustrazione contro le mancate riforme economiche del governo, l’elevata corruzione e la violazione dei diritti umani hanno spinto la gente a manifestare.

Le proteste in Colombia sono un ulteriore segnale della fragilità e dei livelli di disuguaglianza di questa area del mondo. Intanto, sale la violenza e si teme il peggio. Che succede a Bogotà e nelle altre cittadine?

Perché sono iniziate le proteste in Colombia?

Giovedì scorso a Bogotà e in altre città colombiane centinaia di migliaia di cittadini sono scesi in strada per far sentire la propria voce di dissenso nei confronti del presidente Ivan Duque.

Pensionati, studenti, giovani, anziani, rappresentanti sindacali, donne: tutte le categorie sociali hanno deciso di dar vita ad una delle manifestazioni più imponenti nello Stato sudamericano degli ultimi anni.

L’iniziativa è stata la risposta ai tagli proposti alle pensioni settimane fa. Sebbene la riforma non sia mai stata formalmente annunciata, è diventata il simbolo di una diffusa insoddisfazione nei confronti del governo di Duque, il cui livello di approvazione è sceso al 26% da quando è entrato in carica lo scorso agosto.

I manifestanti, inoltre, hanno espresso rabbia per il rallentamento dell’implementazione dello storico accordo di pace del 2016 con il gruppo ribelle delle forze armate rivoluzionarie della Colombia (o Farc). Quell’intesa fu considerata epocale, poiché metteva fine a cinque decenni di guerra civile che provocò 260.000 morti e costrinse più di 7 milioni di persone a fuggire dalle loro case.

La popolazione ha voluto anche ricordare l’allarme per le uccisioni degli indigeni e dei difensori dei diritti. La rabbia pubblica è stata anche alimentata da un recente attacco aereo contro un campo di trafficanti di droga ribelli dissidenti, che ha causato la morte di otto minori.

Una situazione ormai insostenibile, quindi, alla quale si è aggiunta una forte frustrazione per la disuguaglianza sociale causata da una crescita economica senza tutela per i più poveri. Proprio come in Cile.

Sale la violenza nelle strade colombiane

Lo sciopero di giovedì, replicato con manifestazioni anche venerdì, era iniziato in modo pacifico. La situazione, però, è degenerata nella giornata di ieri. Si sono verificati scontri tra poliziotti e manifestanti, che in alcuni casi hanno bloccato strade, saccheggiato negozi, bruciato oggetti per strada.

Il presidente ha ordinato il coprifuoco e gli agenti hanno iniziato a utilizzare metodi piuttosto aggressivi per reprimere le manifestazioni. Ad oggi, sono 6 i morti causati dalle proteste. 3 cittadini giovedì e 3 poliziotti in un attentato venerdì sera. I feriti ammontano già a centinaia e proseguono gli arresti.

Duque ha promesso riforme nelle politiche sociali. Ma la rabbia non si è placata. Nel frattempo Amnesty International ha già messo in guardia sulle violazioni dei diritti umani da parte della polizia colombiana.

Le proteste in Colombia rischiano di trasformarsi in un’ennesima guerriglia violenta in Sud America, dove sale anche il pericolo di un’ondata di immigrati.

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