Prezzo petrolio sull’altalena, dal tonfo al ribalzo. Cosa succede?

Violetta Silvestri

02/05/2024

Il prezzo del petrolio crolla e poi risale, incalzato da una serie di eventi che coinvolgono Usa, Fed, Medio Oriente. Cosa sta succedendo al greggio?

Prezzo petrolio sull’altalena, dal tonfo al ribalzo. Cosa succede?

Il prezzo del petrolio continua a oscillare tra crolli e rimbalzi, sulla scia di novità riguardanti la guerra in Medio Oriente, le aspettative sulla domanda globale, le mosse Usa relative alle riserve.

Al momento in cui si scrive, i futures sul Brent scambiano a 83,55 dollari al barile mentre la quotazione WTI viaggia più incerta sulla soglia dei 79 dollari al barile. Il Brent con consegna a luglio si è quindi avvicinato a 84 dollari al barile dopo essere crollato al minimo da metà marzo nella sessione precedente, mentre il West Texas Intermediate è tornato verso gli 80 dollari.

Tra i movimenti finanziari degni di nota c’è stata la brusca frenata del biglietto verde giovedì dopo che la Federal Reserve ha minimizzato la prospettiva che la sua prossima mossa fosse un rialzo, rendendo le materie prime prezzate nella valuta più attraenti.

Mercoledì i prezzi del petrolio avevano registrato un tonfo di oltre il 3% dopo che le scorte di greggio commerciale degli Stati Uniti, che escludono le riserve petrolifere strategiche, sono aumentate di 7,3 milioni di barili raggiungendo un totale di 461 milioni di barili la scorsa settimana.

In generale, il greggio è inserito in un contesto mutevole che rende la definizione del prezzo molto vulnerabile a dati economici, eventi geopolitici, prospettive finanziarie.

Quale direzione per il prezzo del petrolio?

Il petrolio ha perso più del 5% questa settimana, dopo essere salito il mese scorso ai massimi da ottobre in seguito all’attacco dell’Iran a Israele. Il calo è arrivato dai segnali di allentamento delle tensioni in Medio Oriente – inclusa la prospettiva di un patto storico tra Washington e Riyadh – e dalle preoccupazioni che la Federal Reserve manterrà i tassi alti con una ulteriore frenata della domanda nei mercati dei carburanti all’inizio della stagione estiva.

“Riteniamo che il mercato petrolifero sia ben bilanciato e che il premio geopolitico sia prossimo al completo sgonfiamento”, ha affermato Helge Andre Martinsen, analista petrolifero senior di DNB ASA. “Non crediamo che torneremo a 90 dollari al barile a meno che la tensione geopolitica in Medio Oriente non si surriscaldi nuovamente”.

Nel frattempo, il greggio è stato messo sotto pressione anche da un aumento inaspettato delle scorte statunitensi secondo i dati della Energy Information Administration che hanno mostrato numeri ai massimi da giugno.

A sostenere la ripresa dei prezzi è invece la speculazione secondo la quale con quotazioni in calo vengano stimolati gli acquisti del governo statunitense per le riserve strategiche.

“Il mercato petrolifero è stato sostenuto dalla speculazione secondo cui se il WTI scendesse sotto i 79 dollari, gli Stati Uniti si muoverebbero per aumentare le proprie riserve strategiche”, ha affermato Hiroyuki Kikukawa, presidente di NS Trading.

Intanto, il rebus Medio Oriente rimane sotto i riflettori. “La temperatura geopolitica potrebbe essere scesa di un livello o due, ma il clima rimane caldo” ha affermato l’analista PVM Tamas Varga. Anche l’OCSE nel suo outlook aggiornato a maggio ha messo in guardia da potenziali shock inflazionistici dovuti al balzo del prezzo del petrolio.

Le aspettative che un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas possa concretizzarsi dopo una nuova spinta guidata dall’Egitto rimangono in piedi, anche se il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lasciato intendere di voler procedere con il promesso attacco alla cittadina di Gaza Rafah. Queste evento, criticato anche dagli Usa, potrebbe riaccendere la miccia. L’Iran, intanto, ha sanzionato cittadini e aziende statunitensi e del Regno Unito.

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