Posso rinunciare a una quota di un immobile o di un terreno ereditato?

Simone Micocci

19 Agosto 2025 - 18:04

Ecco quando è possibile rinunciare a una quota di un immobile ricevuto in eredità senza rinunciare ad altri beni.

Posso rinunciare a una quota di un immobile o di un terreno ereditato?

Gli immobili rappresentano quasi sempre la parte più corposa dell’eredità, ma in alcuni casi anche la più gravosa. Accettare l’eredità di case e terreni può comportare impegni notevoli, soprattutto quando gli immobili non sono in stato ottimale o sono gravati da vincoli di vario genere.

Per questa ragione molti vorrebbero rinunciare ad almeno una parte dell’eredità immobiliare, tenendo per sé soltanto una porzione dei beni del defunto. Ecco come fare secondo la legge.

Le quote ereditarie sugli immobili

Per capire la rinuncia parziale alla proprietà di immobili ricevuti in eredità bisogna innanzitutto comprendere il funzionamento delle quote ereditarie. L’eredità viene ripartita per quote, vale a dire percentuali stabilite dalla legge e/o dal testamento sull’intero patrimonio del defunto. Le quote vengono poi applicate nella divisione dei beni ereditari, trasformandosi soltanto in quel momento in effettive percentuali di proprietà.

Per esempio, chi ha una quota del 50% potrebbe diventare proprietario per metà di tutti i beni dell’asse ereditario, ma anche semplicemente di beni per diverse quote che gli garantiscano il 50% del valore patrimoniale complessivo. Questo passaggio è fondamentale, perché in assenza di divisione gli eredi possono far valere il proprio diritto soltanto in comune accordo con gli altri e nell’interesse di tutti. Dopo la divisione, invece, i comproprietari sono invece molto più liberi. La distinzione riguarda ovviamente chi ha già accettato l’eredità, paradossalmente l’unico che può davvero rinunciare a una parte del patrimonio.

Rinunciare a una parte dei beni immobili ereditati

In linea generale, non è possibile rinunciare a una parte dei beni, mobili o immobili, spettanti per successione. La legge consente di rinunciare all’eredità, sempre che ne ricorrano i termini, ma soltanto riguardo all’intera quota. Di conseguenza, in presenza di più eredi ci si trova necessariamente a condividere la proprietà degli immobili se non si vuole rinunciare all’intero patrimonio del defunto. Ovviamente, fa eccezione l’ipotesi in cui sia stato il defunto stesso a ripartire l’eredità con un testamento valido. Ciò però non significa che gli eredi siano obbligati a restare comproprietari dello stesso bene per tutta la vita.

In primo luogo, c’è la divisione ereditaria, che potrebbe consentire una distribuzione più vantaggiosa (specialmente quando ci sono più beni immobili) e comunque fondamentale per liberarsi delle quote sgradite. Dopo la divisione, infatti, ogni erede ha una ben precisa quota di proprietà sui beni, sulla quale può agire in modo sostanzialmente libero e discrezionale. Di solito, si sceglie di vendere la quota, pur non dovendo rispettare il diritto di prelazione dei coeredi una volta avvenuta la divisione. Se questi ultimi non sono disposti ad acquisire la quota (accrescendo la propria) si può provare a concludere la compravendita anche con soggetti terzi, che però sono difficilmente disposti a condividere la proprietà immobiliare con degli estranei.

Rinunciare a una quota di un immobile o di un terreno ereditato

Non è possibile rinunciare alla quota di un terreno o di un altro immobile senza rinunciare all’intera eredità. Una volta accettata l’eredità si possono tentare le compravendite e le donazioni, che hanno delle criticità indipendentemente dalla divisione. Chi si trova in questa situazione e proprio non vuole conservare la comproprietà deve però conoscere una nuova sentenza della Corte di Cassazione che può senza dubbio aiutarlo. Con la sentenza n. 23093/2025 gli Ermellini hanno riconosciuto la piena legittimità della rinuncia abdicativa della quota di proprietà su immobili condivisi da altre persone.

Finora quest’azione veniva sempre seguite da lunghe cause per il risarcimento richiesto dai comproprietari, che subivano un aumento della quota di proprietà e quindi delle spese senza il proprio consenso. La nuova pronuncia della Corte, però, spiega che non è possibile pretendere un risarcimento in questi casi, atteso che la rinuncia al proprio diritto è un istituto previsto dalla legge e non può configurare un danno ingiusto. I proprietari, inoltre, hanno tutti accesso alle medesime tutele. Di conseguenza, se i comproprietari rimanenti ritengono troppo gravosa la quota di proprietà accresciuta a causa della rinuncia altrui possono a propria volta rinunciare. Una possibilità concessa anche all’ultimo proprietario rimasto, che può così determinare l’acquisizione dell’immobile da parte dello Stato.

Grazie a questa decisione nessuno sarà più costretto a comproprietà gravose, ottenendo anche maggiore credibilità nelle trattative tra comproprietari per trovare accordi. Bisogna infatti considerare che la rinuncia non consente di ottenere un corrispettivo economico o di scegliere i destinatari della propria quota. Questo istituto deve quindi essere sfruttato quando la comproprietà è diventata gravosa e non vi sono soluzioni alternative. A tal proposito, è necessario recarsi dal notaio, come per tutti gli atti riguardanti beni immobili. Sarà quindi necessario pagare l’onorario e le spese, in media sui 2.000 euro in totale, ed esibire la documentazione relativa alla proprietà. Con l’atto di rinuncia sarà possibile dirsi definitivamente al riparo da ogni pretesa legata all’immobile, fatto salvo per quanto riguarda debiti già maturati.

Iscriviti a Money.it