Porto franco e porto assegnato: significato e differenze

Veronica Caliandro

7 Luglio 2025 - 13:51

Dovete fare una spedizione e dovete scegliere se avvalervi del porto franco o del porto assegnato? Ecco di cosa si tratta e differenze.

Porto franco e porto assegnato: significato e differenze

In un’epoca sempre più all’insegna delle tecnologia come quella attuale, la maggior parte delle persone decide di affidarsi ai vari siti di e-commerce per effettuare acquisti di vario genere comodamente dal divano di casa. Proprio in tale ambito ricoprono un ruolo importante le spedizioni di merci che sono ormai una parte integrante delle attività quotidiane di aziende e privati.

Tra i termini che compaiono più frequentemente nei documenti di trasporto, nelle fatture commerciali e nei contratti di vendita, spiccano “ porto franco ” e “ porto assegnato ”. Nonostante il loro utilizzo diffuso, spesso il significato preciso di queste espressioni non è del tutto chiaro. È facile, infatti, avere dubbi su chi debba sostenere le spese di spedizione, su chi abbia la responsabilità della merce durante il trasporto e su quali siano le eventuali implicazioni legali. Entriamo quindi nei dettagli per vedere di cosa si tratta e differenze.

Porto franco: cos’è e come funziona?

Il porto franco è un tipo di spedizione in cui il mittente, ovvero chi spedisce il pacco, si assume tutti i costi di trasporto fino al luogo di consegna della merce. In altre parole, il destinatario non deve pagare nulla per la spedizione. Questa clausola deve essere espressamente indicata nel Documento di Trasporto, ovvero DDT, o nella fattura accompagnatoria, ed è spesso associata a vendite «franco destino», ovvero con consegna a carico del venditore fino al luogo del destinatario.

Tra gli obblighi a carico del mittente i annoverano, quindi, la copertura di tutte le spese di trasporto. Spesso, inoltre, viene incluse un’assicurazione contro danni, furti o smarrimenti. In caso di spedizione internazionale il mittente deve anche occuparsi della gestione delle pratiche doganali.

Porto assegnato: cos’è e come funziona?

Il porto assegnato si rivela essere l’esatto opposto della clausola precedente. I costi di spedizione, infatti, sono a carico del destinatario, ovvero colui a cui viene spedito il pacco. In questo caso, quindi, l’acquirente riceverà la merce e dovrà pagare i costi di trasporto direttamente al corriere, oppure, se previsto, dovrà averli saldati anticipatamente. Questo tipo di clausola è usata in situazioni in cui l’acquirente ha accordi propri con corrieri o preferisce gestire i costi di trasporto autonomamente.

Ad ogni modo sul DDT sarà sempre indicata la clausola del porto assegnato e l’importo delle spese di trasporto. Le cifre ovviamente variano a seconda di cosa viene trasportato, quanto è ingombrante e quanto pesa, nonché dal tipo di servizio di cui si è scelto di usufruire. Tra gli obblighi del destinatario si annoverano il pagamento del trasporto alla consegna e la responsabilità su eventuali ritardi o problemi di trasporto. In caso di esportazioni, dovrà anche occuparsi della gestione, parziale o totale, della dogana.

I porti franchi e assegnati in Italia: cosa sono e come funzionano

Oltre al significato contrattuale, esistono anche i cosiddetti porti franchi in senso geografico, ovvero aree portuali esentate da alcuni obblighi fiscali e doganali, per facilitare il transito o la trasformazione di merci. Entrando nei dettagli, tra i principali porti franchi in Italia e dintorni si annoverano i seguenti.

  • Trieste: è uno dei porti franchi più importanti d’Europa. Gode di uno status speciale dal 1719 e, ancora oggi, permette l’introduzione di merci senza pagamento di dazi, fino al loro ingresso definitivo nel territorio UE.
  • Livorno: attivo nella logistica e nella movimentazione container, ha zone doganali semplificate.
  • Livigno: Si tratta di una zona franca doganale, extraterritoriale, dove le merci sono esenti da IVA.
  • Svizzera e Slovenia, qui sono presenti alcune aree logistiche e portuali soggette a regimi franchi, come il porto di Koper, che offrono condizioni doganali favorevoli per supportare il commercio internazionale.

Nei porti franchi, interesserà sapere, è possibile effettuare operazioni doganali semplificate; ma anche stoccaggio e lavorazione di merci in sospensione d’imposta, così come transiti internazionali senza dazi fino al momento dell’importazione ufficiale.

I porti assegnati, invece, non hanno una connotazione geografica. Sono solo un riferimento alla clausola contrattuale, che può essere applicata a qualsiasi punto di consegna, a prescindere che si tratti presso un porto, piuttosto che un magazzino o all’aeroporto.

Cosa prevede la normativa vigente

In base alla normativa attuale è fondamentale che i termini porto franco e porto assegnato siano chiaramente indicati nei documenti commerciali, come il Documento di Trasporto o la fattura. Questo serve a evitare possibili contestazioni tra venditore e acquirente riguardo a chi debba effettivamente sostenere le spese di spedizione.

Per quanto riguarda le spedizioni internazionali, la regolamentazione più riconosciuta è quella degli Incoterms® 2020, pubblicati dalla Camera di Commercio Internazionale, ovvero ICC. Gli Incoterms definiscono in modo preciso quali siano gli obblighi, i rischi e i costi a carico del venditore e dell’acquirente in ogni fase della consegna della merce.

In particolare, il termine porto franco corrisponde all’Incoterm DDP, ovvero Delivered Duty Paid, dove il venditore si occupa di tutte le spese, quali trasporto, sdoganamento e pagamento di eventuali tasse. In questo caso, il compratore riceve la merce senza dover sostenere alcun costo aggiuntivo.

Al contrario, il porto assegnato è simile all’Incoterm EXW o Ex Works, che prevede che il venditore metta la merce a disposizione dell’acquirente nel proprio stabilimento o magazzino, mentre tutte le spese di trasporto, i rischi e le responsabilità sono a carico dell’acquirente.

Dal punto di vista della normativa italiana, il Codice Civile, dagli articoli 1510 e seguenti, disciplina la vendita con trasporto e stabilisce che, salvo diverso accordo tra le parti, le spese di spedizione sono generalmente a carico del compratore. Inoltre disposizioni specifiche come il D.Lgs. 472/1997 e il D.P.R. 633/1972 regolano come debbano essere documentate le operazioni commerciali, anche ai fini fiscali e dell’IVA. Tali norme richiedono che nei documenti venga indicata in modo chiaro la voce relativa ai costi di trasporto, per garantire trasparenza e correttezza nella gestione contabile e fiscale.

Le due clausole, quindi, riflettono modelli opposti di responsabilità e gestione dei costi e devono sempre essere chiaramente indicate nei documenti commerciali. A tal fine la normativa attuale, sia italiana che internazionale, offre strumenti precisi per definire questi aspetti e prevenire controversie. Si invita pertanto a prestare la massima attenzione onde evitare di incorrere in spiacevoli situazioni.

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