Policrisi in arrivo, è allarme: le ragioni per cui il nostro futuro è a rischio

Giorgia Bonamoneta

07/06/2023

07/06/2023 - 21:23

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È in corso o in arrivo una policrisi? Ecco cosa significa e perché la sicurezza del futuro è a rischio secondo questo sguardo.

Policrisi in arrivo, è allarme: le ragioni per cui il nostro futuro è a rischio

Da “permacrisi” a policrisi, i giornali e i commentatori hanno fatto propria una nuova parola per raccontare i complessi fatti che legano le diverse e sfaccettate crisi che il mondo sta vivendo. Dal clima all’energia, dall’economia alle guerre, dalla sicurezza informatica alla sanità ogni settore umano e non è sottoposto a una pressione specifica, ma anche connesso al resto dei fenomeni globali. La policrisi rappresenta, non a caso, una crisi sistemica la cui origine non è unica e dunque non ha una sola soluzione.

A differenza di “permacrisi” che pone l’accento sulla durata della percezione o del vissuto di una crisi, con policrisi si intende la moltitudine dei fattori di crisi, della compresenza di elementi di origine delle crisi e quindi una più complessa risoluzione delle crisi. Il termine cerca di raccontare il periodo complesso che il mondo sta vivendo negli ultimi decenni, anche se lo fa in maniera generica e senza riuscire a cogliere il sistema di fondo; quanto invece rappresenta al meglio l’ansia della complessità che si respira e che rischia di far prendere il senso della realtà.

Il termine, proprio per la sua natura generica e a tratti fatidica, non è stato accolto in tutti gli ambienti con entusiasmo. Anzi in alcuni casi è considerato alla pari di un meme. Altro aspetto criticato è la novità. Gli anti-policrisi si domandano se davvero è un concetto nuovo che descrive un fenomeno nuovo o se invece ci stiamo solo distaccando dal concetto di “complesso” che ha sempre pervaso la storia umana.

Eppure parlare di policrisi può essere utile oggi per inquadrare il complesso reticolato che unisce le crisi, dal coronavirus che ha causato la pandemia, la chiusura e la crisi dei mercati, il difficile reperimento di alcune materie fondamentali, alle pressioni della Russia sull’Ucraina, la crisi alimentare ed energetica, fino al rischio di escalation nucleare e i nuovi rapporti di amicizia tra Russia e Cina che attentato al dominio Usa del mondo. Crisi che non hanno una sola origine, anche se collegate e che non hanno una sola soluzione. Il futuro globale è a rischio? Non proprio, almeno non più del solito.

Policrisi in arrivo o c’è sempre stata?

Difficile dire se il mondo non sia mai stato in crisi. La specie umana ha costruito nel corso del tempo una complessa e fitta rete di legami, molti dei quali causati proprio da crisi. Il termine policrisi ha lo scopo di raccontare un fenomeno nuovo di complessità delle crisi. Queste si presentano, secondo lo storico dell’economia Adam Tooze, come la forma più complessa e trasversale delle sfide umane da quando si ha memoria. Secondo Tooze fatti ci troviamo in un momento in cui le grandi crisi globali interagiscono tra di loro in maniera tale da rendere ogni crisi localizzata una crisi globale e con conseguenze sempre più ampie.

In altre parole lo storico spiega che una policrisi è una crisi che diventa il fattore di un’altra crisi e contribuisce allo stesso tempo ad ampliarla. La pandemia di coronavirus ha ampliato la crisi dei commerci globali, che a loro volta hanno portato alla crisi economica di alcuni paesi, alla crisi energetica e all’accaparramento di materie prime. La situazione attuale sarebbe però la conseguenza di fenomeni complessi avvenuti almeno negli ultimi quarant’anni, a partire dalla crisi climatica denunciata negli anni ’70, fino alla crisi della deterrenza nucleare che oggi si ripresenta sottoforma di minaccia da parte di alcuni paesi pesantemente armati.

Il termine policrisi però non piace a tutti. Policrisi può essere l’espressione di una percezione, ma evidente, dicono, che i rapporti umani fin dall’inizio della storia dell’umanità si siano basati su fenomeni complessi.

Perché il futuro ci sembra più cupo?

È vero anche che il futuro ci sembra sempre più cupo e i problemi sempre più difficili da risolvere. Questo è determinato sicuramente dalla percezione che abbiamo del futuro, da una velocizzazione dei tempi e allo stesso tempo da una sensazione di allontanarci dal problema anche se in realtà ci stiamo andando velocemente incontro. Solitamente per spiegare questa sensazione il tema più usato è quello del cambiamento climatico. Non è strano infatti che anche di fronte a eventi tragici ed estremi si continui a non percepire l’urgenza di attuare politiche per evitare che fenomeni di questo genere si continuino a verificare con tale intensità e frequenza. Mentre le giovani generazioni affrontano l’eco-ansia, generazioni più grandi si occupano invece di problemi “veri”, lasciando da parte le istanze di chi il futuro lo dovrà vivere. La sensazione più comune dopo l’eco-ansia è l’impotenza.

Ci sono poi momenti nella storia che sono più ricchi di fenomeni complessi, intersecati tra loro e che hanno conseguenze più gravi per un numero più ampio di persone. Cambiamento climatico, guerre ampie e diffuse, difficoltà economiche e un deterioramento del sistema democratico fanno percepire il futuro come cupo. Il 2023 è stato così presentato, anche dal Global Risks Report. come l’“anno delle crisi” e l’anno nel quale solo la cooperazione, quindi più sguardi sulle crisi, potrebbe risolvere le crisi. Eppure simili termini sono stati utilizzati anche per il 2022, il 2021, il 2020 e diverse altre annate difficili.

Policrisi, così come permacrisi, è un termine capace di richiamare nell’immaginario comune un tempo di crisi senza soluzioni. Può essere utilizzato per richiamare l’attenzione dall’alto verso il basso e viceversa su tematiche fondamentali, ma forse non esprime effettivamente un tempo nuovo di crisi, mai accaduto, quanto invece l’acuirsi di queste e la paura di non riuscire a risolverle.

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