La guerra commerciale comincia a pesare sul settore energetico. Che ripercussioni può avere sul lungo termine? L’analisi
La guerra commerciale sta alterando gli scenari economici internazionali.
Il conflitto a colpi di dazi vede Cina e Stati Uniti prendersi il centro della scena, con il coinvolgimento di UE, Messico e Canada e riverberi su un’infinità di altri mercati.
Tutto questo comincia a pesare sul settore energetico.
L’inasprirsi dei rapporti Washington-Pechino ha infatti scatenato timori per la crescita economica e indebolito la domanda di energia.
L’ombra guerra commerciale sul petrolio: lo scenario
Pierre Melki di UBP nota come la guerra commerciale abbia spinto il leader di Pechino, Xi Jinping, a chiedere ai principali produttori cinesi un aumento della produzione interna di petrolio, così da salvaguardare la sicurezza energetica del Paese.
Ora la Cina va verso l’imposizione di dazi del 25% sul gasolio, sulla benzina e su altri prodotti petroliferi USA, escluso il greggio.
Secondo Melki sono due gli eventi geopolitici che sono stati in grado di influenzare la volatilità del prezzo del petrolio, primo tra questi l’impegno di Trump verso un isolamento dell’Iran tramite sanzioni, volto a pesare negativamente sul mercato energetico del Paese.
Come conseguenza delle sanzioni, le stime parlano di esportazioni di petrolio iraniano che scendono tra i 700.000 e 1 milione di barili al giorno, considerando che già oggi, a tre mesi dall’entrata in vigore, il flusso in uscita dall’Iran è sceso di circa 430.000 barili, con un evidente calo degli acquirenti.
Ma la domanda di petrolio di quest’anno - nota Melki - dovrebbe rimanere solida, grazie alla crescita del PIL globale e i dati elevati dell’export di Cina e India:
“Le stime sono stabili a 1,5 milioni di barili al giorno di crescita media, in linea con la crescita media della domanda su 3 anni”.
Ad avere ripercussioni sul settore è anche la decisione dell’OPEC di aumentare la produzione al fine di colmare i vuoti di Iran e Venezuela, per un’aggiunta che supera i 300.000 barili nell’ultimo mese.
In questo scenario, l’Energy Information Administration ha ribadito che gli Stati Uniti diventeranno il primo produttore mondiale di petrolio nel 2019, con un output di 12 milioni di barili prima del 2020.
In linea di massima, l’analista di UBP prevede una prosecuzione del trend positivo per le maggiori realtà energetiche:
“Nonostante la recente correzione, il prezzo delle materie prime rimane ben al di sopra dei livelli medi di breakeven delle società petrolifere integrate. La ripresa dei prezzi del petrolio ha consentito alle grandi società energetiche di ottenere risultati positivi nel secondo trimestre, con profitti molto più elevati ma flussi di cassa inferiori alle previsioni. A prezzi correnti, tali società dovrebbero continuare a registrare risultati positivi nei prossimi due trimestri”.
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