Nel Mare del Nord è stato scoperto un giacimento da 134 milioni di barili di petrolio.
Nonostante la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili sia uno degli obiettivi fissati dall’ONU nel suo programma, insieme a un percorso di transizione ecologica verso soluzioni più sostenibili, nel mondo non si è mai consumato tanto petrolio come negli ultimi anni. I numeri dovrebbero essere in calo e invece nel 2024 la domanda di greggio è aumentata di quasi 1 milione di barili al giorno rispetto al 2023. Un incremento certamente più contenuto rispetto all’anno precedente ma che evidenzia comunque una crescita.
L’interesse verso l’oro nero emerge chiaramente anche dalla prosecuzione delle trivellazioni alla ricerca di nuovi giacimenti. Come quello scoperto nel Mare del Nord dalla Norvegia: un sito che potrebbe produrre l’equivalente di 134 milioni di barili di petrolio in un’area che si riteneva ormai completamente esplorata. La scoperta è avvenuta nel giacimento di Yggdrasil, situato nella porzione norvegese del Mare del Nord e non lontano dalla zona controllata dalla Gran Bretagna, che invece ha deciso di porre fine alle esplorazioni nell’area.
Aker BP prevede di perforare 55 pozzi e di realizzare una piattaforma di lavorazione, oltre a oleodotti per l’esportazione di petrolio e gas, per sfruttare appieno la nuova scoperta.
L’azienda ha dichiarato che l’espansione genererà occupazione per sei diversi cantieri navali e numerosi fornitori sparsi in tutta la Norvegia.
Karl Johnny Hersvik, amministratore delegato di Aker BP, ha definito il ritrovamento «una delle più grandi scoperte commerciali in Norvegia in un decennio» e ha aggiunto di attendersi ulteriori successi man mano che «i nuovi metodi di esplorazione spingono i limiti».
Dopo la decisione britannica di ridimensionare il proprio impegno nell’area, la Norvegia ha invece intensificato le ricerche di nuovi giacimenti. «Non vediamo l’ora di sfruttare ancora di più il potenziale di questo settore così prolifico», ha sottolineato l’amministratore delegato di Aker BP.
Norvegia sempre più produttrice di petrolio
I dati aggiornati mostrano come la nazione scandinava stia producendo petrolio in quantità elevate, con valori in crescita. La produzione mensile del Paese ha raggiunto il livello più alto in oltre dieci anni, grazie soprattutto all’avvio di nuovi giacimenti nel Mare di Barents settentrionale.
Nel frattempo, le previsioni per il Regno Unito parlano di una chiusura di 180 dei 280 giacimenti di petrolio e gas entro 5 anni, con un calo produttivo stimato attorno al 70%.
Il governo britannico ha avviato una vera stretta sul fossile e sulle aziende del settore. Le imposte sugli utili sono salite e oggi i profitti di petrolio e gas sono tassati al 78%. Inoltre, il ministro dell’Energia Miliband ha vietato il rilascio di nuove licenze per l’espansione della produzione di combustibili fossili.
Insomma, nel Regno Unito i continui cambiamenti fiscali hanno reso il Paese meno stabile per gli investimenti, e l’ostilità dei governi verso attività di lungo periodo ha ulteriormente scoraggiato i capitali.
In Norvegia, al contrario, le compagnie petrolifere godono del sostegno governativo e di un regime fiscale che incentiva esplorazione e sviluppo. Parte della produzione, inoltre, potrebbe essere destinata proprio al Regno Unito. Già lo scorso anno i britannici hanno speso 20 miliardi di sterline per acquistare combustibili fossili dalla Norvegia.
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