Perché gli stipendi non crescono nonostante l’inflazione (e le pensioni sì)

Stefano Rizzuti

5 Gennaio 2023 - 16:14

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Le pensioni cresceranno, anche nel 2023, con la rivalutazione legata all’inflazione. Ma lo stesso non varrà per gli stipendi: perché?

Perché gli stipendi non crescono nonostante l’inflazione (e le pensioni sì)

L’inflazione nel 2022 è cresciuta in media dell’8,1%. Le pensioni, nel 2023, verranno rivalutate con un adeguamento all’aumento dei prezzi. Ma gli stipendi no. I salari dei lavoratori italiani sono praticamente fermi da quasi 30 anni, nonostante un continuo incremento dell’inflazione. Dal 1990 a oggi, secondo i dati Ocse, gli stipendi sono cresciuti solamente dello 0,3% in Italia.

Nel 2022 gli italiani hanno perso circa il 7% del loro reddito a causa dagli aumenti. Un meccanismo a cui difficilmente si può trovare una risposta, almeno per i lavoratori. Perché, in effetti, per i pensionati lo Stato prevede risorse aggiuntive per adeguare gli assegni mensili al costo della vita. Ma perché questo meccanismo automatico esiste per chi si ritira dal lavoro e non per chi invece ancora lavora?

Il Messaggero, ricordando che l’adeguamento automatico delle pensioni permette di ridurre l’impatto dell’inflazione, spiega quali sono le ragioni (soprattutto storiche) di questa differenza netta tra pensionati e lavoratori dipendenti.

La scala mobile abolita nel 1992

L’attuale meccanismo è in vigore dal 1992. Prima, infatti, esisteva la cosiddetta scala mobile che permetteva di adeguare i salari all’inflazione. Questo sistema, che aiutava i lavoratori ad affrontare i rincari, è stato abolito dal governo Amato e prevedeva che, ogni tre mesi, ci fosse un aumento di stipendio in base alla crescita del prezzo di alcune merci. La rivalutazione era applicata in base all’indice dei prezzi al consumo.

La scala mobile era stata introdotta con un accordo tra Cgil e Confindustria nel secondo dopoguerra e, inizialmente, prevedeva un adeguamento uguale per tutti i salari con differenze solo sulla base di età e genere. Poi il sistema è stato rafforzato negli anni Settanta e, alla fine, abolito negli anni Novanta. Di mezzo, un taglio di tre punti percentuali della scala mobile avvenuto nel 1984 a opera del governo Craxi.

Stipendi, perché è stata eliminata la scala mobile

Il taglio deciso dal governo Craxi dipese da una valutazione: l’aumento dei salari di pari passo con l’inflazione, a fronte di un mancato incremento della circolazione di moneta, produceva una continua salita dei prezzi, attraverso quella che viene definita come spirale inflazionistica. Si tenne, su quel decreto, anche un referendum abrogativo: prevalse il no e la norma introdotta da Craxi - cioè il taglio di tre punti - rimase.

La rivalutazione delle pensioni

Completamente diverso il discorso per le pensioni. L’indicizzazione esiste ancora per gli assegni previdenziali e nel 2023 la rivalutazione sarà totale - cioè del 100% (e per le minime anche più) - per i trattamenti fino a quattro volte il minimo. Ci sarà, quindi, un aumento del 7,3% che scende al crescere degli assegni. La motivazione è semplice: nel caso delle pensioni, considerando diversi fattori a partire dagli importi e dal fatto che la cifra non può crescere in altro modo negli anni, non si è mai pensato di eliminare la rivalutazione. In alcuni casi, però, si è deciso di rinviare o bloccare gli incrementi per periodi di tempo limitati, ma soprattutto quando si doveva far fronte a particolari condizioni economiche generali.

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