Perché i ricercatori in Italia guadagnano poco e i loro salari non cresceranno abbastanza

Giacomo Andreoli

30 Marzo 2023 - 12:45

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Gli stipendi dei ricercatori italiani continuano ad essere molto bassi rispetto al resto dell’Unione europea e non c’è una vera e propria prospettiva di miglioramento nei prossimi anni.

Perché i ricercatori in Italia guadagnano poco e i loro salari non cresceranno abbastanza

I ricercatori italiani continuano a percepire molti meno soldi dei loro colleghi nel resto dell’Occidente, con prospettive che non sembrano migliorare di molto nemmeno con il Pnrr. Lo conferma la ricerca “The Attractiveness of European Higher Education Systems: A Comparative Analysis of Faculty Remuneration and Career Paths” del centro studi dell’Università della California–Berkeley.

Nello studio Francia, Italia, Germania e Regno Unito sono stati scelti per un’analisi comparativa perché “rappresentano i mercati più ampi nel mondo accademico europeo”. Negli altri Paesi non solo il salario è più elevato, ma anche fare carriera è meno difficile. Vediamo nel dettaglio quali sono le differenze e perché esistono problemi strutturali nel nostro Paese, afflitto da anni da una corposa fuga di cervelli.

Quanto guadagnano i ricercatori italiani

L’analisi parte dai salari, mettendo in evidenza come a inizio carriera un ricercatore italiano prenda in media 28.256 euro netti all’anno contro 49.168 euro nel Regno Unito, oltre 50mila in Germania.

Se poi si diventa professore associato in Italia si arriva a guadagnare 41mila euro, contro il Senior Lecturer inglese, che ne prende quasi 70mila. E ancora: un professore tedesco della Renania prende 70mila euro, uno bavarese 69mila. In Francia a parità di titolo si guadagna meno, ma comunque più dell’Italia: almeno 44mila euro.

Passando poi al professore ordinario, in Italia si guadagnano 57mila euro, così come guadagna un docente francese. La cifra, però, è nettamente inferiore rispetto alla Germania (dai 74mila agli 82mila euro) e al Regno Unito (oltre 90mila euro). A questo si aggiunge che lo stipendio italiano è fisso e non ha aggiustamenti legati al costo della vita nelle città e al numero di figli.

La differenza negli scatti di carriera

Ci sono poi differenze importanti negli scatti di carriera. In Italia non c’è nessun programma strutturato per portare nel Paese talenti stranieri e il personale del corpo docenti è calato negli ultimi anni, in particolare considerando gli under 40.

Il mondo accademico francese, inglese e tedesco si è invece espanso negli ultimi anni, grazie proprio ai più giovani: il numero di chi ha meno di 40 anni è cresciuto del 7% in Germania e di oltre il 3% nel Regno Unito. Questo perché ci sono scatti e premi per gli studenti più capaci (di ogni nazionalità).

L’età media dei professori, pertanto, è nettamente diversa: in Italia un docente associato ha di solito oltre 50 anni, in Francia poco più di 30, in Germania e nel Regno Unito meno di 47. Quando agli ordinari in Italia l’età media è 58 anni contro 55 in Inghilterra, 54 in Francia e 52 in Germania.

Perché i ricercatori italiani continueranno a guadagnare poco

L’ultimo decreto Pnrr ter ha previsto un bonus assunzioni dal 2024 per l’assunzione di ricercatori in azienda: il contributo viene concesso nel limite di 3.750 euro annui, per due anni. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza stanzia 4,3 miliardi per l’università e la ricerca, con investimenti per borse di studio e dottorati, oltre alla costruzione di diversi nuovi centri di ricerca e alla destinazione di più soldi per la strumentazione tecnologica.

In ogni caso la previsione è che solo tra qualche decennio, nel migliore dei casi, si possano raggiungere a pieno gli standard dei migliori Paesi europei. Rimangono quindi problemi strutturali e storici di assenza di investimenti nella ricerca nel nostro Paese: mancanze che 4,3 miliardi una tantum (a fronte di un gap miliardario annuale di spesa per la ricerca in proporzione al Pil tra Italia e Paesi come Germania e Francia) non possono risolvere.

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