Pensioni, Quota 41 per tutti cancella la legge Fornero ma è un bluff: ecco perché

Simone Micocci

19/07/2023

19/07/2023 - 12:11

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Quota 41 andrebbe sì a superare la legge Fornero, ma si tratterebbe di una misura riservata a pochi lavoratori

Pensioni, Quota 41 per tutti cancella la legge Fornero ma è un bluff: ecco perché

Quota 41 per tutti è il vero obiettivo del governo per la riforma delle pensioni.

Ma qual è il motivo di così tanto interesse per una misura che - come per stessa ammissione di alcuni esponenti della maggioranza - in futuro rischia di interessare sempre meno persone?

Di fatto, consentendo a tutti la possibilità di accedere alla pensione con 41 anni di contributi - e indipendentemente dall’età - si potrebbe dire di aver effettivamente superato la legge Fornero, almeno per quanto riguarda la pensione anticipata.

Si tratterebbe quindi di un importante risultato politico - e mediatico - con il governo che potrebbe vantarsi per essere riuscito a rivedere, seppure in parte, quanto stabilito dalla riforma del 2011.

Ma se analizziamo Quota 41 per tutti più nel dettaglio ci renderemo conto che tale risultato non sarebbe così soddisfacente come si crede: così com’è stato per Quota 100, infatti, c’è il rischio di tagliare fuori chi davvero meriterebbe di una maggior tutela in ambito previdenziale.

Cos’è Quota 41 per tutti

Oggi solamente alcuni lavoratori precoci (ossia chi all’età di 19 anni aveva già 12 mesi di contributi) possono andare in pensione a qualsiasi età a patto di aver maturato 41 anni di contributi, ossia coloro che appartengono a uno dei profili che meritano di una maggior tutela (dai disoccupati agli invalidi, come pure caregiver e addetti a mansioni usuranti).

Oggi, quindi, possiamo intendere Quota 41 come una misura di flessibilità che, al pari dell’Ape sociale, tutela perlopiù i lavoratori fragili.

L’intenzione del governo Meloni è di togliere però qualsiasi paletto a Quota 41 consentendo a tutti di potervi accedere. In questo modo si tratterebbe di una misura universale che di fatto andrebbe a sostituire l’attuale pensione anticipata: con questa, infatti, si può comunque andare in pensione a qualsiasi età a patto però di aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi nel caso delle donne.

Con Quota 41 per tutti si supera la legge Fornero

Laddove il governo riesca a estendere a tutti la possibilità di andare in pensione con Quota 41, la pensione anticipata attuale - con i requisiti fissati dalla riforma Fornero - non avrebbe più senso di esistere.

In tal caso, quindi, alla possibilità di andare in pensione con 67 anni di età e 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia) si affiancherebbe la nuova pensione anticipata che, indipendentemente dall’età, si potrà raggiungere con 41 anni di contributi.

Il che rappresenterebbe, a un costo che si aggira tra i 4 e i 5 miliardi di euro l’anno, un importante traguardo politico per il governo. Ma possiamo dire altrettanto per i pensionati?

Quota 41 per tutti rappresenterebbe davvero una vittoria?

Va detto che da anni c’è un gran numero di lavoratori che chiede al governo di abbassare il minimo contributivo richiesto per andare in pensione a qualsiasi età.

41 anni di contributi sono sufficienti per andare in pensione”, e la maggioranza di Centrodestra sembra essere d’accordo con loro. Tuttavia, come spiegato da Claudio Durigon (sottosegretario al Lavoro nonché tra i principali sostenitori di questo progetto) in un’intervista esclusiva per noi di Money.it, “non è facile avere 41 anni di contributi dai 19 ai 60 anni senza interruzioni”.

Ed effettivamente sono pochi i lavoratori che verrebbero avvantaggiati da un passaggio a Quota 41 per tutti. Ricordiamo, d’altronde, che già oggi è possibile andare in pensione con 41 anni di contributi senza dover per forza essere dei lavoratori precoci: con Quota 103, infatti, è possibile farlo ma solo una volta compiuti i 62 anni di età.

E, come dimostra l’esperienza legata a Quota 100, a maturare un tale requisito contributivo così presto sono perlopiù uomini impiegati in settori in cui è facile mantenere una carriera senza interruzioni. Con Quota 100, difatti, la maggior parte degli accessi provenivano dalla Pubblica Amministrazione.

Per donne e lavoratori impiegati in quei settori in cui c’è un elevato tasso di precarietà, categorie che meriterebbero una maggior tutela in ambito pensionistico, arrivare a 41 anni di contributi sembra essere invece piuttosto difficile, specialmente prima dei 62 anni. Ecco perché potrebbero essere tagliati fuori da Quota 41 che di conseguenza diventerebbe un’opzione per pochi (a un costo di 4 o 5 miliardi di euro che però si ripercuoterebbe su tutti).

Con questo non vogliamo dire che non si debba arrivare a Quota 41 per tutti ma solo che non bisognerà farlo a scapito di altre misure che invece hanno il vantaggio di tutelare chi, per un motivo o per un altro, ha avuto una carriera discontinua ed è riuscito a malapena ad arrivare al minimo contributivo di 20 anni.

Ad esempio Opzione donna, a cui il governo sembra voler rinunciare per far spazio ad altre misure, ma anche la pensione anticipata contributiva che a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 consente di andare in pensione all’età di 64 anni con 20 anni di contributi (quindi con 3 anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia), a patto però di aver maturato una pensione almeno pari a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale (quindi circa 1.400 euro al mese nel 2023).

A tal proposito i sindacati hanno chiesto di abbassare l’asticella del requisito economico richiesto: allora sì che la pensione anticipata potrebbe rappresentare una strada alternativa capace di tutelare chi davvero ne ha bisogno, quali appunto i contributivi puri. Una novità che sarebbe persino più funzionale di Quota 41 per tutti, specialmente per le generazioni future.

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