Aver iniziato a lavorare prima del 1996 può essere penalizzante: scopri perché i contributivi puri godono di vantaggi e cosa rischia invece chi ha il sistema misto.
Se hai iniziato a lavorare prima del 1996 potresti ritrovarti in una posizione più svantaggiosa rispetto a chi ha iniziato dopo.
Anche se potrebbe sembrare paradossale, in alcuni casi le attuali regole per andare in pensione premiano i cosiddetti contributivi puri, ovvero coloro che hanno cominciato a versare i contributi solo a partire dal 1° gennaio 1996. Con l’entrata in vigore della riforma Dini, la legge n. 335 del 1995, è stato infatti introdotto il sistema contributivo, profondamente diverso dal precedente retributivo; oggi questo è stato esteso a tutti, ma con effetti ancora diversi a seconda della data di inizio della carriera lavorativa.
Anche nel 2025 questa distinzione continua a pesare in quanto in alcuni casi potrebbe rendere più complicato l’accesso alla pensione. Nel dettaglio, è vero che chi ha anche un solo contributo versato prima del 1996 rientra nel sistema misto e può contare su regole più favorevoli per il calcolo dell’assegno, ma dall’altro rischia di perdere completamente il diritto alla pensione se non raggiunge un determinato requisito contributivo. Per i contributivi puri, invece, pur con importi spesso più bassi, esistono dei “paracadute” normativi che evitano la perdita totale dei contributi, permettendo in extremis di accedere alla pensione anche con pochi anni di lavoro.
A tal proposito, di seguito faremo chiarezza sul perché aver iniziato a lavorare prima del 1996 può rappresentare un grave svantaggio, nonché quali sono le condizioni per maturare il diritto alla pensione e quali alternative esistono per non perdere quanto versato.
Hai iniziato a lavorare prima del 1996? Ecco quanti contributi devi raggiungere
Nel caso di coloro che hanno almeno un contributo (settimanale) versato prima del 1996 c’è l’obbligo di aver raggiunto i 20 anni di contribuzione per andare in pensione. È questo il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia, il quale è derogabile solamente nel caso di coloro che:
- alla data del 31 dicembre 1992 hanno maturato 15 anni di contributi;
- alla data del 31 dicembre 1992 sono stati autorizzati dall’Inps a versare la contribuzione volontaria;
- hanno un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni (il che è scontato dal momento che hanno dei contributi versati prima del 1996) e almeno 10 anni in cui non sono state versate 52 settimane contributive.
Questi rientrano nelle cosiddette deroghe Amato, con le quali si va in pensione con 15 anni di contributi. Contrariamente i 20 anni sono inderogabili, il che significa che basta non arrivare a questa soglia anche solo per una settimana per non raggiungere il diritto alla pensione.
E l’aspetto sconcertante è che i contributi versati si perdono, rappresentando così un vero e proprio spreco di soldi. Basti pensare, per rendersi conto di quanto si perde, che per ogni anno di lavoro è stato versato all’Inps poco più del 30% di quanto guadagnato.
Diverso il caso di chi invece ha almeno un contributo settimanale versato dopo il 1° gennaio 1996: per quanto anche questi debbano raggiungere i 20 anni di contributi per andare in pensione a 67 anni di età (senza tra l’altro la possibilità di rientrare nelle deroghe Amato), c’è comunque una sorta di “paracadute” per non perdere i contributi versati nel caso in cui gli anni lavorati fossero meno.
Grazie all’opzione contributiva della pensione di vecchiaia, infatti, il diritto alla pensione può essere rimandato al compimento dei 71 anni di età, quando sono sufficienti appena 5 anni di contributi per assicurarsi una rendita vitalizia. Bisognerà quindi avere un po’ di pazienza, ma perlomeno si evita di perdere molti soldi.
Niente pensione a 64 anni con 20 anni di contributi
Va detto poi che è sufficiente avere un contributo settimanale versato prima del 31 dicembre per vedersi preclusa la possibilità di andare in pensione 3 anni prima rispetto a quanto stabilito dalla pensione di vecchiaia.
I contributivi puri, infatti, possono andare in pensione anche a 64 anni (sempre con 20 anni di contributi), a patto però di aver raggiunto un assegno di importo almeno pari a 3 volte il valore dell’Assegno sociale (2,8 volte per le donne con un figlio, 2,6 volte per chi ne ha almeno due).
Una misura a cui invece non possono accedere coloro che hanno la pensione calcolata con il sistema misto, i quali in alternativa possono smettere di lavorare prima dei 67 anni solo se hanno raggiunto 42 anni e 10 mesi di contributi - uno in meno per le donne - per effetto della cosiddetta pensione anticipata.
La soluzione per non perdere i contributi e andare comunque in pensione
C’è comunque una soluzione affinché chi ha iniziato a lavorare prima del 31 dicembre 1995 possa accedere alle suddette opzioni di pensionamento. Si tratta del computo della Gestione separata, con il quale tutti i contributi maturati dal lavoratore, anche in diverse gestioni, vengono riuniti sotto la Gestione Separata ma con calcolo interamente contributivo dell’assegno. Questa misura è riservata a coloro che soddisfano i seguenti requisiti:
- deve poter vantare il versamento di almeno un contributo mensile presso la predetta Gestione separata;
- deve altresì avere un’anzianità contributiva nelle predette gestioni coinvolte nel computo corrispondente o al di sopra dei 15 anni dei quali almeno 5 collocati dopo il primo gennaio 1996;
- deve possedere un’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, ma al di sotto dei 18 anni all’appena citata data.
Vero che ricorrendo a questo sistema la pensione verrà penalizzata da regole di calcolo maggiormente severe, ma è anche detto che la persona potrà ricorrere anche alle opzioni di pensionamento riservate ai contributivi puri.
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