Il Governo ha approvato con Decreto la proroga di un anno per il pensionamento dei giudici di Cassazione. L’Anm dubita sulla costituzionalità del provvedimento emanato con carattere d’urgenza. Ecco cosa sta succedendo.
Il Governo proroga con Decreto l’età per la pensione ai giudici della Corte di Cassazione.
Il provvedimento riguarda soltanto i vertici della Corte, per i quali l’età di pensionamento si allunga quindi di altri 12 mesi. Ad essere interessati dalla novità introdotta dal decreto sono i giudici che avrebbero compiuto 72 anni dopo il 1 gennaio prossimo, per i quali la pensione verrà quindi posticipata di un anno.
Gli interessati dal provvedimento sono i vertici di Cassazione, Consiglio di Stato, Suprema Corte, Corte dei Conti e Avvocatura dello Stato.
L’Associazione Nazionale Magistrati ha espresso il proprio disappunto rispetto ad una riforma ritenuta parziale ed incostituzionale.
A riprova dell’incostituzionalità del provvedimento, inoltre, la modalità di attuazione: non si ravvisa, secondo i magistrati, il carattere di necessità ed urgenza che porterebbe all’utilizzo dello strumento del Decreto Legge il quale, in via eccezionale, attribuisce il potere legislativo in capo all’esecutivo.
Posticipo di un anno alla pensione dei giudici di Cassazione: cosa è successo?
Il Decreto approvato dal Governo prevede la proroga di un anno all’età pensionabile dei giudici di Cassazione con incarichi direttivi che compiranno 72 anni dopo il prossimo 1 gennaio e i vertici della Suprema Corte, del Consiglio di Stato, Corte dei Conti e Avvocatura dello Stato che non raggiungeranno i 70 anni entro l’anno. Si ricorda che per questi ultimi il limite massimo di permanenza in ufficio era già stato rivisto e successivamente stabilito nel decreto legge 90/2014, portando a 70 anni il limite massimo di età pensionabile, a fronte dei 65 per gli altri dipendenti pubblici.
La proroga del servizio è giustificata, nel Decreto, come atto necessario visti i carichi pendenti sulla giustizia e gli incompiuti, "al fine di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari e garantire un ordinato e graduale processo di conferimento, da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, degli incarichi direttivi e semidirettivi che si renderanno vacanti negli anni 2015 e 2016"
La misura interesserà un ristretto numero di giudici degli alti vertici dello Stato ed è proprio questo a far infuriare L’Associazione Nazionale Magistrati.
Il disappunto dell’Anm
Inaccettabile, così l’Anm definisce la proroga all’età pensionabile concessa ai vertici della Cassazione.
Il provvedimento rappresenterebbe, secondo l’associazione guidata da Piercamillo Davigo, una disparità di trattamento da parte dell’Esecutivo tra magistrati di serie A e magistrati di serie B, ribadendo inoltre l’incostituzionalità del provvedimento.
Non soltanto l’Anm
Le proteste al Decreto, ritenuto parziale e viziato, sono arrivate anche dal Coordinamento nazionale dei magistrati di AREA e da Magistratura Indipendente.
Entrambe le associazioni concordano con l’opinione e il malcontento dell’Anm ed annunciano la propria volontà ed interesse a reagire proclamando lo stato di agitazione e chiedendo di incontrare e discutere con il Ministro della Giustizia Orlando.
Le altre misure del Decreto
Non c’è soltanto il ritocco all’età pensionabile dei vertici dei palazzi di Giustizia.
Il Decreto approvato il 30 agosto contiene anche misure per velocizzare e ottimizzare l’attività della giustizia.
Prima tra tutti, la riduzione da 24 a 12 mesi del periodo di tirocinio obbligatorio presso i tribunali per gli idonei al concorso di magistratura del 2014 e del 2015.
In più, indicazioni sulla riforma del processo amministrativo telematico, già slittato al 1 gennaio del 2017.
Nonostante la volontà di contribuire all’efficienza degli uffici giudiziari, il decreto in oggetto è riuscito fin ora soltanto ad alzare polemiche e ad alimentare malcontento tra i diversi giudici e, se l’Anm e le altre rappresentanze di categoria confermeranno le proprie intenzioni, ci sarà ancora da discuterne.
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