Nuove regole per il calcolo della pensione nel 2026? Non proprio, possono cambiare le regole per la definizione dell’Irpef da pagare. Con conseguenti vantaggi sulla pensione netta.
Il 2026 si annuncia come un anno importante per chi è già in pensione o sta per andarci. In tanti ci chiedete se cambieranno le regole per calcolare l’importo della pensione e se ci saranno novità sugli assegni mensili.
La buona (visto che molto probabilmente con il prossimo aggiornamento ci sarà un peggioramente delle regole) notizia è che il calcolo lordo delle pensioni, tanto per il retributivo (applicato fino al 31 dicembre 1995) quanto per il contributivo (nei periodi successivi), non subirà modifiche sostanziali nel 2026: i coefficienti di trasformazione, ossia i parametri utilizzati per convertire il montante contributivo in pensione annua, resteranno validi fino al 31 dicembre 2026.
Ma se sul fronte del calcolo lordo la situazione appare stabile, è sul versante del netto nel cedolino che potrebbero arrivare importanti cambiamenti. Infatti, come abbiamo già avuto modo di spiegare, il governo sta lavorando a una possibile riforma fiscale che avrebbe effetti diretti sulle pensioni, grazie a un taglio dell’Irpef pensato soprattutto per il ceto medio.
L’obiettivo è ridurre l’aliquota del secondo scaglione di reddito - da 28.000 a 50.000 euro oggi - e ampliare la soglia di applicazione, generando un risparmio sulle tasse da pagare e quindi un aumento dell’importo netto della pensione percepita ogni mese.
Nel dettaglio, secondo le ipotesi attuali, la riforma potrebbe comportare un risparmio fino a 640 euro l’anno, pari a circa 53 euro al mese, per i pensionati con redditi fino a 60.000 euro lordi annui. Tuttavia, molto dipenderà dalle risorse disponibili in legge di Bilancio e dalla capacità del governo di reperire i fondi necessari tramite la lotta all’evasione fiscale e il concordato preventivo biennale.
Perché cambiano le regole di calcolo della pensione
Se sul calcolo lordo delle pensioni, come detto, non ci saranno novità prima del 2027, il motivo per cui il prossimo anno potrebbe comunque segnare un punto di svolta per il netto in busta paga è legato alle politiche fiscali del governo. In questi mesi, infatti, si sta lavorando alla riforma dell’Irpef, nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale approvata nel 2023, con l’obiettivo di ridurre il carico fiscale sul ceto medio. Una manovra che riguarda non soltanto lavoratori dipendenti e autonomi, ma anche i pensionati, che pagano l’Irpef esattamente come qualsiasi altro contribuente.
Il motivo principale di questo intervento è duplice: da un lato, il governo intende stimolare i consumi interni, aumentando la quota di reddito disponibile delle famiglie, dall’altro punta a rendere il sistema fiscale più equo e sostenibile. Ecco perché si studiano modifiche agli scaglioni e alle aliquote, che finirebbero per incidere anche sulla tassazione delle pensioni.
In particolare, la proposta prevede di abbassare dal 35% al 33% l’aliquota sul secondo scaglione di reddito, estendendone il limite massimo a 60.000 euro: una misura pensata proprio per garantire un beneficio a chi ha redditi medio-alti ma non tali da rientrare nella fascia più elevata, dove l’aliquota resta al 43%.
Come cambiano gli importi
Ma di quanto potrebbero aumentare le pensioni nel 2026? Se la riforma fiscale dovesse essere approvata nei termini raccontati nel paragrafo precedente, il vantaggio per i pensionati deriverebbe dal taglio dell’aliquota Irpef sul secondo scaglione di reddito, che passerebbe dal 35% al 33%. Questo si tradurrebbe in un risparmio fiscale del 2% sulla parte di pensione lorda compresa tra 28.000 e 60.000 euro annui, permettendo di trattenere più soldi in busta paga ogni mese.
Secondo le simulazioni, il beneficio massimo raggiungerebbe 640 euro l’anno, pari a circa 53 euro al mese, per chi ha redditi lordi di 60.000 euro. Man mano che il reddito diminuisce e ci si avvicina alla soglia dei 28.000 euro, il vantaggio fiscale si riduce, fino ad azzerarsi del tutto per chi ha pensioni inferiori a questa cifra, che resterebbero tassate solo al 23%.
Per fare un esempio pratico, un pensionato con un reddito lordo annuo di 40.000 euro potrebbe risparmiare circa 240 euro all’anno, ovvero 20 euro al mese, mentre chi percepisce 50.000 euro lordi avrebbe un vantaggio di circa 440 euro all’anno, pari a 36-37 euro mensili.
È importante sottolineare che questo aumento non modifica l’importo lordo della pensione, ma riguarda esclusivamente il netto percepito, grazie alle minori trattenute fiscali. Un dettaglio che fa la differenza, soprattutto in un contesto di inflazione e aumento del costo della vita, dove anche pochi euro in più al mese possono rappresentare un aiuto concreto per molti pensionati.
A tal proposito, di seguito alleghiamo una tabella in cui sono indicati tutti gli importi riferiti al taglio Irpef, così da avere un’idea chiara di quali sarebbero i vantaggi del nuovo calcolo.
Pensione annua lorda | Pensione mensile lorda | Importo tassato con l’aliquota del secondo scaglione | Risparmio annuo con aliquota del 33% | Risparmio mensile su 12 mensilità |
---|---|---|---|---|
28.000 | 2.153,85 | 0 | 0,00 | 0,00 |
30.000 | 2.307,69 | 2.000 | 40,00 | 3,33 |
32.000 | 2.461,54 | 4.000 | 80,00 | 6,67 |
34.000 | 2.615,38 | 6.000 | 120,00 | 10,00 |
36.000 | 2.769,23 | 8.000 | 160,00 | 13,33 |
38.000 | 2.923,08 | 10.000 | 200,00 | 16,67 |
40.000 | 3.076,92 | 12.000 | 240,00 | 20,00 |
42.000 | 3.230,77 | 14.000 | 280,00 | 23,33 |
44.000 | 3.384,62 | 16.000 | 320,00 | 26,67 |
46.000 | 3.538,46 | 18.000 | 360,00 | 30,00 |
48.000 | 3.692,31 | 20.000 | 400,00 | 33,33 |
50.000 | 3.846,15 | 22.000 | 440,00 | 36,67 |
52.000 | 4.000,00 | 24.000 | 480,00 | 40,00 |
54.000 | 4.153,85 | 26.000 | 520,00 | 43,33 |
56.000 | 4.307,69 | 28.000 | 560,00 | 46,67 |
58.000 | 4.461,54 | 30.000 | 600,00 | 50,00 |
60.000 | 4.615,38 | 32.000 | 640,00 | 53,33 |
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