Pensioni, non solo a marzo 2023: ci sono nuovi aumenti in programma, ecco da quando

Simone Micocci

30 Gennaio 2023 - 10:30

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Pensioni, dopo la rivalutazione 2023 sono in arrivo altri aumenti: cosa sappiamo su importi e date in cui verranno riconosciuti.

Pensioni, non solo a marzo 2023: ci sono nuovi aumenti in programma, ecco da quando

L’aumento delle pensioni atteso a marzo - anche se da un altro punto di vista si potrebbe parlare di taglio - non è l’unico in programma nei prossimi mesi. Altri incrementi, infatti, sono già stati programmati per i prossimi mesi, con l’obiettivo di contrastare il più possibile la svalutazione delle pensioni dovuta all’elevato tasso d’inflazione.

Il 1° marzo 2023 verrà completato l’aumento delle pensioni dovuto alla rivalutazione, in quanto a godere dell’incremento saranno anche coloro che hanno un assegno d’importo superiore ai 2.100 euro (circa), inizialmente messi in stand by a causa delle novità introdotte dall’ultima legge di Bilancio che hanno richiesto all’Inps più tempo del previsto per la loro applicazione.

Dopo di questo, però, sono attesi almeno altri due passaggi: il primo, sul quale il governo sta ancora facendo le dovute valutazioni, è quello che si completerà con la riforma fiscale che dovrebbe essere approvata entro la fine dell’estate, mentre il secondo riguarda il conguaglio della rivalutazione 2023 atteso nel prossimo gennaio.

Quindi, presto potrebbero entrare più soldi nelle tasche dei pensionati, il che rappresenta ovviamente una buona notizia specialmente adesso che l’inflazione non sembra volersi arrestare. Ma scendiamo nel dettaglio su quelli che sono i prossimi appuntamenti che attendono i pensionati e in che modo questi potrebbero incidere, positivamente, sull’importo dell’assegno mensilmente percepito.

Riforma del fisco, anche per le pensioni

Obiettivo del governo Meloni è di attuare una nuova riforma fiscale entro la fine dell’estate, in modo da avvantaggiare lavoratori e pensionati che a parità di entrate potrebbero disporre di un netto più elevato.

Nel dettaglio, in attesa di poter arrivare all’aliquota unica delle flat tax anche per dipendenti e pensionati, obiettivo che non sarà raggiunto nel 2023, il governo intende “addolcire la curva delle aliquoterivedendo l’Irpef. Nel dettaglio, da un sistema a quattro fasce di reddito se ne dovrebbe passare a uno con tre sole fasce, quali:

  • fino a 15.000 euro di reddito: 23%, quindi verrà mantenuta la stessa percentuale di oggi;
  • per i redditi superiori a 15.000 euro ed entro i 50.000 euro, per i quali oggi sono previste due distinte fasce (una per i primi 28.000 euro con aliquota del 25% e l’altra, con percentuale del 35%, per i successivi), si passerà a un aliquota unica del 27%;
  • sopra i 50.000 euro, invece, dovrebbe essere mantenuta l’aliquota del 43%.

Nell’attesa di capire se a questa revisione si aggiungerà anche una modifica delle detrazioni, è ovvio che dall’accorpamento delle fasce Irpef ne beneficeranno perlopiù coloro che hanno un reddito - anche da pensione - superiore a 28.000 euro, per i quali l’aliquota passerà dal 35% al 27%.

In particolare, secondo le stime effettuate in questi mesi, per chi ha un reddito tra i 35.000 e i 40.000 euro - a parità d’importo lordo - dovrebbe risultarne un aumento compreso tra i 100 e i 120 euro (netti) in più al mese.

Paradossalmente, quindi, a beneficiare di più della riforma fiscale saranno coloro che invece sono stati penalizzati dal taglio della rivalutazione approvato con la legge di Bilancio 2023.

Conguaglio rivalutazione a gennaio 2024

A gennaio 2024 ci sarà poi il conguaglio della rivalutazione 2023. Quella attuata lo scorso gennaio, che per alcuni è slittata a marzo, è stata solamente una rivalutazione parziale in quanto il tasso adottato era quello provvisorio, il che si è poi rivelato più basso rispetto a quello definitivo appena ufficializzato dall’Istat.

Nel dettaglio, per la rivalutazione è stato preso come valore base un tasso del 7,3%, applicato per intero per le pensioni d’importo inferiore a 2.100 euro (4 volte il trattamento minimo), mentre quello definitivo è stato dell’8,1%.

Ci sarà quindi da riconoscere una differenza dello 0,8% (più bassa nel caso delle pensioni che superano di 4 volte il trattamento minimo), con aumenti ad esempio di 8 euro per coloro che hanno una pensione di 1.000 euro. Il conguaglio, con il ricalcolo della pensione e il riconoscimento degli arretrati, verrà effettuato però solamente a gennaio 2024, a meno che il governo Meloni, sulla stessa linea di quanto fatto da Mario Draghi l’anno scorso, non decida di anticiparlo di qualche mese come aiuto contro il caro prezzi.

Ricordiamo poi che a gennaio 2024 ci sarà anche la rivalutazione annuale, per la quale - laddove il tasso d’inflazione non dovesse accennare ad arrestarsi - potrebbe essere utilizzata un’altra percentuale elevata (ma probabilmente più bassa rispetto a quella di quest’anno).

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