Pensioni minime: così l’importo potrebbe salire a 780 euro

Antonio Cosenza

29 Agosto 2020 - 11:42

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Con la ripresa del dibattito sulle pensioni si tornerà a discutere della necessità di prevedere una pensione minima per i contributivi puri. Ecco come l’importo potrebbe salire fino a 780 euro.

Pensioni minime: così l’importo potrebbe salire a 780 euro

Pensioni: tra qualche settimana, precisamente martedì 8 settembre, riprenderanno le discussioni per la riforma tra i rappresentanti del Ministero del Lavoro e i sindacati. Tra i temi che verranno affrontati, oltre alla misura che dovrà prendere il posto di Quota 100, c’è anche quello riguardante la pensione di garanzia per coloro che rientrano interamente nel regime contributivo per il calcolo dell’assegno.

Obiettivo è di innalzare l’importo delle pensioni minime fino a 780 euro e per farlo si sta riflettendo su una serie di strumenti. Tutti concordano sulla necessità di garantire un assegno dignitoso per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 e che, secondo le regole attuali, una volta che raggiungeranno il diritto alla pensione avranno l’assegno calcolato tenendo conto dei soli contributi versati.

Considerando le difficoltà attuali nel trovare un lavoro ben retribuito, e stabile, c’è il rischio concreto che molti millennials non riescano a garantirsi da soli un assegno dignitoso. Ed è per questo che dovrà essere lo Stato ad intervenire, al fine da ridurre gli svantaggi del passaggio dal regime retributivo al contributivo.

Le misure sulle quali si discuterà per fare in modo che la pensione minima di garanzia possa arrivare fino a 780,00€ sono diverse: vediamo di quali si tratta nell’attesa di saperne di più con la ripresa del dibattito sulla riforma del sistema previdenziale.

Perché è necessario prevedere una pensione minima di garanzia

Sono tre le motivazioni per cui mai come oggi si sente la necessità di introdurre una pensione di garanzia al fine di tutelare tutti coloro che avranno l’assegno calcolato interamente con il regime contributivo.

Come prima cosa le modalità di calcolo dell’assegno secondo questo sistema introdotto ufficialmente dal 1° gennaio 1996, il quale premia maggiormente coloro che hanno avuto una carriera continua percependo uno stipendio piuttosto elevato.

Ed è proprio questo il secondo problema, ovvero che per molti lavoratori - viste le difficoltà sorte nel mercato del lavoro - è molto difficile raggiungere l’obiettivo di una carriera stabile e ben retribuita.

I lavoratori precari di oggi, quindi, rischiano di essere dei pensionati che un domani a fatica riusciranno ad arrivare alla fine del mese. Anche perché - e qui il terzo problema - a coloro che rientrano interamente nel regime di calcolo contributivo non è riconosciuto neppure il diritto al trattamento integrativo al minimo della pensione (che oggi ammonta a circa 517 euro mensili).

Come aumentare le pensioni fino a 780 euro

Se da una parte tutti sono d’accordo con la necessità di riconoscere ai contributivi puri una pensione minima di garanzia, e di portarla fino a 780 euro, non vi è ancora convergenza riguardo alle modalità con cui questo obiettivo dovrà essere raggiunto.

Ad esempio, c’è chi vorrebbe riprendere quell’idea che nel 2016 venne presentata dall’allora Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il quale aveva proposto una pensione di garanzia con la quale sarebbe stato possibile, per coloro che al momento del collocamento in quiescenza si trovino al di sotto di una certa soglia reddituale, cumulare la pensione con l’assegno sociale.

In alternativa, si sta riflettendo anche sulla possibilità di attuare una manovra simile a quella che ha portato all’aumento delle pensioni d’invalidità. In questo modo ci sarebbe un incremento - di importo variabile tra i 650,00€ e i 780,00€ - garantito per coloro che vanno in pensione con l’assegno calcolato interamente con il regime contributivo e che sono al di sotto di una certa soglia di reddito.

In poche parole si tratterebbe di prevedere una sorta di integrazione al minimo anche per i contributivi puri, tuttavia la differenza sta nel fatto che questa volta si cercherà di evitare un intervento assistenziale da parte dello Stato. È qui, infatti, che tornerebbe in auge la proposta del Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, di istituire un fondo previdenziale integrativo pubblico gestito dall’INPS al quale dovrebbero partecipare tutti i lavoratori; sarebbe questo, infatti, a finanziare il nuovo trattamento integrativo al fine di riconoscere una pensione di garanzia per i contributivi puri.

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