Pensioni: quando spetta l’indennità di morte piuttosto che la reversibilità?

Antonio Cosenza

26 Luglio 2020 - 10:21

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Indennità di morte al poste della pensione di reversibilità: quando spetta e come si calcola l’importo? Facciamo chiarezza.

Pensioni: quando spetta l’indennità di morte piuttosto che la reversibilità?

Pensioni: quando spetta l’indennità di morte?

Come noto, quando una persona muore ed è titolare di pensione - oppure ha maturato abbastanza contributi da averne diritto - l’assegno viene ereditato dai suoi familiari. Si definisce pensione di reversibilità, infatti, quel trattamento pensionistico che viene riconosciuto in caso di decesso del pensionato in favore dei familiari superstiti, sia al coniuge che ai figli (come pure ai genitori e ai fratelli/sorelle in determinate circostanze).

Tuttavia, bisogna capire cosa succede quando il defunto non ha ancora maturato il diritto alla pensione ma ha comunque versato un numero considerevole di contributi (ma non sufficienti per dare diritto alla pensione). In tal caso i contributi si perdono o anche questi possono essere ereditati? Nessuna delle due: in occasione dell’evento di morte, infatti, l’ordinamento giuridico riconosce in favore degli eredi dell’assicurato deceduto non ancora titolare di pensione quella che si definisce come indennità di morte.

Si tratta di un’indennità che va a restituire, per mezzo di un assegno di un certo valore (che andremo ad approfondire di seguito), una parte di quanto versato dal defunto nel corso della carriera lavorativa. Si tratta di un’indennità una tantum e non di una pensione vera e propria; il suo importo è comunque importante, visto che in alcune circostanze l’assegno può essere di qualche migliaia di euro.

Pensioni, quando (e quanto) spetta l’indennità di morte

L’indennità di morte spetta quando il defunto non ha raggiunto abbastanza contributi da poter fare in modo che ai suoi eredi venga riconosciuta una pensione ai superstiti. A tal proposito ricordiamo che per la pensione ai superstiti bisogna aver maturato almeno 15 anni di contribuzione, o in alternativa 5 anni di contributi di cui almeno 3 nel quinquennio antecedente alla morte.

Quando questi contributi non vengono raggiunti si può avere diritto all’indennità di morte, per la quale si utilizza un sistema di calcolo differente a seconda del periodo in cui i contributi sono stati maturati.

Ad oggi la maggior parte di coloro per i quali viene riconosciuta l’indennità di morte hanno una contribuzione successiva al 31 dicembre 1995 e di conseguenza per questi si applica il sistema di calcolo contributivo. A tal proposito. l’indennità di morte si calcola moltiplicando l’importo dell’assegno sociale per il numero di annualità di contribuzione accreditata. Nel caso di periodi di contribuzione inferiori all’anno, l’indennità sarà calcolata in proporzione alle settimane coperte da contribuzione.

Prendiamo come esempio un defunto con 10 anni di contribuzione successiva al 1° gennaio 1996. Per calcolare l’importo dell’indennità di morte bisogna prendere il valore dell’assegno sociale, che dal 1° gennaio 2020 è di € 459,83 mensili, e moltiplicarlo per le annualità di contribuzione: ne risulta che agli eredi spetta un assegno di importo pari a 4.598,30€.

L’importo sarà suddiviso secondo le regole in materia di pensione ai superstiti: quindi ne avranno diritto i coniugi e i figli, e in mancanza di costoro i genitori. Se non ci dovessero essere neppure i genitori allora l’assegno sarà suddiviso tra fratelli e sorelle secondo le quote di ripartizione stabilite dalla legge.

Indennità di morte al posto della pensione di reversibilità: ulteriori condizioni

Vi è però un’ulteriore condizione da soddisfare per avere diritto all’indennità: è necessario, infatti, che il superstite che ne abbia diritto non percepisca a suo tempo delle rendite INAIL ottenute con il decesso del lavoratore. Questo vincolo non è assoluto: vale, infatti, solo quando queste superano i limiti di reddito previsti per il riconoscimento dell’assegno sociale.

Sempre per il 2020, quindi, le rendite INAIL non devono superare la soglia dei 5.997,79 l’anno. E nel caso uno o più beneficiari superino questa soglia la quota sarà suddivisa tra gli altri eredi.

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