Il requisito fondamentale per avere diritto alla pensione sociale. Ecco cosa dice la giurisprudenza.
La pensione sociale è un sostegno economico per i cittadini in difficoltà, con un reddito marginale o del tutto assente. In realtà, sarebbe più corretto parlare di assegno sociale, che ha sostituito appunto la pensione sociale così chiamata, ma si tratta comunque di un trattamento riservato agli over 67. L’importo, che dipende dal reddito ed è slegato dalla contribuzione, arriva fino a un valore massimo aggiornato annualmente.
Per il 2025, l’assegno sociale arriva fino a 538,68 euro per 13 mensilità, incrementabili a 739,83 euro dopo i 70 anni. L’importo riconosciuto può però essere più basso, quando il reddito non è nullo ma comunque inferiore al limite previsto.
A tal proposito, è bene sapere che non si guarda soltanto al reddito. C’è un dettaglio fondamentale per avere la pensione sociale, spesso ignorato: lo stato di bisogno. Chi non versa in stato di bisogno non ha diritto al trattamento o può subire la perdita del beneficio.
Un dettaglio fondamentale per la pensione sociale
La legge prevede dei requisiti di reddito personali e coniugali per accedere alla pensione sociale. In particolare, chi ha un reddito personale nullo o un reddito coniugale inferiore all’importo annuo dell’assegno ha diritto al trattamento in misura piena. Chi invece ha un reddito personale fino all’importo annuo dell’assegno (7.002,84 euro nel 2025) o un reddito coniugale entro il doppio (14.005,68 euro nel 2025) ha diritto all’assegno sociale in forma ridotta. Per maggiori informazioni sul calcolo dell’assegno sociale e sui redditi di cui si tiene conto si rimanda alla nostra guida specifica.
Questi limiti di reddito consentono di presumere lo stato di bisogno del cittadino, una condizione in cui non può provvedere pienamente al proprio sostentamento in modo autonomo. Di conseguenza, chi supera questi redditi non può avere diritto all’assegno sociale, mentre chi è al di sotto deve comunque trovarsi in uno stato di bisogno effettivo. Potrebbe quindi accadere che la pensione sociale sia negata anche ai cittadini che rientrano nei limiti di reddito, se hanno fonti di sostentamento differenti. Questa circostanza dovrebbe però essere opportunamente documentata dall’Inps ed è piuttosto rara. La maggior parte delle cause vede la vittoria dei pensionati, in ragione dell’assoluta particolarità di questo trattamento.
La legge prescrive infatti che lo stato di bisogno sia desunto dai redditi del cittadino, calcolati come previsto dalla normativa. La prima casa, ad esempio, non conta, come neppure i redditi potenziali o non effettivi. Così come non contano le possibili alternative (soggetti obbligati agli alimenti per esempio) o le cause dello stato di bisogno.
Stato di bisogno anche colpevole
Il requisito essenziale per la pensione sociale è lo stato di bisogno effettivo, a prescindere dalle ragioni che l’hanno causato. Hanno diritto all’assegno sociale, se rientrano nei requisiti, anche coloro che hanno donato degli immobili o hanno rinunciato all’assegno di mantenimento in sede di separazione.
Non soltanto, anche chi è titolare dell’assegno di mantenimento o divorzile ha diritto alla pensione sociale se non lo percepisce effettivamente. Una vasta giurisprudenza della Corte di Cassazione (tra cui le ordinanze n. 1081/2015, n. 33513/2023, n. 26287/2023, n. 22755/2024 e le sentenze n. 14513/2020, 7235/2023) sancisce che il diritto alla pensione sociale si basa esclusivamente sullo stato di bisogno effettivo e oggettivo del richiedente, al netto degli altri requisiti previsti dalla legge.
Quest’ultima non chiede anche che lo stato di bisogno sia incolpevole, come avviene per altri strumenti (tra cui in parte proprio l’assegno divorzile), né obbliga i cittadini a tentare con priorità strade diverse per garantirsi un sostentamento.
Chi ha fatto delle donazioni, impoverendosi volontariamente, non perde il diritto alla pensione sociale e non è nemmeno obbligato ad agire per il pagamento degli alimenti a cui sono tenuti i donatari nella stragrande maggioranza dei casi. Chi si vede negata o revocata la pensione sociale per questi motivi dovrebbe quindi rivolgersi a un avvocato per contestare la decisione dell’Inps. Quest’ultimo, al contrario, potrebbe portare in causa i percettori che ricevono indebitamente l’assegno sociale e pretendere la restituzione delle somme, ma soltanto provando l’effettiva mancanza di requisiti e buona fede (percepire redditi in nero, per esempio).
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