Paura in Giappone, è fuga dai bond. “Debito peggiore della Grecia”, l’ammissione del premier

Laura Naka Antonelli

20/05/2025

Alert per i bond sovrani del Giappone, attaccati da forti smobilizzi che hanno portato i rendimenti a balzare a livelli record. Il premier Ishida fa il paragone con la Grecia.

Paura in Giappone, è fuga dai bond. “Debito peggiore della Grecia”, l’ammissione del premier

È arrivato alla fine il momento della resa dei conti anche per il Giappone, Paese assillato dalla piaga del debito non da anni, ma da diversi decenni, ciò nonostante considerato più volte da diversi italiani allergici ai diktat dell’UE sui conti pubblici esempio illustre di una economia a prova di crisi?

L’impressione è che, ad arrivare, sia stato almeno il bagno di realtà. È questa l’impressione, se si considerano le parole proferite nella giornata di ieri dal primo ministro Shigeru Ishiba, che ha fatto un parallelismo tra le condizioni in cui versano le finanze pubbliche del Giappone e quelle della Grecia e che, evidentemente preoccupato per l’emorragia che sta dissanguando i conti del Sol Levante, ha rifiutato la richiesta delle opposizioni di varare un taglio delle tasse, in un contesto in cui i costi di rifinanziamento del debito continuano ad aumentare.

L’ammissione del premier giapponese Ishida, “nostri conti peggiori di quelli della Grecia”

Il premier Shigeru Ishiba ha tenuto il punto, a dispetto della performance decisamente deprimente del PIL del Giappone che, in attesa dei dazi dell’amministrazione di Donald Trump, ha già sofferto una contrazione nei primi tre mesi del 2025, mostrando un segno meno per la prima volta in un anno, per di più a un ritmo superiore alle attese.

La nostra situazione fiscale è senza alcuna ombra di dubbio estremamente debole, peggiore di quella della Grecia ”, ha detto il primo ministro nella giornata di ieri, in un suo intervento al Parlamento, proseguendo: “Il Giappone sta assistendo a tassi di interesse diventati positivi e i suoi conti pubblici non versano in buone condizioni”, ha continuato, lanciando un avvertimento sull’aumento dei costi di rifinanziamento del debito, che vanno ad aggiungersi a un debito di per sé già enorme.

Il fatto che le entrate fiscali stiano crescendo anch’esse non è evidentemente sufficiente: “Mentre le entrate fiscali salgono, aumentano anche i costi del welfare ”.

E dunque no, Tokyo non può permettersi di continuare a far lievitare il suo debito già mostruoso. Un debito che, in rapporto al PIL, fa a dir poco accapponare la pelle, con un valore che l’FMI (Fondo Monetario Internazionale), ha individuato pari al 234,9% nel 2025, rispetto al 142,2% del debito-PIL della Grecia.

Alle parole di Ishiba si sono affiancate quelle del ministro delle Finanze giapponese Katsunobu Kato, che ha parlato della necessità che i mercati continuino a dare fiducia al Giappone. Tempo qualche ora, e proprio dai mercati è arrivata una carrellata di pessime notizie.

Alert asta Titoli di Stato Giappone a 20 anni, rendimenti bond schizzano a valori record

Ad avallare i timori di Ishiba è stato di fatto il risultato dell’asta indetta nella giornata di oggi, martedì 20 maggio 2025, con cui il Tesoro ha collocato Titoli di Stato con scadenza a 20 anni (JGB), assistendo al collasso del bid-to-cover ratio, parametro che monitora l’appetito degli investitori, al minimo dall’agosto del 2012.

Immediato l’effetto contagio sul mercato secondario, dove i rendimenti dei JGB a 20 anni sono schizzati fino a +15 punti base, volando al 2,555%, al massimo dall’ottobre del 2000.

KO anche i bond giapponesi a 30 anni, con i rendimenti volati al record del 3,14%, sulla scia di un balzo pari a +17 punti base, e i bond con scadenza a 40 anni, i cui rendimenti sono scattati di 15 punti base al 3,6%, anch’esso valore massimo della storia.

In rialzo anche i rendimenti dei Titoli di Stato giapponesi a 10 anni, che sono cresciuti di 4,5 punti base all’1,525%, al massimo dallo scorso 28 marzo.

E non è andata bene neanche ai bond a breve scadenza, come confermato dal trend dei rendimenti, con quelli a 5 anni saliti all’1,015%, record dal 2 aprile scorso, dunque dal Liberation Day in cui il presidente americano Donald Trump ha annunciato i dazi reciproci, e con quelli a 2 anni in rialzo allo 0,73%, massimo dal 3 aprile scorso.

Bond bussano alla porta della Bank of Japan, ma il QE inviato da tutto il mondo è ormai alle spalle

La reazione dei bond giapponesi è stata tale da portare alcuni analisti a riconsiderare l’eventualità di un nuovo salvagente in arrivo da parte della Bank of Japan, banca centrale del Giappone che, per anni, ha blindato la carta giapponese con un piano di Quantitative easing tra i più invidiati della storia.

Tra l’altro, pur rassicurando il Paese - senza alcun successo - sulla capacità dello Stato di rifinanziare il debito sui mercati, il ministro delle finanze Kato ha lanciato ieri un attenti, ricordando che “la perdita della fiducia dei mercati nelle nostre finanze potrebbe tradursi in forti aumenti dei tassi di interesse, in uno yen debole e in una inflazione eccessiva, che avrebbe un grave impatto sull’economia ”.

Il PIL del Giappone ha già lanciato di per sé un allarme, contraendosi nel primo trimestre del 2025 dello 0,7% su base annualizzata, decisamente peggio del calo dello 0,2% atteso dagli analisti interpellati dalla Reuters, e in attesa di uno schiaffo dei dazi di Trump che, in mancanza di un accordo tra Tokyo e Washington, diventerà operativo a partire dal prossimo luglio, concretizzandosi in tariffe pari al 24% (che, tra l’altro, si aggiungeranno ai dazi del 25% imposti da Trump sulle importazioni USA di auto, acciaio e alluminio).

A questo punto, ha senso attendersi un intervento da parte della Bank of Japan guidata da Kazuo Ueda?

Proprio oggi la banca centrale del Giappone ha diffuso il risultato di un sondaggio, che è stato lanciato dall’istituzione al fine di sondare il sentiment dei partecipanti al mercato del bond in vista della revisione del piano di QT-Quantitative Tightening che sarà annunciata in occasione del prossimo meeting della BOJ in calendario il 16 e 17 giugno, insieme a un piano di tapering all’aprile del 2026 a cui l’istituzione starebbe riflettendo.

Al momento, in base al piano presentato l’anno scorso, la Bank of Japan sta rallentando gli acquisti di Titoli di Stato di circa 400 miliardi di yen (l’equivalente di 2,74 miliardi di dollari) al trimestre, puntando a dimezzare gli acquisti mensili fino a 3 trilioni di yen entro il marzo del 2026, a un ritmo che dovrebbe ridurre il suo bilancio, al momento pari a 3,8 trilioni di dollari circa, dell’8%. In evidenza il forte balzo dei rendimenti dei Titoli di Stato giapponesi a 10 anni, reduci - stando alle rilevazioni di Bloomberg, di un balzo nell’ultimo mese pari a +22 punti base e di uno scatto di 52 punti base su base annua.

Un appello a smorzare il ritmo del tapering è stato chiaramente lanciato da un partecipante al mercato che, stando a quanto è emerso dai risultati del sondaggio, ha avvertito che, “prendendo in considerazione il peggioramento del rischio relativo alle condizioni della domanda e dell’offerta in un contesto di instabilità dei mercati, la BOJ dovrebbe tagliare l’ammontare trimestrale del suo tapering a 200 miliardi di yen circa”.

Monta intanto la paura per i Titoli di Stato giapponesi. Occhio al commento rilasciato all’agenzia Reuters da Shoki Omori, strategist di Mizuho, che ha definito i risultati dell’asta di oggi “deboli”, sottolineando che i numeri “hanno messo in evidenza la debolezza persistente del rapporto tra offerta e domanda nella scadenza dei Titoli a più lunga durata, alimentando la preoccupazione su chi, sempre se ci sarà, si farà avanti per acquistare” i JGB.

Ancora, Omori ha sottolineato che l’atteggiamento dei broker e degli investitori, che stanno prendendo le distanze dai bond giapponesi, “fa salire la probabilità di una spirale di sell off che vada al di là dei titoli a 20 anni, contagiando anche i mercati (dei bond) a 10 e 30 anni”.

Ebbene sì, anche il Giappone, che riguardo alla gestione del suo debito pubblico è stato spesso invidiato dall’Italia, ha dopo tutto un grave problema che porta il nome di conti pubblici.

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