Pace o condizionatori, soprattutto questa è «agenda Draghi». Che pagheremo cara

Mauro Bottarelli

05/08/2022

Marine Le Pen chiede la fine delle sanzioni a Mosca e Berlino sconta un prezzo della luce a 1 anno a 410 euro per MWh. In Italia, tutti i partiti promettono invece fedeltà a Kiev e Nato. Finirà male

Pace o condizionatori, soprattutto questa è «agenda Draghi». Che pagheremo cara

Ciò che scrivo su Money.it rappresenta sempre il mio punto di vista e non va mai inteso come la linea editoriale della testata. Oggi più che mai, questo desclaimer vorrei che fosse chiaro. Perché per quanto le ultime due uscite di Volodymir Zelensky - il servizio fotografico su Vogue e la promessa di apertura alle unioni civili in Ucraina - abbiamo platealmente tradito la sua crescente convinzione rispetto a un disimpegno occidentale, certi argomenti destano ancora scandalo. Soprattutto in clima di campagna elettorale, il festival della promessa. E delle buone intenzioni.

Tre giorni fa, la leader del Rassemblement National, Marine Le Pen , ha ufficialmente chiesto il ritiro delle sanzioni contro la Russia. Le quali, a suo parere, non servono assolutamente a niente, se non a far soffrire gli europei. Parole pronunciate nel corso di una conferenza stampa all’Assemblea Nazionale di Parigi, quindi il massimo dell’ufficialità. E quale sia il peso parlamentare del RN, è stato chiaro a spoglio delle ultime legislative terminato. Tutti sanno quale sia da sempre la posizione di Marine Le Pen verso la Russia, costatale accuse nemmeno troppo velate di essere un cavallo di Troia a libro paga del Cremlino. A quanto pare, i francesi non ci hanno creduto. O, ipotesi più seria, ritengono che la cosa non sia grave quanto la crisi economica che quelle sanzioni stanno per far detonare. Altrimenti, Marine Le Pen avrebbe raccolto una mancata di voti. E non una vagonata.

Emmanuel Macron, in tal senso, è sparito dalla scena. Non una parola su Kiev, non una call con Zelensky. Passata la buriana elettorale, la Francia si interroga. Lo farà anche l’Italia? Formalmente, no. Perché il centrodestra, storicamente meno propenso all’intransigenza contro Mosca, ha già fatto professione di atlantismo in caso di vittoria, ribadendo il supporto totale verso l’Ucraina. Nel centrosinistra, il problema non si è mai posto. Restano alcuni cespugli come i Cinque Stelle ormai dimezzati o la sinistra di Fratoianni, disperatamente alla ricerca di un compromesso al ribasso per non sparire. Insomma, Roma perseguirà la linea tracciata dal governo Draghi, quella che è sintetizzabile nello slogan pace o condizionatori. Perché anche quella formula è agenda Draghi. Anzi, soprattutto quella formula. E stiamo per pagarla cara.

Questa immagine

Andamento del prezzo dell'elettricità a 1 anno in Germania (euro/MWh) Andamento del prezzo dell’elettricità a 1 anno in Germania (euro/MWh) Fonte: Bloomberg

parla chiarissimo. Ci mostra a quale livello sia arrivato il prezzo dell’energia elettrica a 1 anno in Germania: 410 euro per MWh. Praticamente, una sentenza di morte per un’industria energivora come quella tedesca. E non solo. Perché le conseguenze le pagheranno di tasca loro anche i cittadini tedeschi. A partire dal 1 ottobre, quando la utility energetica RheineEnergie aumenterà il costo del gas naturale al KWh da 7,87 centesimi a 18,30 centesimi, un balzo del 133%. Perché oltre al casus belli delle forniture al minimo su Nord Stream 1 a causa della turbina della discordia, ad aumentare le criticità è proprio il livello di navigabilità del Reno, principale via di trasporto del carbone necessario alle centrali che producono energia elettrica. Al punto di snodo di Kaub, mercoledì le acque erano a 55 centimetri, mentre per domani le previsioni parlano addirittura dell’approdo alla quota record di 47 centimetri. Per capirci, 40 centimetri è il livello che impone la non navigabilità totale. A quel punto, il problema diverrà devastante.

E questo altro grafico

Andamento mensile degli ordinativi industriali tedeschi Andamento mensile degli ordinativi industriali tedeschi Fonte: Bloomberg

mostra come nel mese di luglio gli ordinativi industriali tedeschi abbiano segnato -0,4%, la quinta contrazione mensile di fila. Di fatto, un combinato che si sostanzia in un -10%. In una nazione basata su industria energivora ed export. E che vede nelle aziende del Nord Italia i principali fornitori e subfornitori di macchinari e componentistica. Forse, occorre leggere il dato del Pil italiano sotto un’altra luce, meno ottimistica. Se la nostra crescita è superiore a quella di Germania e Francia per l’anno in corso, è perché quei due Paesi sono già allo sprofondo. Ma noi, tendenzialmente, seguiamo il trend a tre mesi. Non a caso, Mario Draghi ha sottolineato come all’orizzonte economico si staglino nubi.

Ed ecco che il dato Istat di stamattina comincia già a fotografare i primi prodromi: produzione industriale a giugno a -2,1%, mentre il comparto dell’energia vola al +1,9%. E non appare un caso che la Russia, dopo aver superato lo spauracchio del default e ottenuto più di una deroga al regime sanzionatorio di Ue e Regno Unito, oggi alzi la posta. Chiedendo il ritiro totale delle sanzioni e mettendo sul piatto la classica proposta che non si può rifiutare: non solo l’ovvia e immediata risoluzione delle criticità sui flussi su Nord Stream 1 ma anche l’attivazione a tempo di record di quelli su almeno una parte anche di Nord Stream 2. Berlino, pur negandolo, sta riflettendo sul da farsi.

E attenzione ai partiti che pensino di ottenere garanzie diplomatiche o consensi elettorali dalla prosecuzione della linea oltranzista sul tema Russia impostata dall’agenda Draghi. Perché quando, come oggi, Amnesty International denuncia l’utilizzo di civili come scudi umani negli ospedali e nelle scuole ucraini da parte dell’esercito di Kiev, significa che il vento sta cambiando. Così come le priorità. E la questione Taiwan-Pelosi lo conferma. Così come ci mostra questa immagine

Mappa delle rotte commerciali che transitano nello Stretto di Taiwan Mappa delle rotte commerciali che transitano nello Stretto di Taiwan Fonte: Bloomberg

fatta circolare a tempo di record da Bloomberg e in base alla quale verrebbe da sospettare come la Cina intenda minacciare il mondo con un lockdown senza Covid, bloccando un punto di passaggio merci fondamentale con le sue esercitazioni e, magari, con una presenza militare rafforzata e permanente. Balle. Quel dato è meramente numerico ma gli unici due hotspot reali al mondo sono Suez e Hormuz, quelli possono bloccare il pianeta e far esplodere le economie. E inflazione. Lo Stretto di Taiwan è bypassabile con un re-routing quasi ordinario e richiedente qualche aggravio di tempo stimabile in ore e non giorni.

L’Ucraina ormai è il passato, ora si punta al bersaglio grosso per il mid-term. Almeno così pensano i mercati e le grandi potenze, coinvolte a vario titolo nel Risiko globale. E Mosca lo ha capito, alternando il bastone delle minacce energetiche alla carota di un negoziato che si basi sugli accordi di Istanbul di marzo. E sull’apertura a tempo di record addirittura di Nord Stream 2. L’Italia lo capirà o si farà trovare, come al solito, in posizione di fuorigioco in politica estera? Attenzione, però, perché il dato degli ordinativi industriali tedeschi parla chiaro: l’autunno potrebbe rivelarsi mortale. E senza più il parafulmine Draghi a Palazzo Chigi. In compenso, ci sarà il punto qualificante della sua agenda. Chiunque vinca.

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