Oro, adesso un nuovo fattore incide sulla quotazione

Alessandro Nuzzo

20 Agosto 2025 - 04:26

Continua l’interesse verso il bene rifugio per eccellenza con un aumento degli investimenti.

Oro, adesso un nuovo fattore incide sulla quotazione

Negli ultimi anni l’oro è tornato a brillare come bene rifugio per eccellenza, riaffermandosi come un punto fermo in tempi di instabilità economica e politica. A trainare questo movimento sono state soprattutto le banche centrali: dall’inizio della guerra in Ucraina nel 2022 hanno incrementato in maniera massiccia i loro acquisti, costruendo una solida base di prezzo che ha resistito per tre anni consecutivi. Questa rete di sicurezza ha impedito che il metallo prezioso subisse crolli improvvisi, consolidandone il ruolo centrale nei mercati.

La novità più recente, però, non riguarda più soltanto le istituzioni. Dopo anni di disinvestimenti, anche gli investitori privati e istituzionali stanno tornando sull’oro. Gli ETF, fondi che replicano l’andamento del metallo, hanno registrato dall’inizio del 2025 afflussi significativi, con un incremento di circa l’11%. Sebbene i volumi restino ancora inferiori del 17% rispetto al record del 2020, il cambio di passo è evidente e testimonia un rinnovato interesse globale.

Boom in Europa e Stati Uniti

Colpisce soprattutto il fatto che la tendenza stia coinvolgendo aree tradizionalmente più fredde nei confronti dell’oro. Se in Asia la domanda è storicamente stabile, in Europa e negli Stati Uniti l’oro sta tornando di moda dopo anni di disattenzione. Secondo gli esperti, questo fenomeno riflette un mutamento profondo: «Per la prima volta da molto tempo, gli americani stanno mettendo in discussione le loro tradizionali reti di sicurezza. L’oro offre una copertura millenaria», ha spiegato Ryan McIntyre, Managing Partner di Sprott.

A spingere questo ritorno sono fattori economici e politici intrecciati. Negli Stati Uniti il debito pubblico è ormai a livelli critici: il solo pagamento degli interessi assorbe oltre metà del deficit e rischia presto di inglobare l’intera crescita economica del Paese. Una situazione che minerebbe la sostenibilità del debito stesso, costringendo a stampare nuova moneta e indebolendo ulteriormente il dollaro. Per gli investitori questo è un campanello d’allarme che spinge a rifugiarsi in asset tangibili.

Accanto ai dati economici, pesano le incertezze politiche. Se i mercati hanno imparato a convivere con gli annunci tariffari del governo americano, molto più pericolosi sono i tentativi di intaccare l’indipendenza della Federal Reserve. Quando la fiducia nelle istituzioni viene erosa, sottolinea McIntyre, invertire la rotta diventa quasi impossibile. È in questi contesti che l’oro si riafferma come garanzia di stabilità, una risorsa capace di resistere al logorio della politica e delle crisi finanziarie.

Per gli investitori la raccomandazione è chiara: destinare almeno il 10% del proprio patrimonio a oro fisico. Non si tratta solo di protezione: il mercato dell’oro, relativamente contenuto in termini di dimensioni, reagisce in modo forte anche a incrementi moderati di domanda. In altre parole, bastano afflussi di capitali limitati per determinare variazioni significative nei prezzi.

Accanto all’oro, anche l’argento si sta ritagliando un ruolo interessante. Pur non avendo lo stesso status di bene rifugio universale, la sua scarsità relativa e il mercato ridotto possono portare a rialzi sproporzionati nei periodi di forte domanda. Per chi cerca diversificazione e opportunità speculative, l’argento rappresenta dunque una valida alternativa.

In un mondo segnato da debiti crescenti, incertezze geopolitiche e una crescente diffidenza verso le istituzioni, i metalli preziosi tornano così al centro delle strategie finanziarie globali. Oro e argento riaffermano il loro valore senza tempo: non semplici asset, ma strumenti di protezione e fiducia in un futuro sempre più incerto.

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