Nuovo stato di emergenza in Italia, questa volta preoccupano i migranti: cosa succederà adesso

Ilena D’Errico

11/04/2023

11/04/2023 - 23:16

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Gli sbarchi di migranti riportano un aumento del 300% e il governo italiano ha dovuto varare lo stato di emergenza. Ecco cosa significa e cosa succederà adesso.

Nuovo stato di emergenza in Italia, questa volta preoccupano i migranti: cosa succederà adesso

Il governo ha deliberato un nuovo stato di emergenza in Italia a causa della situazione migranti. Nulla a che fare con l’emergenza sanitaria e le restrizioni dovute alla pandemia, bensì un rimedio per affrontare la crescita esponenziale degli sbarchi. Non si tratta, ovviamente, di una soluzione definitiva, infatti il ministro Musumeci ha sollecitato. l’intervento dell’Unione europea.

Stato di emergenza causa migranti, cosa succederà adesso in Italia

Lo stato di emergenza è stato deliberato dal governo su proposta di Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare. L’obbiettivo è quello di arginare i problemi dovuti all’eccezionale flusso migratorio dalle rotte del Mar Mediterraneo, che ha registrato un aumento del 300%. Lo stato di emergenza durerà 6 mesi, grazie al sostegno di un primo finanziamento da 5 milioni di euro.

Lo stato di emergenza non ha particolari riflessi sulla vita dei cittadini, ma consente al governo di agire sul fronte migranti in maniera più tempestiva ed efficace, nella speranza di contenere così gli effetti dei prossimi sbarchi in arrivo, presumibilmente in continua crescita. In particolare, durante lo stato di emergenza si potranno mettere a disposizione dei migranti delle soluzioni d’accoglienza adeguate con procedure velocizzate. Si prevede, poi, un miglioramento della collaborazione con la Protezione civile e la Croce Rossa italiana, così da beneficiare delle dotazioni di mezzi ed esperienza per un obbiettivo comune.

Un secondo punto dello stato di emergenza riguarda, invece, il potenziamento dei Centri di permanenza per il rimpatrio, al fine di identificare ed espellere i non aventi diritto in tempi più veloci. I Cpr sono strutture per l’appunto destinate a trattenere i migranti che sono in attesa dell’espulsione, dopo che è stato convalidato tale provvedimento.

In estrema sintesi, lo stato di emergenza per la situazione migranti si articola principalmente sulla via assistenziale e sull’esecuzione dei provvedimenti di espulsione. In questo modo si dovrebbe garantire l’accoglienza per coloro che la necessitano senza che rimangano in balia delle lungaggini burocratiche, ma allo stesso tempo si darà il via ai tanti procedimenti di espulsione che pur convalidati non sono stati eseguiti. Il fronte del governo sembra quindi essere l’idea di garantire l’assistenza soltanto a chi ne ha bisogno, anche grazie alleggerendo le strutture dai migranti che non hanno diritto alla permanenza in Italia.

Con questo stato emergenziale della durata di 6 mesi si dovrebbe quindi far fronte alle esigenze primarie, mentre si attende un intervento più ampio e coeso da parte dell’Unione europea per una risoluzione vera e propria. Il ministro Musumeci, motivando la proposta dello stato di emergenza, ha infatti ricordato che:

Sia chiaro, non si risolve il problema, la cui soluzione è legata solo ad un intervento consapevole e responsabile dell’Unione europea.

Il Consiglio dei ministri, dando notizia dello stato di emergenza sul territorio nazionale, ha quindi rassicurato sul fatto che stanno proseguendo i lavori con l’Unione europea per rintracciare una strategia comune sul tema dell’immigrazione. Oltre al fondamentale tema dell’assistenza ai migranti, lo stato di emergenza dovrebbe consentire anche l’avvio di procedure atte a diminuire il carico sopportato dalle Regioni italiane, in particolar modo dalle Isole che non riescono ad affrontare questo elevato numero di sbarchi senza un aiuto da parte del governo.

Oltre all’adeguamento dei soccorsi, si auspicano anche degli interventi volti a neutralizzare la mafia degli scafisti, per utilizzare le parole del ministro Musumeci. Un motivo in più per il quale il governo sollecita l’attuazione di un piano europeo, che dovrebbe tener conto delle molteplici esigenze in gioco.

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