Non solo tassi, ecco qual è l’altro problema per la Bce. E per l’Italia

Violetta Silvestri

24/10/2023

25/10/2023 - 09:20

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La Bce ha un nodo da sciogliere che non riguarda i tassi di interesse. Qual è il problema da risolvere nella prossima riunione di ottobre e perché interessa, soprattutto, l’Italia.

Non solo tassi, ecco qual è l’altro problema per la Bce. E per l’Italia

La questione del rialzo dei tassi non è l’unica a innervosire la Bce, pronta alla riunione del 26 ottobre. C’è un’altra questione delicata che probabilmente Lagarde e gli altri membri dovranno discutere, con conseguenze non meno impattanti sulla stabilità finanziaria della regione.

Si tratta del cosiddetto Quantitative Tightening, ovvero della politica di riduzione del bilancio. C’è una crescente pressione sulla Banca centrale europea affinché riconsideri la tempistica con cui inizierà a ridurre l’enorme quantità di obbligazioni da 1.700 miliardi di euro acquistata durante la pandemia, per non rischiare di disorientare i mercati in futuro.

Sul tavolo dell’Eurotower in questo importante incontro di ottobre, ci sovrebbe essere la questione della fine dei reinvestimenti nell’ambito del programma PEPP prima dell’attuale limite di fine 2024. Ciò allineerebbe completamente gli sforzi di inasprimento quantitativo con la politica dei tassi di interesse, che ha prodotto 10 aumenti consecutivi senza precedenti per riportare l’inflazione verso il 2%.

Perché questa decisione è importante, cosa può fare la Bce e perché coinvolge in primis l’Italia.

La Bce e il dilemma sulla riduzione del bilancio

La Bce doverebbe affrontare in riunione il tema sulla possibilità di inasprire la politica monetaria anche attraverso il bilancio.

In discussione è se smettere di reinvestire i proventi di un portafoglio di 1,7 trilioni di euro, acquistato in risposta alla pandemia, prima del previsto.

La recente svendita nei mercati obbligazionari, che ha portato i costi di finanziamento del governo ai livelli più alti degli ultimi dieci anni, ha tuttavia reso alcuni nervosi riguardo alla riduzione del bilancio.

Diverse voci affermano che la Bce ha ancora bisogno della flessibilità necessaria per destinare maggiormente i proventi delle obbligazioni in scadenza al debito di qualsiasi Paese colpito da una forte divergenza, o frammentazione, nei costi di finanziamento rispetto ad altri. E in questa valutazione, il primo pensiero va all’Italia, con lo spread Btp-Bund oltre i 200 punti che ha fatto già scattare un nuovo allarme instabilità.

Il punto è che, con la possibilità di investire i proventi dei titoli in scadenza nei 20 membri del blocco valutario, alcuni politici sono cauti nel rinunciare a tali somme qualora i mercati del debito dovessero spaventarsi per il crescente impatto degli rialzi della Bce fino a oggi.

La flessibilità è stata utilizzata subito dopo la sua introduzione, poiché i funzionari hanno orientato i reinvestimenti verso Italia, Spagna e Portogallo e lontano da Germania e Francia.

C’è quindi divergenza sul da farsi. C’è una “forte argomentazione a favore dell’interruzione dei reinvestimenti del PEPP prima della fine del prossimo anno” perché ciò sarebbe “coerente con la nostra politica dei tassi di interesse”, ha affermato il mese scorso Madis Muller, membro del Consiglio direttivo.

“Ci sono sicuramente alcuni membri del Consiglio direttivo che saranno preoccupati”, ha detto Ulrike Kastens, economista presso il gestore patrimoniale tedesco DWS. “D’altro canto, i reinvestimenti obbligazionari sono in una certa misura espansivi, quindi non si adattano più al panorama”.

I commenti dei politici nelle ultime settimane mostrano che il Consiglio direttivo è lontano da un consenso. Un sondaggio di Bloomberg ha mostrato che il 43% degli economisti si aspetta che la Bce anticipi la fine dei reinvestimenti del PEPP, in aumento rispetto al 39% precedente.

Perché l questione del bilancio Bce interessa l’Italia

Poter utilizzare i proventi dalle obbligazioni in scadenza nel portafoglio della Bce significa, in pratica, utilizzare quella liquidità per acquistare titoli di Stato dove il mercato obbligazionario è più in difficoltà. E qui spunta il problema Italia.

I costi di finanziamento dell’Italia sono già aumentati più di quelli della Germania a causa delle preoccupazioni per il crescente deficit fiscale di Roma, portando lo spread tra i rendimenti dei titoli a 10 anni dei due Paesi sopra il 2% per la prima volta da mesi.

“Dato l’aumento dei rendimenti a lungo termine – con i rendimenti italiani a 10 anni intorno al 5% e ulteriori rischi fiscali – ci aspettiamo che la Bce si muova con cautela”, ha affermato Sven Jari Stehn, economista di Goldman Sachs.

L’ultima disfatta dei bond italiani ricorda quanto velocemente la fiducia degli investitori possa svanire. Perfino alcuni falchi della Bce, come lo sloveno Bostjan Vasle, esitano a rinunciare a uno strumento che potrebbe riportare la calma, se necessario.

La questione è che, in un momento in cui il debito pubblico italiano non è attraente e non viene acquistato, anzi si assiste al sell-off delle obbligazioni, il prezzo dei titoli di Stato si abbassa per poca domanda e i rendimenti si impennano (questi vanno a gravare sulle spese dello Stato che deve pagare gli interessi).

Un intervento della Bce favorirebbe un equilibrio, poiché andrebbe ad acquistare il debito, quindi ad aumentare la domanda, facendo anche crescere la liquidità disponibile nelle casse dello Stato.

Ma tutto questo è contrario alla politica restrittiva per frenare l’inflazione.

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