Un’inchiesta di Milena Gabanelli e di Mario Gerevini per il Corriere rivela come la holding di Yonghong Li in Cina sia insolvente già dal febbraio 2017.
Quando a inizio anno Silvio Berlusconi, ospite del salotto televisivo della D’Urso, aveva definito il nuovo presidente del Milan come un “protagonista dell’industria cinese” ribadendo la sua solidità economica, ci eravamo permessi di formulare una semplice domanda all’ex premier: qual è allora il lavoro di Yonghong Li?
Un quesito questo al quale hanno provato a rispondere Milena Gabanelli e Mario Gerevini che, tramite la striscia di approfondimento Dataroom all’interno del sito del Corriere della Sera, hanno scoperto come la holding principale di Yonghong Li sia insolvente dal febbraio 2017 e in richiesta di liquidazione per bancarotta dallo scorso 8 gennaio.
Il Milan acquistato da un insolvente?
Non c’è pace per il Milan. Proprio adesso che la squadra pareva aver ingranato la marcia giusta grazie alla cura Gattuso, sono di nuovo le indiscrezioni societarie ad agitare le acque in casa rossonera.
Sul passaggio di mano alla guida del club dalla famiglia Berlusconi all’uomo d’affari cinese Yonghong Li sono stati scritti fiumi di parole. Nella sua rubrica Dataroom sul Corriere della Sera, Milena Gabanelli però ha voluto approfondire la questione con l’ausilio di Mario Gerevini.
La scoperta è di quelle capaci di farci sobbalzare dalla proverbiale sedia: quando nell’aprile dello scorso anno sono state poste le firme finali sull’acquisizione del Milan, Yonghong Li era già stato dichiarato insolvente in patria da due mesi.
Nel momento cui nell’estate del 2016 il nuovo presidente del club si presentò come potenziale acquirente della società rossonera, la sua solidità economica veniva garantita dal possedimento in Cina di una miniera di fosforo e da una holding, la Jie Ande, che vantava una partecipazione dell’11% in una grossa compagnia di imbottigliamento cinese (Zhuhai Zhongfu) quotata anche in Borsa.
Lo scorso autunno fu un’inchiesta del New York Times a rivelare come in realtà Yonghong Li non possedesse nessuna miniera in Cina, aggiungendo anche che la famiglia del patron del Milan in passato era stato al centro di vicende finanziarie torbide.
Tolte le miniere, adesso però è la cassaforte di Yonghong Li a finire nel mirino. La Jie Ande infatti nel febbraio 2017, visto il mancato pagamento dei debiti verso la Jangsu Bank, è stata condannata da un Tribunale a vendere la sua partecipazione nella Zhuhai Zhongfu per rientrare del dovuto.
La vendita all’asta della partecipazione però è stata bloccata nel gennaio 2018, quando la Banca di Canton ha fatto sapere che anch’essa deve avere dei soldi da Yonghong Li: giorni dopo, un altro Tribunale decreta l’inizio della procedura di liquidazione per bancarotta della Jie Ande.
Ricapitolando, l’unica appurata società riconducibile al presidente del Milan è in stato liquidazione per bancarotta, con Yonghong Li che avrebbe avuto problemi di insolvenza fin dal febbraio 2017 ovvero prima di portare al termine l’acquisto del club rossonero.
Aumentano i dubbi
Dopo lo scoop del Corriere, sono diverse le domande che sorgono spontanee. Oltre ai 300 milioni prestati dal Fondo Elliott, dove ha trovato Yonghong Li i restanti 440 milioni per comprare il Milan visto che in patria è rincorso dai creditori? In base a quali credenziali di solidità finanziaria poi la Lega di Serie A ha dato il via libera per l’iscrizione al campionato del club?
Con una miniera fantasma e la propria cassaforte di famiglia dichiarata insolvente, rimane difficile capire come sia l’advisor che ha curato la vendita che tutti gli altri attori in ballo abbiano potuto ritenere valide le garanzie economiche offerte dall’uomo d’affari cinese.
Tra acquisizione del club, ricapitalizzazione e soldi spesi per il calciomercato, Yonghong Li a partire dall’agosto 2016 quando venne versata la prima caparra da 100 milioni ha sborsato per il Milan più o meno 1 miliardo di euro.
Come abbia fatto rimane un mistero visto la richiesta di bancarotta per la Jie Ande. Nel mezzo poi c’è la bocciatura da parte dell’Uefa per la richiesta di Voluntary Agreement, mentre in autunno dovrà essere rimborsato il prestito (più interessi) al Fondo Elliott che in caso di mancato pagamento diventerà il nuovo proprietario del club.
Il mistero quindi si fa sempre più fitto. Non rimane che aspettare chiarimenti da parte della nuova proprietà dei rossoneri, ma le spiegazioni in merito a questa vicenda dovrebbero arrivare da più fronti a partire da chi ha sempre garantito sulla solidità economica di Yonghong Li.
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