Difficile difendere una performance negativa che perdura da oltre quattro anni. La ripresa del mercato obbligazionario non è ancora sufficiente.
Questi sono giorni importanti per gli investitori in titoli obbligazionari o più genericamente per tutti coloro che hanno impiegato il loro patrimonio negli scorsi anni nell’asset class “più tranquilla” tra le possibili candidate.
Come noto, l’intero scenario della cosiddetta curva dei tassi di interesse è mutato drasticamente rispetto al prolungato e storico periodo della soglia inferiore allo zero. Oggi, per il risparmiatore che vuole dormire sonni tranquilli (con il sempre valido disclaimer sull’eventuale rischio emittente), una percentuale che gravita attorno al 2% annuo può essere facilmente conseguita rimanendo nell’area euro. Questo per scongiurare un eventuale rischio cambio.
Guardando al valore assoluto di questi due punti percentuali non si può commentare nulla in termini di convenienza o meno, infatti, oggi, il mercato prezza “solo” questo e, pertanto, ogni altro diverso ammontare sarà sinonimo di eventuali assunzioni (o meno) di rischio oppure di inefficienza strutturale dello strumento finanziario impiegato. Accantonato il “dossier rendimenti” attuali, rimane ancora aperto un altro e delicato “dossier rendimenti” ovvero quello riguardante il passato.

Tralasciando volutamente la dinamica dei singoli titoli obbligazionari ed, invece, focalizzando l’attenzione sul più consueto e tradizionale benchmark obbligazionario governativo internazionale, le risultanze che saltano subito all’occhio sono decisamente evidenti. Il Bloomberg Global-Aggregate Total Return Index Value Unhedged Usd, quale rappresentante dell’asset class bond, appare ancora in forte difficoltà rispetto ai massimi conseguiti sul finire del 2020: -12,09% è la flessione in termini assoluti nel periodo di osservazione compreso tra dicembre 2020 e gli odierni prezzi.
Come evidente, dopo oltre quattro anni, l’investitore obbligazionario vede (ancora) il suo patrimonio in forte flessione nonostante i segnali di ripresa degli ultimi mesi. Prudenzialmente, salvo inconsuete e nefaste condizioni, si può affermare che il destino dell’intera asset class bond sembra poter essere classificato come “certo”. Le azioni in capo alle diverse politiche monetarie internazionali (Fed e Bce su tutte) appaiono orientate ad una sensibile riduzione dei tassi di interesse e, di fatto, questo potrà favorire (come finora accaduto) un più mite andamento al rialzo delle quotazioni.
Come sottolineato attraverso il precedente virgolettato nulla, però, può essere considerato certo ancor più se si dovesse estendere l’osservazione all’attuale scenario geopolitico internazionale. Un dato concreto, però, emerge: monitorando i valori su base settimanale del Bloomberg Global-Aggregate Total Return Index Value Unhedged Usd, gli odierni livelli, ritrovano verosimilmente l’area di minimo dei prezzi del 2020. Questo riscontro, seppur circoscritto, può certamente acquietare tutti coloro che allocarono il loro patrimonio sul mercato obbligazionario in quel tragico momento.
Consapevoli che ogni forma di investimento deve rispettare il cosiddetto rapporto rischio/rendimento su un orizzonte temporale adeguato (o come indicato da prospetto), in questa nostra sede, però, vogliamo riportare all’attenzione degli interessati quanto si può trarre da una costante e puntuale analisi del singolo sottostante rappresentativo di ciascuna asset class.
Rimanendo, quindi, in tema di mercato obbligazionario ed avendo individuato il già citato benchmark Bloomberg Global-Aggregate Total Return Index Value Unhedged Usd, quello che facilmente si può constatare dal punto di vista tecnico è questo. L’avvenuta e significativa performance YTD (year to date) di oltre sei punti percentuali pone l’indice a ridosso di una importante soglia (quota 494,71 punti) che, di fatto, corrisponde alla chiusura weekly messa a segno nel marzo 2020.
Operativamente, inoltre, in sede algoritmica i principali leading indicators evidenziano un accentuato e prolungato ipercomprato che, inevitabilmente, dovrà trovare un suo fisiologico downside nell’arco delle prossime settimane. Come ovvio, se ciò dovesse accadere, il tutto rappresenterebbe la stretta e più diretta conseguenza di un già avvenuto ribasso sul mercato. Senza alcun intento di estremizzare l’attuale momentum, nasce spontaneo, il naturale quesito: valutare l’opzione di una vendita (anche parziale) dell’asset class finora detenuta? Se interpellata, la virtù della prudenza, sarebbe molto categorica e senza alcun dubbio o fraintendimento sul da farsi.
Poi, però, ci sarebbe spazio per un’altra importante virtù: la giustizia. È corretto vendere (anche solo momentaneamente) nonostante l’orizzonte temporale privilegia una logica di lungo periodo? La risposta, seppure (volutamente) provocatoria, è facile ed immediata: chiediamo agli stessi investitori-fruitori del mercato obbligazionario che, ancora oggi, vedono una perdita sul loro patrimonio.
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