Mascherine a scuola: è possibile ottenere un risarcimento? Le sentenze

Francesca Nunziati

29/04/2022

02/12/2022 - 11:05

condividi

I DPCM che hanno stabilito l’obbligo di mascherine a scuola per i bambini sotto i 12 anni sono stati dichiarati illegittimi, ai soli fini risarcitori, da una sentenza del Tar. Analizziamola insieme.

Mascherine a scuola: è possibile ottenere un risarcimento? Le sentenze

L’obbligo di indossare le mascherine a scuola per i bambini sotto i 12 anni rientra nei DPCM del 3 dicembre 2020 e del 14 gennaio 2021. In particolare tutto ruota attorno alla parte in cui impongono l’uso delle mascherine a scuola anche in situazioni di rispetto delle distanze previste dalla normativa emergenziale Covid-19.

Il provvedimento di gennaio del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato considerato illegittimo da una nota sentenza del Tar, la n. 9343 del 2021 poiché non è stata prevista alcuna misura al fine di garantire che un minore, pur privo di patologie conclamate, potesse essere esonerato dall’uso della mascherina in classe qualora risentisse di cali di ossigenazione o di altri disturbi o difficoltà.

Il DPCM impugnato, ad avviso della sentenza del Tar del 2021, si discosterebbe dalle risultanze del Comitato tecnico scientifico (CTS) senza motivare e senza richiamare le ipotesi ritenute prevalenti rispetto al parere tecnico-scientifico del CTS. Va sottolineato però che il provvedimento del Tribunale Amministrativo del Lazio, di cui parleremo a breve, ha accolto soltanto in parte il ricorso presentato, compensando le spese di giudizio tra le parti.

Analizziamo insieme l’iter giurisprudenziale che è sfociato poi in questo provvedimento amministrativo del 2021.

Analisi giurisprudenziale e possibilità di fare causa

Iter giurisprudenziale

Prima di tratTare analiticamente la sentenza del Tar, già il Consiglio di Stato, con il decreto 26 gennaio 2021 n. 304, aveva preso a cuore la questione dell’obbligatorietà della mascherina per alunni minori.
In particolare il Consiglio di Stato sospendeva l’obbligo di indossare la mascherina per un alunno con difetti di ossigenazione certificati e causati dall’uso prolungato del dispositivo di protezione individuale durante l’intero orario di lezione.

Il pericolo di affaticamento respiratorio, in mancanza di costante verificabilità tramite saturimetro (che in quella classe non era presente) è stato infatti considerato troppo grave ed immediato. Si precisa che nella classe frequentata dalla minore, non risultava essere disponibile neppure un apparecchio di controllo della ossigenazione, strumento di costo minimo e semplicissima utilizzabilità in casi come quello prospettato, ad opera di ogni insegnante, per intervenire ai primissimi segnali di difficoltà respiratoria.

Con questa sentenza del Consiglio di stato veniva dunque accolta l’istanza cautelare proposta dai genitori di una bambina per la riforma della pronuncia del Tar Lazio concernente l’obbligo di mascherina a scuola continuativo per minori infra dodicenni.

Analisi della sentenza del Tar

La sentenza del Tar Lazio del 9 agosto 2021 n. 9343 veniva emessa a seguito di un procedimento amministrativo iniziato con un ricorso introduttivo in cui i ricorrenti, tutti studenti delle scuole primarie e secondarie (con i relativi soggetti esercenti la potestà parentale), avevano impugnato la disposizione contenuta nell’art. 1 comma 1 lett. b) e comma 9 lett. s) del DPCM del 14 gennaio 2021 che obbligava gli studenti ad indossare le mascherine a scuola anche in situazione di staticità al banco nel rispetto delle distanze previste dalla normativa emergenziale.

In particolare, i ricorrenti lamentavano l’abnormità e illogicità nonché il difetto di motivazione e di istruttoria. A loro dire non risultavano ragioni specifiche per le quali la mascherina non potesse essere rimossa in condizioni di staticità, quando era cioè possibile garantire il distanziamento fra i banchi, come consigliato dall’OMS e dall’Unicef, oltre che dallo stesso Comitato Tecnico Scientifico (CTS).

Quel DPCM per i ricorrenti era da considerare illogico, privo di motivazione, tecnicamente implausibile e, altresì, foriero di potenziali danni alla salute psico-fisica dei bambini, richiamando in proposito alcuni studi scientifici. L’amministrazione pubblica si costituiva in giudizio sostenendo la legittimità dei provvedimenti impugnati in base ai principi di precauzione, proporzionalità e adeguatezza in funzione del contesto epidemiologico. I due gruppi di intervenienti, tutti parimenti genitori di studenti della scuola primaria e secondaria, formulavano doglianze di analogo tenore.

Con ordinanza n. 1222 del 26 febbraio 2021 la sezione ha accolto l’istanza cautelare disponendo un remand all’amministrazione perché rivalutasse la prescrizione impugnata. Con motivi aggiunti, gli stessi ricorrenti hanno impugnato la analoga disposizione contenuta nel DPCM 2 marzo 2021. L’amministrazione ha resistito anche a tale gravame. Con ordinanza n. 2237 del 15 aprile 2021 la Sezione ha respinto l’ulteriore istanza cautelare atteso che l’efficacia del DPCM impugnato era ormai spirata.

In vista della trattazione del merito la parte ricorrente depositava una memoria conclusiva in cui dichiarava la persistenza dell’interesse alla decisione ai fini di una eventuale azione risarcitoria.
Un aspetto importante da considerare nello studio del processo che ha portato all’emanazione del provvedimento del Tar è che il DPCM impugnato e tutti gli altri che ne avevano riprodotto fedelmente gli stessi obblighi, in quel momento avevano ormai cessato i propri effetti.

Quindi preliminarmente il Collegio giustamente rilevava l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della domanda di annullamento di tutti gli atti impugnati, che hanno cessato di produrre i loro effetti. In estrema sintesi i ricorrenti, in qualità di studenti (con i relativi genitori) che frequentavano la scuola primaria e secondaria, lamentavano che l’imposizione dell’obbligo di indossare la mascherina, per tutto il tempo delle lezioni “in presenza”, sia stata immotivata e viziata da difetto di istruttoria in quanto adottata in contrasto con le indicazioni fornite dal Comitato tecnico Scientifico e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, senza però fornire alcun supporto a sostegno di tale determinazione.

Lamentavano che non era stata adottata alcuna misura al fine di garantire che un minore, pur privo di patologie conclamate, potesse essere esonerato dall’uso della mascherina in classe ove potesse risentire di cali di ossigenazione o di altri disturbi o difficoltà. Lamentavano, inoltre, che la suddetta imposizione sia stata sproporzionata e irragionevole laddove gli istituti scolastici siano in grado di garantire il distanziamento fra i banchi.

Sul punto il Collegio del Tar ha fatto un espresso rinvio ad un’altra sua decisione sempre relativa all’impugnazione di un DPCM: si tratta della sentenza n. 2102 del 19 febbraio 2021 in cui era stata rilevata l’illegittimità del DPCM del 3 novembre 2020 per sostanziale difetto di istruttoria, per irragionevolezza e per contrasto con le indicazioni del CTS. In questo provvedimento (antecedente a quello oggetto del presente articolo) i giudici quindi si erano soffermati sulla legittimità o meno dell’imposizione dell’obbligo per i bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni di indossare la mascherina per il tempo delle lezioni “in presenza” di cui alla norma censurata e l’hanno ritenuta illegittima dopo un’ampia disamina di tutte le posizioni offerte in giudizio.

In primo luogo il Tar, con quella decisione, aveva rilevato come il CTS stesso non avesse imposto l’uso della mascherina, prevedendo, come essenziale, il mantenimento del distanziamento fisico, mentre il DPCM impugnato discostandosi, quindi, dal CTS avrebbe fatto permanere l’obbligo della mascherina anche durante l’orario scolastico, senza motivare il proprio diverso orientamento, né richiamando evidenze istruttorie. Per tale motivo il Tar ha ritenuto fondata la censura relativa all’imposizione, indiscriminata, della mascherina anche negli istituti scolastici che hanno adottato misure per garantire il distanziamento tra i banchi.

Ed ancora i giudici amministrativi hanno rilevato come gli atti impugnati fossero da censurare anche sotto il profilo del non corretto esercizio della discrezionalità amministrativa sotto forma dell’eccesso di potere. Circa poi l’eccezione sollevata dai ricorrenti sulla mancanza osservanza del principio di precauzione, i giudici hanno operato una sottile distinzione tra precauzione e prevenzione, sostenendo come nel caso di specie pur essendo innegabile che le misure adottate per fronteggiare l’emergenza saniTaria in corso fossero ispirate al principio di precauzione, proprio a causa della carenza di motivazione, si debba dubiTare che sia stato compiuto appieno quel giudizio di “stretta necessità” attraverso il quale si declina il principio di precauzione stesso.

Si tratta degli stessi vizi ravvisabili anche nel successivo DPCM del 14 gennaio 2021, oggetto di impugnazione, la cui base istruttoria è rimasta sostanzialmente immodificata.

In conclusione il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio:

  • ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti;
  • ai soli fini risarcitori, ha dichiarato l’illegittimità del DPCM del 14 gennaio 2021, nei limiti di cui in motivazione;
  • ha compensato le spese del giudizio fra tutte le parti.

Si può pertanto affermare che la sentenza n. 09342/2021 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, ai soli fini risarcitori, ha dichiarato l’illegittimità del DPCM del 3 dicembre 2020 e del DPCM del 14 gennaio 2021.

In virtù di tale provvedimento vi è la possibilità quindi per i ricorrenti e per i soggetti intervenuti nel giudizio, di intraprendere una nuova azione per chiedere il risarcimento dei danni subiti, sia patrimoniali che non patrimoniali.

Come fare causa

Fermo restando quanto sancito con la sentenza del Tar, e la possibilità per ogni privato di tutelare i propri diritti nominando un legale di fiducia, è interessante l’iniziativa proposta dal Comitato per le libertà costituzionali. Infatti attraverso il loro sito è possibile aderire ad una class action in ordine al risarcimento del danno per illegittimità dei DPCM del 3 dicembre 2020 e del DPCM del 14 gennaio 2021 per mancanza dell’esenzione e delle circostanze di esenzione per i minori infra dodicenni come previsto dalle indicazioni internazionali Oms e Unicef.
Per aderire a tale azione e procedere al conferimento per relativo incarico bisognerà compilare il format che segue versando un esiguo importo.

Nella scheda da compilare si specifica inoltre che qualora invece il minore infra dodicenne avesse subito non solo danni generici non patrimoniali ma anche gravi danni alla salute, dimostrati da analisi, certificati medici, perizie psicologiche o altro, si potrà promuovere un’azione personalizzata da valuTare con il team giuridico caso per caso.

Conclusioni

C’è un aspetto che è apparso subito rilevante nella vicenda di cui si è trattato: il DPCM che è stato impugnato nel giudizio al Tar e tutti gli altri che ne hanno riprodotto fedelmente gli stessi obblighi, hanno ormai cessato i propri effetti. Sono cioè in qualche modo “scaduti”. Quindi, sotto questo aspetto è del tutto inutile avviare nuove cause o comunque richiamarsi alla pronuncia in questione per eviTare di porTare le mascherine in classe o in qualsiasi altro luogo.

Infatti, come abbiamo visto, il Tar Lazio, pur entrando nel merito della questione e sancendo l’astratta illegittimità del DPCM, ha prima dichiarato improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse della domanda di annullamento, proprio perché l’atto impugnato ha cessato ogni effetto.
A cosa serve pertanto la pronuncia del tribunale amministrativo? Per consentire la prosecuzione del giudizio civile rivolto a ottenere il risarcimento del danno, se mai un danno verrà dimostrato.

Iscriviti a Money.it