Licenziata dalla farmacia perché senza diploma, ottiene il risarcimento in tribunale

Ilena D’Errico

11 Ottobre 2025 - 20:29

Prima viene licenziata perché sprovvista del diploma, poi la farmacia in tribunale deve anche riconoscerle un risarcimento. Ecco com’è stato possibile.

Licenziata dalla farmacia perché senza diploma, ottiene il risarcimento in tribunale

Una recente causa di lavoro sta suscitando parecchio clamore in Francia, ma anche molta confusione tra lavoratori e datori, preoccupati dall’esito incerto della vicenda. In sintesi, una dipendente assunta nel 1998 come tecnico farmaceutico ha subito un licenziamento disciplinare poiché sprovvista di diploma. Un provvedimento confermato in giudizio fino alla Corte di Cassazione francese, che ha ribaltato tutto e sanzionato il datore di lavoro, chiedendo il riesame della Corte d’Appello.

C’è ancora da attendere per scoprire quale sarà la conclusione finale, ma la Suprema Corte ha definito in maniera incontrovertibile la responsabilità del datore. Proprio questo punto crea delle perplessità ai tanti cittadini che hanno appreso la notizia, italiani compresi, visto che apparentemente c’è una colpa grave del dipendente. Proviamo quindi a ricostruire i fatti e capire cosa ha motivato i giudici per arrivare a questa conclusione, facendo anche un confronto con l’ordinamento italiano.

Licenziata perché senza diploma ottiene il risarcimento

Per capire la conclusione, seppur parziale, di questa vicenda bisogna necessariamente partire dalle origini. A tal proposito, è necessario anche chiarire che il diploma a cui si riferiscono le autorità francesi è un titolo di studio specifico richiesto per l’esercizio di alcune professioni. Per fare il tecnico farmaceutico in Francia non serve la laurea ma non basta neanche il semplice diploma di scuola superiore, serve invece il diplôme d’État. In ogni caso, la farmacia interessata si è accorta che una dipendente era sprovvista del titolo di studio necessario per esercitare la professione soltanto dopo quasi vent’anni, complici i vari cambiamenti alla direzione e alla proprietà della farmacia.

Era infatti la fine del 2017 quando la farmacia è stata interessata da un controllo a campione dell’Agenzia sanitaria regionale. Nell’ispezione è emersa la mancanza dei titoli di studio di una lavoratrice assunta 19 anni prima, che è stata sollecitata a presentarli, ma senza successo. Così, dopo numerose richieste fallimentari alla lavoratrice, nel frattempo in congedo per malattia, che è stata prima sospesa e poi licenziata. Nella lettera di licenziamento è stata citata la “menzogna” della lavoratrice, accusata di aver violato il dovere di buona fede, quello a cui noi italiani ci riferiamo comunemente come vincolo fiduciario.

La donna ha però contestato queste accuse, dichiarando che in fase di assunzione non aveva mai mentito sulla sua istruzione, né peraltro omesso la mancanza del diploma. Secondo la sua ricostruzione il datore di lavoro che l’ha assunta in primo luogo conosceva questa situazione ma aveva comunque deciso di inserirla al lavoro con una sorta di formula speciale, in cui il suo operato era sottoposto a un’approvazione finale. In ogni caso, la farmacia ha poi cambiato proprietari e quindi datori di lavoro, ma il contratto della donna - complice l’esperienza così accumulata - è stato rinnovato.

Presumibilmente, i titoli di studio e le altre condizioni non sono più state controllate, i dipendenti sono semplicemente stati confermati senza ulteriori verifiche. Così la vicenda è finita in tribunale, poiché c’è stata opposizione al licenziamento. In primo grado la dipendente ha avuto ragione, la giusta causa non è stata ritenuta sussistente vista la negligenza del datore rispetto ai controlli, chiamato a corrispondere anche un risarcimento da 34.000 euro. La Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, che si è rovesciata nuovamente in Cassazione. Ora la Corte d’Appello dovrà rivalutare il caso, tenendo conto della corresponsabilità del datore di lavoro per la propria negligenza.

Cosa c’è da sapere

Questa storia ricorda il dovere, spesso trascurato, dei datori di lavoro in merito al controllo di requisiti essenziali di questo genere per il proprio personale. Non si tratta infatti di requisiti generici scelti dall’azienda, ma di veri e propri obblighi di legge la cui inosservanza comporta sanzioni civili e penali. Il dipendente che nasconde un elemento così importante è certamente sanzionabile, ma il licenziamento per giusta causa richiede una violazione grave e irreparabile del vincolo fiduciario di cui deve essere dimostrata la malafede.

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