Rientro dei cervelli: come funziona il regime di tassazione per i lavoratori impatriati

Caterina Gastaldi

27 Maggio 2022 - 09:02

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Ecco chi sono i lavoratori impatriati e quali sono i vantaggi e i benefici per coloro che decidono di trasferirsi in Italia.

Rientro dei cervelli: come funziona il regime di tassazione per i lavoratori impatriati

Il regime di tassazione agevolata dedicato ai lavoratori impatriati è stato confermato anche per il 2022 attraverso la Legge di Bilancio.

Questa misura, che negli anni ha subito diverse modifiche e ampliamenti, è stata ideata per incentivare il rientro dall’estero di coloro che dalla Penisola si sono trovati a spostarsi per lavoro all’estero, ma anche per invogliare i cittadini stranieri a spostare le loro attività in Italia.

Si tratta, per l’appunto, di agevolazioni fiscali per una determinata quantità di anni, per quei contribuenti che decidono di spostare la propria residenza fiscale per un periodo minimo di tempo.

Chi sono i lavoratori impatriati

Nel 2019 è stata allargata la platea delle persone per cui sono disponibili gli incentivi. Non è più necessario che il lavoro svolto all’estero sia caratterizzato da una qualificazione elevata, una posizione direttiva, oppure di specializzazione.

A essere definiti “lavoratori impatriati” sono i contribuenti che rientrano in Italia dopo un periodo di lavoro all’estero, percepiscono un reddito di lavoro dipendente o assimilato e/o redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia.

Per poter essere essere considerati lavoratori impatriati è anche necessario rientrare nei requisiti del comma 1 o del comma 2 dell’articolo 16 del dlgs. n. 147/15, alternativi tra loro.

I requisiti del comma 1 sono dedicati a tutti i cittadini, dell’Unione Europea e non, che trasferiscono in Italia la residenza fiscale dal 2016 e permettono di accedere alla tassazione ridotta del reddito. Tali requisiti sono:

  • il lavoratore deve impegnarsi a trasferire la sua residenza fiscale in Italia per almeno due anni;
  • il lavoratore non deve essere stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il rimpatrio;
  • l’attività lavorativa dovrà essere svolta prevalentemente su territorio italiano.

Alternativamente, i requisiti del comma 2, riferiti questa volta ai soli cittadini dell’Unione Europea o di Stati con accordi, a patto che abbiano risieduto continuativamente per almeno 24 mesi in Italia e che, seppure residenti nel proprio Paese di origine, prevedono che:

  • negli ultimi 24 mesi sia stata svolta continuativamente un’attività di lavoro, dipendente o autonomo, o un’attività di impresa fuori dal proprio Paese e dall’Italia e siano in possesso di un titolo di laurea;
  • negli ultimi 24 mesi sia stata svolta in modo continuativo un’attività di studio fuori del proprio Paese d’origine e dall’Italia, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post laurea.

Come specificato anche nella risposta dall’Agenzia delle Entrate all’interpello 34/2019, a poter usufruire del comma 1, a differenza di quelli del comma 2, sono anche i cittadini extraeuropei che scelgono di trasferirsi in Italia, nel momento in cui i requisiti richiesti vengono soddisfatti.

Come funziona la tassazione

I lavoratori che rientrano in Italia rispettando alternativamente i requisiti precedenti hanno accesso a un regime temporaneo di tassazione agevolata, come specificato nell’articolo 16, comma 1, del dlgs n. 147/2015 pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.220.

Questo regime dura cinque periodi di imposta, a partire da quello in cui viene effettuato il trasferimento e per i quattro successivi. Può anche essere possibile, in determinate circostanze, aumentare questo periodo per altri cinque anni.

Viene messo in opera, quindi, un abbattimento dell’imponibile del 70%, cosicché le imposte restano dovute sul 30% dei redditi percepiti. È prevista anche un’ulteriore detassazione per coloro che decidono di spostare la propria residenza dall’estero a una delle seguenti regioni del centro-sud Italia:

  • Abruzzo;
  • Molise;
  • Campania;
  • Puglia;
  • Basilicata;
  • Calabria;
  • Sardegna;
  • Sicilia.

In questa evenienza si può godere di una riduzione dell’imponibile del 90%.

La riduzione è del 90% anche nel caso in cui si facesse parte di personale accademico, docenti, o ricercatori. Le agevolazioni per queste categorie, che rientrano nella dicitura del “rientro di cervelli”, sono disponibili per quei contribuenti che:

  • possiedono un titolo di studio universitario o equiparato;
  • siano stati residenti all’estero in maniera non occasionale;
  • abbiano svolto attività di ricerca o di docenza per almeno 2 anni continuativi all’estero e facciano ritorno in Italia per svolgere lo stesso tipo di attività;
  • spostano la residenza fiscale in Italia.

Per coloro che fanno parte di questa categoria, il beneficio fiscale dura sei anni, invece di cinque.

I benefici fiscali

I lavoratori impatriati si trovano ad avere la possibilità di godere di un’esenzione Irpef del 70% o del 90% nei determinati casi già citati.

Anche se l’esenzione è della durata di cinque anni, è possibile prolungare la durata. I lavoratori impatriati hanno la possibilità di accedere ad altri cinque anni di esenzione Irpef quando:

  • si ha un figlio minorenne a carico, anche in preaffido;
  • si acquisti un immobile di tipo residenziale, in Italia, a seguito del trasferimento o dodici mesi prima del rientro in Italia;
  • si abbiano almeno tre figli minorenni a carico. In questa situazione la percentuale della tassazione diventa del 10%.

Anche nel caso di docenti o ricercatori è possibile aumentare la durata dei benefici. Salgono da sei a otto anni nel caso in cui venisse acquistato un immobile, o si avesse almeno un figlio minore a carico, arrivando fino a 13 anni quando i minori a carico sono due o più.

Il tutto è valido sempre a patto che venga mantenuta la residenza fiscale sul territorio italiano.

Le novità del 2022

Nel 2022 sono state fatte alcune precisazioni riguardanti due argomenti: i diritti dei cittadini britannici in possesso dei requisiti richiesti, e se il regime agevolato sia valido anche in caso di smart working.

Per quel che riguarda la posizione dei cittadini del Regno Unito, questa è stata chiarita dall’Agenzia delle Entrate attraverso risposta all’interpello n. 172 del 6 aprile 2022, proprio riguardante i diritti dei cittadini britannici a seguito della Brexit. È stato specificato che, se in possesso dei requisiti, si ha il diritto di richiedere un prolungamento della durata dei benefici fiscali.

Sempre l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato che si può accedere ai vantaggi disponibili per i lavoratori impatriati anche in caso di remote working per un’agenzia estera. Questa precisazione è stata data in risposta all’interpello 223 del 27 aprile 2022. Questo perché non è necessario che il lavoro venga svolto per una realtà presente sul territorio italiano, ma è fondamentale trasferire la propria residenza fiscale nel Paese e vengano rispettate le altre richieste.

Inoltre i cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) possono comunque accedere ai benefici fiscali, a patto che siano rientrati in Italia a partire dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2019 e la residenza sia in uno Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Si tratta di convenzioni stabilite con Paesi esteri, comunitari e non, per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio, e che stabiliscono come deve essere ripartito il potere impositivo fra i due Stati contraenti, regolamentando il trattamento fiscale delle singole categorie di reddito.

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