La nuova strategia di investimento arriva da Papa Francesco, secondo l’Economist. Cosa prevede e quali le caratteristiche dell’impact investing?
La Chiesa cattolica nei panni di un investitore privato?
È lo scenario dipinto da una recente analisi dell’Economist che ha parlato dell’impact investing, una nuova strategia di investimento proposta nientemeno che da Papa Francesco nel 2014.
La Chiesa gestisce oggi ingenti quantità di denaro quantificabili in miliardi e miliardi di euro. Parte di questo denaro viene investito per generare reddito mentre un’altra parte dei soldi viene spesa per azioni caritatevoli.
Se fino a questo momento i due ambiti d’azione sono stati considerati separati, secondo l’Economist le cose potrebbero presto cambiare per mano di Papa Francesco e della sua nuova strategia di investimento.
L’impact investing
Al centro della questione vi è il cosiddetto impact investing, letteralmente investimento ad impatto. Stiamo parlando di una strategia che permette di investire denaro sia con lo scopo di ottenere un guadagno sia con l’obiettivo di compiere delle azioni benevole.
A cambiare con questa strategia di investimento (che ha già ricevuto svariate critiche) potrebbe essere proprio il modo in cui la Chiesa fa beneficenza.
In una conferenza datata 2014 Papa Francesco ha introdotto il tema dell’impact investing e ha esortato a riscoprire il prezioso e primordiale legame tra il profitto e la solidarietà. Solo in questo modo la povertà potrà essere emarginata.
Il successo della strategia
L’appello di Papa Francesco non è rimasto inascoltato. Diverse istituzioni cattoliche in possesso di asset - l’Economist cita i Gesuiti e anche le Suore Francescane Missionarie di Maria - hanno indirizzato parte dei loro investimenti sui citati “fondi ad impatto”.
A ciò si aggiunga poi la nascita di nuovi soggetti a impatto cattolico come ad esempio l’Oblate International Pastoral Investment Trust, che riceve finanziamenti da più di 200 organizzazioni cattoliche di 50 diversi Paesi.
Altri fondi si sono raggruppati per allineare le proprie strategie di investimento, mentre con l’obiettivo di incoraggiare il coinvolgimento dei singoli fedeli le grandi organizzazioni hanno creato dei fondi più piccoli e accessibili ai privati attraverso somme più ridotte.
Ad oggi il capitale investito dalla Chiesa cattolica nell’impact investing ammonta a circa un miliardo di dollari e ci sono ancora diversi asset potenzialmente in grado di rivoluzionare il mercato. Il modello finanziario della Chiesa potrebbe cambiare da una tipologia “sequenziale” - dove si raccoglie denaro e poi si fa beneficenza - ad una “parallela” - dove le due attività avvengono in simultanea.
I timori della Chiesa
La strategia di investimento promossa da Papa Francesco non ha mancato di causare malumori negli ambienti ecclesiastici. Al centro delle discussioni c’è stato l’elemento della moralità: non tutti riescono ad accettare l’idea di guadagnare facendo beneficenza.
Altri, poi, temono che la strategia di investimento farà perdere il contatto con i beneficiari della generosità della Chiesa cattolica. In altre parole la paura è che l’impact investing esaurisca le forme di beneficenza più tradizionali.
A ciò si aggiunga poi che all’interno della Chiesa cattolica non tutti possono vantare un’adeguata preparazione finanziaria, il che significa che la strategia di investimento promossa dal Papa potrebbe anche portare ad una scossa del personale all’interno di quello che è a tutti gli effetti uno Stato.
Vale la pena di sottolineare, comunque, che la strategia di investimento promossa dal Pontefice e appoggiata da diverse istituzioni non ha l’obiettivo di riformare a tutti gli effetti il modo cattolico di fare finanza. L’impact investing è considerata ad oggi come una strategia promettente ma allo stesso tempo solo complementare.
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