La moglie casalinga deve essere pagata?

Simone Micocci

22 Maggio 2025 - 21:29

Ecco cosa spetta alla moglie casalinga secondo la legge, quali sono gli obblighi del marito e cosa cambia con la comunione dei beni.

La moglie casalinga deve essere pagata?

La moglie casalinga non ha un proprio reddito personale, avendo appunto scelto di occuparsi del menage domestico e familiare in alternativa a una professione.

Inevitabilmente spetta al marito provvedere alle sue esigenze, beneficiando a sua volta del contributo domestico della stessa.

Molti si chiedono però come dovrebbe funzionare all’atto pratico questo tipo di organizzazione familiare e soprattutto se la moglie casalinga deve essere pagata. Di solito le scelte specifiche sono lasciate ai coniugi, che con buon senso dovrebbero trovare le soluzioni migliori per la propria situazione, ma ecco quali sono delle regole generali.

Comunione o separazione dei beni con moglie casalinga

In Italia il regime patrimoniale legale tra i coniugi è la comunione dei beni, quindi quello presunto a meno che gli sposi compiano una scelta differente (anche in un momento successivo rispetto alle nozze). In questo caso, ogni coniuge è titolare al 50% di tutti i beni della coppia, tranne qualche eccezione per beni strettamente personali. Lo stipendio, in particolare, appartiene esclusivamente al suo titolare ma l’altra parte può pretendere metà delle somme residue sul conto corrente allo scioglimento del matrimonio.

Si parla in proposito di comunione residuale. La moglie casalinga ha quindi diritto a metà delle somme presenti sul conto dell’ex marito quando si scioglie la comunione, ma non può pretendere di ricevere alcun importo durante il matrimonio.

Lo stesso vale a parti inverse e indipendentemente dalla situazione lavorativa dei coniugi. In caso di separazione dei beni, invece, la moglie è titolare soltanto dei propri beni personali e per metà di quelli cointestati, proprio come accade tra qualsiasi cittadino non unito dal vincolo matrimoniale.

In nessun caso, comunque, la moglie casalinga può pretendere di ricevere delle somme di denaro dal marito sulla base del regime patrimoniale. In sede di divorzio potrà però ottenere il corrispettivo della metà del valore di tutti i beni in comunione, compresi gli immobili.

La moglie casalinga può usare il conto corrente del marito?

Per quanto riguarda il conto corrente bisogna fare delle doverose precisazioni.

Indipendentemente dall’eventuale comproprietà del denaro in caso di comunione dei beni, la moglie casalinga non può accedere al conto corrente del marito, né usare la carta di pagamento o prelevare denaro.

Queste operazioni sono possibili soltanto con la delega del titolare e nei limiti della stessa, cioè di quanto autorizzato, oppure in caso di conto corrente cointestato. In quest’ultimo caso, la moglie può usare i soldi sul conto corrente alimentato solo dal marito, ma dovendo restituire (se richiesto) l’eccedenza rispetto alla metà o alla quota diversa a cui ha acconsentito il marito.

La moglie casalinga deve essere pagata?

La moglie casalinga non deve essere pagata, nel senso che il marito non ha alcun obbligo di consegnarle periodicamente delle somme. Allo stesso tempo, i coniugi hanno diritto a un pari tenore di vita. Di conseguenza la moglie casalinga deve avere lo stesso stile di vita del marito, indipendentemente dalla disparità economica. Il marito non è però tenuto a pagare mensilmente una quota alla moglie per il lavoro domestico, ben potendo provvedere direttamente alle necessità familiari, acquistando quanto necessario.

Ciò vale quando la moglie è casalinga per comune accordo, non può lavorare per situazioni di salute o altre difficoltà, ma anche quando semplicemente guadagna meno del marito. Lo stesso identico principio si applica anche a parti inverse, nel caso in cui sia il marito a non lavorare o ad avere un reddito inferiore.

Il marito può quindi decidere se consegnare direttamente alla moglie una somma di denaro per il suo lavoro domestico, affidarle la gestione dell’economia casalinga oppure occuparsi direttamente delle sue esigenze. A tal proposito, tuttavia, è fondamentale che la disparità reddituale non diventi uno strumento di violenza economica nei confronti della coniuge. A prescindere dalle situazioni più gravi come i maltrattamenti, la moglie casalinga deve conservare la propria dignità e autodeterminazione anche quando il marito si occupa direttamente delle spese. Il marito non può, per esempio, pretendere di scegliere l’abbigliamento della moglie, dovendo però provvedere alla sua esigenza nello stesso modo in cui fa per sé stesso.

Tra marito e moglie vige in ogni caso un obbligo di assistenza morale e materiale, che impone ai coniugi di mettere a disposizione della famiglia il denaro necessario per le esigenze comuni o provvedervi direttamente. Di conseguenza, viola l’obbligo il marito che non garantisce il sostentamento della moglie casalinga, che adempie all’obbligo appunto attraverso il lavoro domestico. È però la moglie a violare gli obblighi di assistenza se decide colpevolmente di non contribuire alle esigenze familiari.

Sarà soltanto in sede di separazione e poi divorzio, però, che le pretese delle parti si concretizzeranno in un vero e proprio versamento economico. Alla moglie casalinga per comune scelta spetterà quindi un assegno di mantenimento volto a compensare l’incapacità di sostentamento autonomo, se presente, o comunque a riequilibrare il sacrificio patrimoniale portato dalla scelta comune. Ciò non riguarda chi sceglie di non lavorare senza accordarsi con il coniuge e senza un valido motivo, che può al massimo ambire (e non oltre il divorzio) all’assegno alimentare.

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