Siamo il Paese Ue in cui è massimo il peso demografico degli over 65 sulla popolazione in età lavorativa. Cosa rischia il welfare?
L’Italia invecchia in fretta e il rapporto tra anziani e popolazione in età lavorativa diventa sempre più sbilanciato. In condizioni ottimali dovrebbe esserci una fetta consistente di abitanti tra i 20 e i 64 anni, ossia nella fascia d’età nella quale si è considerati idonei e disponibili a lavorare e poi un’altra parte, in minoranza, di popolazione over 65 già a riposo o comunque proiettata alla pensione. La relazione tra la parte attiva e quella passiva del Paese (quantomeno in riferimento al mondo del lavoro) può essere misurata attraverso l’old-age dependency ratio, cioè il rapporto di “dipendenza” degli anziani.
Non esiste un’indicazione sul valore ideale. Tuttavia, si può ritenere che sia sostenibile un rapporto tra il 15 e il 25%, ossia con una popolazione composta da circa un anziano ogni 6-7 persone in età lavorativa o al massimo un anziano ogni quattro. Gli eccessi, in un senso o nell’altro, sarebbero da evitare. Un rapporto basso indica una popolazione molto giovane, tipica dei paesi in via di sviluppo, mentre uno troppo elevato esprime una nazione che invecchia e che ha poco ricambio generazionale. L’Italia appartiene decisamente a quest’ultima categoria.
Cosa dicono i dati
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