Dal rilancio dei blue bond alla crescente centralità nel commercio globale, l’euro si prepara a un cambio di passo per diventare vera alternativa alla valuta americana.
Negli ambienti istituzionali europei si avverte un cambio di clima. Dopo anni di analisi, ritardi e compromessi al ribasso, l’idea che l’euro possa — e debba — giocare un ruolo più centrale nella finanza globale sta uscendo dai convegni per entrare nelle agende politiche. La moneta unica è già la seconda valuta più utilizzata al mondo, ma è ancora lontana dal contendere al dollaro statunitense la sua leadership come valuta di riserva e mezzo di scambio globale. Ora, complice un contesto geopolitico sempre più instabile e la percezione di una crescente vulnerabilità del modello americano, l’Europa si interroga seriamente su come rafforzare il peso del global euro.
A guidare questo ripensamento è la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, che ha recentemente parlato di un momento decisivo per “globalizzare” l’euro. L’intuizione è semplice: se l’Europa vuole contare di più nel mondo, deve dotarsi degli strumenti economici e finanziari per farlo. L’euro, nato come simbolo di integrazione, rischia altrimenti di restare una potenza potenziale.
Il ritorno di Donald Trump sulla scena politica americana — e la concreta possibilità di un secondo mandato — ha contribuito a riaccendere i riflettori sul bisogno europeo di autonomia strategica, anche in campo finanziario. Le sanzioni secondarie statunitensi, la weaponizzazione del dollaro e l’iper-dipendenza dei mercati globali dai titoli di stato americani sono tutti elementi che spingono i policymaker europei a chiedersi se non sia arrivato il momento di costruire un’alternativa solida e credibile. [...]
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