IVIE e IVAFIE: le imposte patrimoniali sulle attività finanziarie e sugli investimenti detenuti all’estero

Emiliano Marvulli

24 Giugno 2021 - 17:30

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IVIE e IVAFIE, di seguito un approfondimento sulla disciplina delle imposte patrimoniali su attività finanziarie e investimenti detenuti all’estero.

IVIE e IVAFIE: le imposte patrimoniali sulle attività finanziarie e sugli investimenti detenuti all’estero

L’IVIE è l’imposta patrimoniale sugli immobili detenuti all’estero da persone fisiche fiscalmente residenti in Italia, e l’IVAFE è l’imposta patrimoniale che viene applicata sulle attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti in Italia.

Di seguito, un approfondimento sulla disciplina di entrambe le imposte, dai soggetti passivi alla base imponibile.

La disciplina dell’IVIE

L’obbligo di presentazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi è legato sia all’assolvimento degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4 del D.L. 167 del 1990 che alla liquidazione dell’IVAFE e/o dell’IVIE, entrambe introdotte dal D.L. 201/2011.

In particolare l’art. 19, co. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 ha istituito, a decorrere dal periodo d’imposta 2012, l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (cd. IVIE), a qualsiasi uso destinati, da parte di soggetti residenti nel territorio dello Stato.

L’imposta è stata introdotta al fine di equiparare la tassazione degli immobili detenuti all’estero con quella prevista per i cespiti posseduti in Italia, che scontano l’IMU. Dalla sua introduzione e fino al periodo d’imposta 2019, erano soggetti passivi IVIE esclusivamente le persone fisiche residenti in Italia, restando esclusi dall’obbligo di versamento gli altri soggetti obbligati al monitoraggio fiscale.

A seguito delle modifiche introdotte dalla Legge n. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020), a decorrere dal periodo d’imposta 2020 sono considerati soggetti passivi, oltre alle persone fisiche, gli enti non commerciali (compresi i trust non commerciali) e le società semplici, fiscalmente residenti in Italia, che siano proprietari dell’immobile ovvero titolari di altro diritto reale (usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie).

Come precisato nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 2012, par. 1.1, sconta l’IVIE:

  • il proprietario di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività di impresa o di lavoro autonomo;
  • il titolare del diritto reale di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi (e non il titolare della nuda proprietà);
  • il concessionario nel caso di concessione di aree demaniali;
  • il locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria. Il locatario è soggetto passivo a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

La base imponibile dell’imposta è determinata:

  • nel caso in cui l’immobile sia localizzato in Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo con adeguato scambio di informazioni (Norvegia e Islanda), in base al costo di acquisto dell’immobile (o, in assenza, del valore di mercato) o al reddito medio ordinario del paese estero moltiplicato per i coefficienti stabiliti ai fini IMU (cd. metodo “misto”), potendo optare il contribuente per il criterio a lui meno oneroso;
  • nel caso in cui l’immobile sia localizzato in Paesi diversi da quelli indicati alla lett. a), in base al costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui è situato l’immobile.

Con il Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 5 giugno 2012, sono stati precisati i valori da assumere a base di calcolo dell’imposta nel caso di beni acquisiti per donazione o successione, distinguendo il caso in cui gli immobili siano situati in Paesi UE e in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo con adeguato scambio di informazioni (Norvegia e Islanda) da quello in cui gli immobili sono localizzati altrove.

Nel primo caso, il criterio resta quello del valore catastale assunto a base per la determinazione di imposte reddituali o patrimoniali.
Per gli immobili siti negli altri Paesi, invece, il valore è quello dichiarato nella dichiarazione di successione o nell’atto registrato o, in mancanza, il costo di acquisto sostenuto dal de cuius o dal donante, risultante dalla relativa documentazione o, in assenza di documentazione, il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.

Per gli immobili costruiti va fatto riferimento al costo di costruzione sostenuto dal proprietario, risultante dalla relativa documentazione.
Ai sensi dell’art. 19, co. 15 del D.L. 201/2011 l’imposta è dovuta nella misura dello 0,76% del valore dell’immobile, in proporzione alla quota di proprietà o di altro diritto reale e va rapportata ai mesi dell’anno in cui sussiste la titolarità (la frazione di mese pari ad almeno 15 giorni vale come mese intero).

L’imposta non si applica nel caso in cui l’immobile estero costituisca abitazione principale e alle pertinenze della stessa nonché alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. L’imposta, invece, torna ad applicarsi per le abitazioni principali che in Italia risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali si applica l’aliquota nella misura ridotta dello 0,4% e la detrazione, fino a concorrenza del suo ammontare, di euro 200 rapportati al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione.

Se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

Dall’imposta si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nell’anno di riferimento nello Stato estero in cui è situato l’immobile. Per gli immobili situati in Paesi UE, in Norvegia e Islanda, dall’imposta dovuta in Italia si detrae un credito d’imposta pari alle eventuali imposte di natura patrimoniale e reddituale gravanti sullo stesso immobile, non già detratte ai sensi dell’art. 165 del TUIR.

Ai fini IVIE (e IVAFE), nei casi in cui le attività finanziarie o gli investimenti esteri siano affidati in gestione o in amministrazione ad intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, sempreché i flussi finanziari e i redditi siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi, il contribuente è esonerato dall’obbligo di presentazione del quadro RW.

In tale ipotesi gli intermediari devono applicare e versare l’imposta dovuta dal contribuente, ricevendo apposita provvista da parte dello stesso. Nel caso in cui il contribuente non fornisce la provvista, gli intermediari sono tenuti a effettuare le segnalazioni nominative all’Amministrazione finanziaria attraverso i modelli di dichiarazione previsti per i sostituti d’imposta.

La disciplina dell’IVAFE

L’art. 19, co. 18 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 ha istituito, a decorrere dal periodo d’imposta 2012, un’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero da soggetti residenti nel territorio dello Stato (cd. IVAFE).

La ratio dell’introduzione dell’imposta è di garantire uniformità di imposizione sulle attività finanziarie, indipendentemente dal luogo di detenzione (in Italia o all’estero), sul presupposto che sarebbe stato discriminatorio assoggettare le attività finanziarie detenute in Italia alla nuova imposta di bollo di cui all’art. 13 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 642/1972 e non tassare le attività detenute all’estero.

Il co. 18-bis, introdotto dalla legge 160/2019, stabilisce che, a decorrere dal periodo d’imposta 2020, sono soggetti passivi all’IVAFE le persone fisiche, gli enti non commerciali (compresi i trust non commerciali) e le società semplici fiscalmente residenti in Italia, ossia tutti i soggetti tenuti ad adempiere alla disciplina del monitoraggio fiscale di cui all’art. 4 del D.L. 167/1990.

L’art. 9 della L. n. 161/2014 ha limitato l’ambito oggettivo dell’imposta che, in precedenza, si applicava a tutte le attività finanziarie produttive di redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera, secondo l’elenco fornito dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E/2012.

In seguito alle novità introdotte con effetto dal periodo d’imposta 2014, l’IVAFE si applica sui prodotti finanziari, sui conti correnti e sui libretti di risparmio detenuti all’estero.

Per “prodotti finanziari” si intendono gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.
Di conseguenza, sono ora soggetti all’imposta in esame:

  • i valori mobiliari;
  • gli strumenti del mercato monetario;
  • le quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR);
  • le varie tipologie di contratti a termine e derivati connessi ad attività finanziarie, merci, indici finanziari e non finanziari, ecc. (ossia i contratti di opzione, future, swap, ecc.);
  • i contratti finanziari differenziali;
  • ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.

A seguito dell’introduzione del concetto di “prodotto finanziario”, che ha di fatto equiparato l’ambito applicativo dell’IVAFE a quello relativo all’imposta di bollo sulle attività finanziarie detenute in Italia, sono esclusi da imposizione le quote di partecipazione, i metalli preziosi e le valute estere (in banconote o monete) e i finanziamenti dei soci in società estere.

L’imposta è calcolata proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione e il valore imponibile è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui sono detenute le attività finanziarie, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso.

L’IVAFE è dovuta nella misura dello 0,2% per i prodotti finanziari, mentre è dovuta nella misura fissa di 34,20 euro per i conti correnti e i libretti di risparmio intestati a persone fisiche.

Inoltre, per uniformare l’IVAFE all’imposta di bollo, l’attuale comma 20 dell’art. 19 del D.L. n. 201/2011, come modificato dall’art. 134 del D.L. n. 34/2020, prevede che per i soggetti diversi dalle persone fisiche l’IVAFE ammonta a 100 euro su conti correnti e libretti di risparmio e che l’importo massimo dovuto non può superare i 14.000 euro.

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