Ius culturae e ius soli: la cittadinanza italiana passa per lo studio

Vittorio Proietti

5 Luglio 2017 - 13:30

Lo ius culturae permetterà di ottenere la cittadinanza frequentando la scuola o un percorso di formazione professionale. Ecco la novità del ddl sullo ius soli.

Ius culturae e ius soli: la cittadinanza italiana passa per lo studio

La legge sullo ius soli modifica l’accesso alla cittadinanza per i nuovi italiani: i figli degli immigrati avranno diritto ad essere cittadini italiani solo a determinate condizioni, dettate dalla Legge attualmente in discussione al Senato in cui è introdotto anche lo ius culturae.

I figli degli immigrati a beneficiare dello ius soli sarebbero infatti circa 800 mila, e ciò giustifica l’apprensione e le preoccupazioni dei parlamentari italiani impegnati negli emendamenti al Ddl 2092, giunto ormai al quindicesimo tomo di aggiunte e modifiche. Chi dovrebbe preoccuparsi di più, però, è il MIUR.

Con lo ius culturae, infatti, circa 60 mila italiani all’anno potranno ottenere la cittadinanza frequentando la scuola o un percorso formativo professionale, quindi diventare cittadini italiani tramite lo studio e non per diritto acquisito.

Il valore della proposta è notevole, ma occorre analizzare bene il testo del ddl e fare le dovute differenze tra ius soli e ius culturae.

Ius culturae e ius soli: differenze sostanziali

Tra ius soli e ius cultarae vi sono differenze sostanziali secondo il ddl in discussione al Senato. Si tratta infatti di due metodi per richiedere la cittadinanza italiana che prevedono un percorso diverso:

  • lo ius soli prevede che si acquisisca la cittadinanza per nascita;
  • lo ius culturae prevede che si diventi cittadini italiani studiando.

La cittadinanza italiana per i figli degli immigrati è in discussione in Parlamento già dal 2015, ma nei giorni scorsi la Legge sullo ius soli è tornata al centro delle cronache, in quanto strumento elettorale nelle mani dei partiti a ridosso della caduta della Legge Elettorale.

La novità dello ius culturae ha però un valore superiore alle polemiche politiche, poiché ha il vantaggio di responsabilizzare chi effettivamente ottiene un diritto attraverso un percorso di merito.

Nella scuola primaria, infatti, lo ius culturae garantirebbe l’ottenimento della cittadinanza solo al termine positivo del percorso di studi.

Tuttavia, il ddl 2093 prevede all’Art.1 la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana tramite il compimento di un percorso di studi di almeno 5 anni non necessariamente legato alla scuola pubblica, poiché potrà essere valutato anche l’ottenimento di una qualifica professionale.

Anche in questo caso i termini di tempo per presentare la dichiarazione di volontà saranno entro i 18 anni per iniziativa dei genitori, tra 18 e 20 per iniziativa dell’individuo divenuto maggiorenne.

Ius soli e cittadinanza italiana: l’altro lato della medaglia

Il ddl sullo ius soli, quindi sull’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei figli degli immigrati che nascono sul territorio italiano, corrisponde allo stesso Atto Parlamentare 2092 e modifica la Legge 31/1992 sull’ottenimento della cittadinanza.

La suddetta legge prevede che la cittadinanza sia trasmessa anche per sangue, in quanto secondo il principio dello ius sanguinis è previsto che il figlio di italiani residenti all’estero assuma la cittadinanza italiana per eredità di sangue. Ciò però non avviene per i nati da genitori non italiani nel nostro territorio.

Ius soli è infatti il diritto di essere cittadino di chi nasce sul suolo della Repubblica Italiana. Con il ddl in discussione, s’introducono appunto due possibili vie per l’acquisizione della cittadinanza italiana, ma per entrambe le acquisizioni è comune dichiarare la volontà di diventare cittadino italiano.

Il testo del ddl subirà modificazioni e il numero degli emendamenti è destinato a salire. Non ci resta che attendere gli sviluppi dei lavori parlamentari.

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