Portogallo, Spagna e Francia costruiscono la loro pipeline. L’Italia gioca col price cap

Mauro Bottarelli

20 Ottobre 2022 - 20:18

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Prima del via ai lavori del Consiglio Ue, il premier iberico annuncia il nuovo link LNG fino a Marsiglia. E mentre Berlino si prepara a sborsare altri 40 miliardi per Uniper, Draghi incassa il nulla

Portogallo, Spagna e Francia costruiscono la loro pipeline. L’Italia gioca col price cap

Le premesse per un fallimento c’erano tutte. E altisonanti. Perché il price cap temporaneo e dinamico ricordava fin da principio, oltre al tarapia tapioco del Conte Mascetti, l’inflazione simmetrica lanciata da Christine Lagarde nel board emergenziale del luglio 2021. In quest’ultimo caso, la ratio era quella di ritenere non soddisfacente alcuno scostamento al rialzo ma anche al ribasso delle dinamiche dei prezzi dal target obiettivo del 2%. Tradotto, continuare a comprare comunque. Risultato? Il dato di settembre ci ha regalato un’inflazione nell’eurozona al 9,9%, Un capolavoro.

Ma non basta. Perché se fin da principio la Germania aveva dato via libera agli acquisti comuni di gas e alla mutua assistenza energetica fra Stati membri ma ribadito il suo nein a ogni ipotesi di emissioni comuni di debito per finanziare un nuovo SURE, oltre che a un reale price cap, ecco la notizia con cui Olaf Scholz ha accompagnato il primo caffè del mattino, prima di raggiungere il tavolo del Consiglio Europeo.

Insomma, dopo aver speso 15 miliardi in linee di credito e garanzie e aver dovuto alla fine capitolare e nazionalizzare Uniper per evitare un collasso nella fornitura energetica nazionale, stante l’insolvenza da margin calls dietro l’angolo, ecco che il governo tedesco pare aver trovato una brutta sorpresa nel corso della due diligence definitiva.

Ovvero, quella con i numeri reali. Alla principale utility tedesca servirebbero infatti altri 40 miliardi di euro per riuscire a superare la crisi attuale e continuare a garantire erogazioni regolari nel corso dell’inverno, già segnato da razionamenti cominciati nella tarda estate. Il tutto dopo aver appunto speso circa 15 miliardi di denaro pubblico e aver addirittura rotto il fronte europeo, riattivando il fondo pandemico da 200 miliardi. In attesa del default russo, a Berlino qualcuno comincia a sudare. Freddo,

Con premesse simili, inutile sperare in una mediazione al rialzo dell’ultimo minuto sul price cap. Ma, paradossalmente, l’ultima uscita ufficiale di Mario Draghi come premier rischia di tramutarsi da deludente a fallimentare. Di fatto, una Caporetto. Perché prima ancora i lavori del Consiglio entrassero nel vivo, ecco che il premier spagnolo annunciava alla stampa questa notizia:

Madrid, Lisbona e Parigi costruiranno una pipeline di collegamento fra di loro, al fine di sfruttare al massimo il ruolo della penisola iberica come punto di approdo naturale del gas LNG statunitense e non solo.

Di fatto, il nuovo progetto - denominato Green Energy Corridor - si sostanzia come una versione aggiornata del vecchio MidCat, abbandonato nel 2019 a causa di problemi regolatori e di finanziamento. E l’Italia? Apparentemente, tagliata fuori. Perché Pedro Sanchez ha parlato chiaramente di un collegamento fra la Penisola iberica e la Francia e verso il mercato energetico europeo fra Barcellona e Marsiglia. E il timing dell’annuncio non è affatto casuale. Attualmente la Spagna può infatti contare su 6 terminal per la rigassificazione di LNG ma solo 2 links a bassa capacità di collegamento con la Francia.

E questa mappa aerea

Mappa aerea dei tankers di LNG al largo della Penisola iberica Mappa aerea dei tankers di LNG al largo della Penisola iberica Fonte: Euractiv

parla chiarissimo. I punti gialli al largo della penisola iberica sono tankers di LNG in attesa di essere scaricati proprio negli hub di rigassificazione spagnoli. Attualmente sono ben 35. Ma c’è un problema: questa settimana la Spagna ha proceduto alle operazioni di scarico solo per 6 di questi charter marittimi. Mancanza strutturale di capacity relativa alle importazioni di gas liquefatto: non a caso, la Germania - oltre ad aver prolungato la vita delle tre centrali nucleari fino alla prossima primavera - ha accelerato le operazioni per la costruzione di due facilities galleggianti. L’Italia - come il Cristo di Carlo Levi - si è invece fermata. A Piombino.

Ma quei 25 tankers in coda e in attesa parlano chiaramente la lingua di una capacità di rigassificazione totalmente insufficiente rispetto alla draconiana rapidità della transizione in seno agli approvvigionamenti che si è voluta imporre attraverso le sanzioni e la rottura dei rapporti con Gazprom. Insomma, il rischio è quello generato con l’accelerazione della transizione verde in relazione alle dinamiche dell’industria automobilistica. Perché il gas russo arrivava pronto all’uso via pipeline, qui deve attraversare l’oceano via charter e poi essere rigassificato in loco.

E se, ad oggi, al largo della Penisola iberica si trova un tesoretto galleggiante di 2,5 milioni di tonnellate di LNG, il timore è quello di un’arma a doppio taglio. Anzi, triplo. Se infatti il mercato ha prezzato e incorporato positivamente questa mossa, segnando un drastico calo dei prezzi alla Borsa energetica di Amsterdam, in prima istanza occorre sempre valutare per quanto gli Stati Uniti continueranno a inviare LNG e a quale prezzo rispetto al gas russo, appunto mosso senza troppa diplomazia proprio dal ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire.

Secondo, la possibilità di un salto di qualità nella speculazione. Poiché la dinamica in atto rischia di sostanziare il medesimo rischio potenziale legato al petrolio. Ovvero, chi opera sull’export potrebbe decidere di optare per il cosiddetto contango: cioè ritenere più conveniente mantenere quel gas liquefatto fermo al largo, in attesa di un aumento dei prezzi dai minimi. E generando in questo modo - quasi in maniera passiva - un ritorno delle valutazioni su livelli record attraverso una spirale auto-alimentante.

Terzo, i tempi. Quanto ci vorrà prima di poter contare su questo network, al netto di una fonte russa che ufficialmente è stata abbandonata? .Non a caso, Vladimir Putin ha forzato le tappe del progetto di hub per il gas europeo con la Turchia, offrendo a Recep Erdogan una seconda arma di ricatto verso Bruxelles dopo quella dell’immigrazione. E spingendo il CeO di Gazprom, Aleksei Miller, a paventare lo spostamento tout court verso questo asse turco dei flussi che facevano capo a Nord Stream e alla Germania. Insomma, c’è fermento a latere del nulla ufficiale di Bruxelles. Ma tranquilli, la cosa non ci riguarda. L’Italia dei Migliori - come fosse un bambino bullizzato - gioca da sola con il price cap. Nel suo angolino di splendido isolamento da sedicente leadership.

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