Opere prioritarie, analisi economica e a valore aggiunto. Nuovo piano sulla sicurezza stradale

Erasmo Venosi

17 Dicembre 2018 - 09:27

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La necessità di investimenti pubblici per perseguire la sicurezza stradale: i dati che lasciano a bocca aperta

Opere prioritarie, analisi economica e a valore aggiunto. Nuovo piano sulla sicurezza stradale

Gli investimenti pubblici in infrastrutture sono diventati l’oggetto di scontro sia all’interno del Governo, che nella società italiana.

In un paese normale non dovrebbe suscitare scandalo la preventiva analisi economica e di valore aggiunto dell’investimento pubblico per verificarne l’utilità sociale e l’impatto sulla crescita economica. Ancor più se solo si pensa che l’Italia in rapporto alla ricchezza prodotta (PIL) ha il terzo peggior posto nella classifica mondiale dopo Giappone e Grecia.

Gli investimenti pubblici in infrastrutture, a causa della crisi scoppiata nel 2007 e per rispettare i vincoli della UE, sono scesi del 36% tra il 2007 il 2017. Sarebbe superfluo affermare che l’investimento pubblico in infrastrutture deve essere coerente con le emergenze e necessità dei cittadini, che con le loro tasse consentono di finanziarlo.

Una delle emergenze primarie è sicuramente il perseguimento della sicurezza sulle strade. Inaccettabile, che negli ultimi 20 anni sono morti per incidenti stradali l’equivalente di abitanti di una media città di provincia. L’ultimo dato, quello del 2017, riporta numeri che sono l’equivalente di una strage continua: 9 morti e 676 feriti ogni giorno, una vittima ogni tre ore, 479 feriti ogni ora, 174.933 incidenti, quasi 20 incidenti ogni ora (Rapporto Anci-Istat).

Una guerra che non suscita reazioni, che non interroga, che non pesa. Una ipnosi di massa rende socialmente accettabili le stragi del sabato sera e naturale la pericolosità di certe strade. Invece di spendere 288 milioni di euro per 1 km del tunnel del Frejus o 123 milioni di euro a km nel progetto av di Vicenza, o 7 mld per l’inefficiente Mo.S.E. di Venezia si stornassero le risorse pubbliche su un grande piano di sicurezza stradale.

Nel 2017, in Italia i morti da incidenti stradali sono aumentati dell’1,6% in controtendenza rispetto ai paesi della UE che mostrano una riduzione. In Europa le vittime su strada sono state 25.250 lo scorso anno. La vicenda è talmente grave che la Commissione europea ha annunciato una serie di misure per la sicurezza stradale. Misure presenti nel pacchetto denominato “3rd Mobility Package”.

Ulteriori tecnologie di sicurezze sono proposte, per l’adozione su ogni veicolo e tra queste l’ISA (Intelligent Speed Assistance; Sistema di Adattamento Intelligente della Velocità), AEB (Automated Emergency Braking; Sistema Autonomo di Frenata d’Emergenza), tecnologie che potrebbero contribuire a salvare più di duemila vite umane ogni anno.

Il decesso per incidente stradale è la prima causa di morte per i giovani in tutta Europa. Le istituzioni europee e nazionali non devono cedere alle azioni di lobbyng delle case automobilistiche che tentano come sempre di indebolire alcuni aspetti della proposta di maggiore sicurezza per i veicoli.

I numeri italiani che riguardano gli interventi sulle strade e quindi la sicurezza sono scioccanti. Dal 2006 a oggi lo Stato ha risparmiato 10 miliardi di euro non intervenendo sul manto stradale da trattare con conglomerato bituminoso (fonte: Strade Italiane e Bitumi).

Oggi per intervenire sulla serie innumerevole di buche presenti sulle strade italiane ci vorrebbero 42 miliardi di euro. Vorrei interrogare i sindaci italiani per verificare quanti di loro sanno,che la terza domenica di novembre è la giornata in memoria delle vittime della strada. Dovrebbe essere una occasione di dibattito pubblico, azione sul governo centrale che distribuisce risorse alle infrastrutture nell’Allegato al DEF.

Dovrebbe essere una festività, in cui riflettere che ogni 10 anni per morti da incidenti stradali è come se scomparisse una città di medie dimensioni. Un dato è davvero inquietante e riguarda i soldi spesi per ogni cittadino per la sicurezza stradale. La media in Europa è di 11 euro a persona variando dai 20 di Francia e Svezia ai 5 di Regno Unito e Danimarca e a un vergognoso 0,99 centesimi di euro dell’Italia.

I dati sono del 2009, ma figurarsi se sono cambiati proprio durante la crisi che registra un meno 36% di risorse sugli investimenti pubblici in infrastrutture. Nella gelida scorsa notte di sabato, quando la festività della domenica dava i vagiti, due giovanissime vite sono state spente insieme ai loro sogni, progetti e affetti da un incidente stradale avvenuto tra Eboli e Battipaglia, in Campania.

Una casualità? Non ne sarei totalmente convinto considerati i numeri che ho citato, la morfologia della strada, il bassissimo raggio di curvatura in parecchi punti, i dislivelli che si alternano. Certo la velocità, forse la velocità ma il problema è che altre due vite si aggiungono a quel bilancio di morti e feriti da vera e propria piccola guerra che da anni segna un intero continente.

Le istituzioni, i media, le associazioni, i cittadini dovrebbero dare la massima rilevanza alla terza domenica di novembre per la memoria dei morti e feriti di una vera guerra trasformando in dolore sociale una vicenda che ci interroga tutti. Morti, feriti, ogni giorno, tutti i giorni in una guerra a bassa intensità che però non ha scatenato quella reazione collettiva per le stragi sulle strade e ancor peggio rendendo accettabili, naturali i livelli di pericolosità di certe strade.

Vorrei tanto che la Città di Eboli diventasse il centro di azione, peacemaker nella terza settimana di novembre in questa guerra infinita lanciando iniziative, incontri con esperti, case automobilistiche, decisori pubblici e associazioni per sollecitare il legislatore e l’esecutivo a mettere tra emergenze primarie la sicurezza stradale e i relativi congrui fondi per far cessare questa sanguinosa guerra rappresentata dalle stragi e mutilazioni da incidenti stradali.

Eboli dove si è fermato Cristo simbolicamente evocativo della “fermata” della strage quotidiana sulle strade italiane.

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