Indennità di disponibilità: cos’è, a cosa serve e come si calcola

Claudio Garau

25/08/2022

25/08/2022 - 15:45

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L’indennità di disponibilità si fonda sul particolare tipo di contratto di lavoro che la include. Vediamo qual è la sua funzione e come viene determinata.

Indennità di disponibilità: cos’è, a cosa serve e come si calcola

Esiste una pluralità di tipi di contratti di lavoro diversi, i quali trovano puntuale disciplina nel testo del Ccnl di riferimento. Tra essi, in particolare, ce n’è uno di cui vogliamo parlare di seguito, per chiarire in che cosa consiste una specifica indennità prevista nel diritto del lavoro a favore del dipendente. Ci riferiamo alla cosiddetta indennità di disponibilità.

Questa tipologia di indennità è applicata a tutti i lavoratori che abbiano a suo tempo stipulato un contratto di lavoro a chiamata, detto anche contratto di lavoro intermittente o “job on call”. Si tratta di una tipologia contrattuale in voga tra le aziende che non sempre hanno bisogno di dipendenti attivi e sul posto di lavoro tutti i giorni, e in modalità full time.

Infatti non pochi datori di lavoro - ad es. quelli del settore turistico o commerciale - necessitano talvolta di un maggior contributo da parte dei loro dipendenti, mentre altre volte meno. Ecco perché molto spesso scelgono di sottoscrivere un contratto di lavoro a chiamata o lavoro intermittente con la figura che intendono assumere.

Ma perché in questi casi subentra l’indennità di disponibilità a favore della persona assunta in organico? Scopriamolo insieme.

Lavoro intermittente o a chiamata e indennità di disponibilità: il contratto senza obbligo di risposta

Lo abbiamo appena accennato: il contratto di volta in volta scelto rappresenta anzitutto la miglior soluzione organizzativa per l’azienda, sia in termini di ore giornaliere che in termini di durata complessiva della prestazione lavorativa. Proprio il contratto di lavoro a chiamata - che può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato - ben chiarisce questi aspetti: grazie al lavoro intermittente o job on call, il dipendente si tiene a disposizione del datore di lavoro, che può scegliere di contattarlo per ottenerne le prestazioni nel momento in cui ne abbia necessità.

Pur essendo un contratto di lavoro estremamente flessibile, vero è però che il datore di lavoro può utilizzare la prestazione del lavoratore nel rispetto di un termine minimo di preavviso (non al di sotto di un giorno lavorativo). Quest’ultimo e l’ammontare dell’indennità devono essere indicati nel contratto di assunzione.

Ma attenzione alle distinzioni, poiché non esiste un solo tipo di contratto di lavoro intermittente, bensì due. Vediamo anzitutto il caso del contratto senza obbligo di risposta da parte del dipendente.

In questo caso l’azienda contatta il lavoratore soltanto quando gli serve per determinate prestazioni e attività, ma il dipendente a sua volta non è tenuto a rispondere positivamente. Egli non è dunque obbligato a svolgere la prestazione richiesta, specialmente nei casi in cui ha altri impegni contemporanei.

Solitamente in questi casi il lavoratore accetta soltanto quando è libero da altre attività e incombenze e, proprio per quanto appena detto, non è prevista a suo favore l’indennità di disponibilità.

Contratto con obbligo di risposta e indennità di disponibilità

Queste sono invece le circostanze nelle quali le parti del contratto si sono previamente accordate per la immediata disponibilità del lavoratore in caso di chiamata del datore di lavoro. Attenzione però: la disponibilità è controbilanciata da un corrispettivo di natura economica.

In questa seconda ipotesi ecco allora emergere la funzione dell’indennità di disponibilità, un importo che l’azienda assegna al dipendente che prende l’impegno di rendersi disponibile e di venire al più presto sul luogo di lavoro per svolgere le attività richieste, laddove ve ne sia bisogno. In questo caso è il contratto stesso a indicarti giorni e orari in cui devi essere rintracciabile.

Ma attenzione: nelle ipotesi di impossibilità di recarti prontamente sul luogo di lavoro per la chiamata (ad es. per infortunio), dovrai senza indugio informare il tuo datore di lavoro, chiarendo anche la durata dell’indisponibilità.

Inoltre non dimenticare questo importante aspetto: se hai garantito la disponibilità alla chiamata, non potrai dire di no alla prestazione senza giustificato motivo. Altrimenti andrai incontro alla perdita dell’indennità di disponibilità e dovrai fronteggiare la richiesta di risarcimento del danno eventualmente prodotto all’azienda per la tua assenza.

A quanto ammonta l’indennità di disponibilità?

Se il contratto a chiamata o lavoro intermittente prevede il citato obbligo di risposta, l’azienda non ha alternative: deve pagare l’indennità di disponibilità. A questo punto potresti però chiederti a quanto ammonta e come quantificare questa somma, anche e soprattutto per renderti conto di quali sono i tuoi effettivi vantaggi da lavoratore che si accorda per il cd. job on call.

Ebbene, l’indennità di disponibilità è fissata dai Ccnl di riferimento. Perciò il lavoratore dovrà andare a leggere sul contratto collettivo applicato dall’azienda, per scoprire qual è l’importo valevole per il suo lavoro a chiamata. Solitamente il contratto collettivo utilizzato è menzionato nella lettera di assunzione e detta indennità si somma alla retribuzione spettante per le ore di lavoro concretamente svolte.

Tieni conto però di un dettaglio molto importante: in ogni caso, l’indennità di disponibilità deve essere almeno corrispondente al 20% della retribuzione, di cui si trova traccia nel Ccnl applicato (minimo salariale). Si tratta della percentuale fissata con decreto ad hoc del ministero del Lavoro. La misura dell’indennità mensile di disponibilità è peraltro suddivisibile in quote orarie e può essere determinata anche dai contratti collettivi aziendali.

Facendo un rapido esempio pratico, ti risulterà tutto più chiaro. Supponendo che la tua retribuzione annua sia uguale a 15mila euro, l’indennità di disponibilità dovrà corrispondere ad almeno 3mila euro annui. Essendo un limite minimo fissato da un decreto, non potrà in nessun caso essere derogato dal datore di lavoro.

Aspetti contributivi dell’indennità di disponibilità

Questa indennità ha rilievo anche dal lato previdenziale. Infatti essa è da ritenersi assoggettata a contribuzione assistenziale e previdenziale per il suo importo. In buona sostanza, per l’indennità di disponibilità ti spettano i contributi per la pensione. D’altronde la disponibilità del lavoratore va considerata come una sorta di prestazione lavorativa, con la conseguenza che per logica valgono i contributi.

In termini pratici anche l’indennità di disponibilità è dunque inclusa sia nel calcolo dell’importo del trattamento sia nel calcolo dell’anzianità contributiva finalizzata al raggiungimento della pensione.

Alcuni casi pratici molto frequenti di applicazione del contratto a chiamata

Potenzialmente il contratto a chiamata può essere usato in svariate situazioni pratiche: pensiamo ad es. all’azienda del turismo e della ristorazione che ha bisogno di un cameriere in determinati periodi dell’anno e non in altri, ma anche al caso delle famiglie che assumono lavoratori domestici per avvalersi delle loro prestazioni in alcune settimane e non in altre.

Un altro esempio pratico di contratto a chiamata è quello in cui sono coinvolte le agenzie per il lavoro. In questi casi queste ultime fanno da intermediarie tra il personale che va a lavorare in azienda e l’azienda stessa. Infatti esse assumono lavoratori, per metterli poi a disposizione dei datori di lavoro che, periodicamente, glieli richiedono e che li utilizzeranno.

Rimarchiamo infine che se un’agenzia per il lavoro assume una persona tramite il contratto a chiamata o lavoro intermittente, nel corso del periodo nel quale il lavoratore non svolge prestazione lavorativa, gli sarà attribuita l’indennità di disponibilità. Ovviamente il versamento dell’importo spetta all’agenzia per il lavoro.

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