Parcheggiare in doppia fila può integrare il reato di violenza privata, anche se il blocco dura pochi minuti.
Parcheggiare in doppia fila è un malcostume diffusissimo nelle città italiane, spesso accompagnato da un rapido “torno subito” lasciato sul cruscotto o pronunciato frettolosamente a voce. Ma attenzione: in alcuni casi, questa condotta all’apparenza innocua può trasformarsi in un illecito penale a tutti gli effetti, configurando il reato di violenza privata.
Sosta in doppia fila e sanzioni del Codice della Strada
L’art. 158 del Codice della Strada stabilisce che:
“La sosta è vietata in seconda fila, salvo che si tratti di veicoli a due ruote.”
Questa disposizione implica che auto, furgoni, camper e altri veicoli a quattro ruote non possono in alcun caso parcheggiare accanto a un altro veicolo già regolarmente in sosta lungo la carreggiata.
“L’unica deroga ammessa riguarda i motoveicoli, ciclomotori e biciclette, che possono fermarsi affiancati solo se non intralciano il traffico o la manovra degli altri veicoli.”
Non esistono eccezioni per esigenze personali o giustificazioni temporanee: il divieto è assoluto, a prescindere dalla durata della sosta o dalla presenza del conducente a bordo.
Multe previste e importi aggiornati
Parcheggiare in doppia fila è un’infrazione amministrativa e la sanzione pecuniaria ha un importo che varia in base al tipo di veicolo.
Gli importi aggiornati delle sanzioni per doppia fila sono i seguenti:
- da € 87 a € 345 per autoveicoli e veicoli commerciali.
- da € 41 a € 168 per motocicli e ciclomotori.
La sanzione è applicabile anche se il veicolo è lasciato in sosta solo per pochi minuti. Il tempo ridotto non è causa di esclusione dell’illecito. Inoltre, la multa può essere ripetuta per ogni giorno in cui il veicolo resta fermo irregolarmente, aggravando ulteriormente la posizione dell’automobilista.
Se la sosta in seconda fila crea un grave intralcio alla circolazione o un pericolo concreto per la sicurezza stradale, si applicano ulteriori misure previste dall’art. 159 C.d.S., tra cui la rimozione forzata del veicolo.
La Polizia Municipale può disporre l’intervento del carro attrezzi, con costi di rimozione e custodia a carico del trasgressore. Tale misura viene applicata, ad esempio, in caso:
- blocco di corsie stradali o di accesso a passi carrabili.
- ostacolo all’ingresso/uscita di mezzi di soccorso o trasporto pubblico.
- impedimento alla regolare circolazione in zone trafficate o a senso unico.
In alcune circostanze aggravate, ad esempio se la sosta avviene in spazi riservati a categorie protette (disabili), può essere prevista anche la decurtazione di punti dalla patente e sanzioni amministrative accessorie.
Quando la doppia fila diventa reato di violenza privata?
In determinate circostanze, parcheggiare in doppia fila non è solo un’infrazione del Codice della Strada, ma può trasformarsi in un reato. In sostanza, diventa reato quando il veicolo in seconda fila impedisce l’uscita di un altro mezzo, costringendo il conducente a tollerare una limitazione alla propria libertà personale.
L’art. 610 c.p. stabilisce che:
“Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.”
Nella circolazione stradale, la “violenza” non è intesa solo in senso fisico.
«Essa comprende qualsiasi forma di coazione materiale o psicologica, come impedire ad altri di utilizzare il proprio veicolo, bloccandolo con una sosta irregolare. Il conducente può essere indagato e rinviato a giudizio.»
In caso di condanna, il giudice può applicare pene detentive, multe, lavori di pubblica utilità oppure sanzioni sostitutive.
Tuttavia, anche una condanna lieve comporta l’iscrizione nel casellario giudiziale, con ripercussioni potenzialmente molto serie.
Quando scatta il reato?
Il passaggio dalla sanzione amministrativa al reato avviene nel momento in cui la condotta diventa coattiva nei confronti di un altro soggetto. In particolare, il reato si perfeziona quando:
- il veicolo in doppia fila impedisce concretamente l’uscita o il movimento di un altro mezzo;
- tale impedimento è consapevole e privo di cause giustificative;
- la vittima è costretta a tollerare una limitazione della propria libertà.
La Corte di Cassazione ha chiarito che:
“Il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinarsi e di agire in piena autonomia. (Cass. sent. n. 24614/2005)”
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Durata della sosta irrilevante
Un equivoco molto diffuso è ritenere che una sosta breve non possa mai costituire reato. Questo è falso. La Cassazione ha stabilito che la durata del blocco è irrilevante ai fini della configurabilità del reato (Cass. sent. n. 16967 del 2020).
“Anche pochi minuti di impedimento, se determinano una coazione, sono sufficienti per far scattare la violenza privata.”
Ciò significa che un semplice “salto al bancomat” o “una sosta di due minuti per il caffè”, se blocca l’uscita di un altro veicolo, può costare una querela, oltre alla sanzione amministrativa.
Condizioni soggettive: dolo e consapevolezza
Affinché la condotta sia penalmente rilevante, è necessario l’elemento soggettivo del dolo, cioè la consapevolezza e volontà di ostacolare un altro individuo. Tuttavia, la giurisprudenza presume spesso la consapevolezza in chi parcheggia in doppia fila, poiché è noto che tale condotta può facilmente bloccare altri veicoli.
“Chi lascia consapevolmente il proprio veicolo in doppia fila, ostruendo l’uscita di altri, agisce con dolo e può rispondere penalmente ai sensi dell’art. 610 c.p.”
Fanno eccezione, in teoria, i casi in cui l’automobilista non possa prevedere il blocco altrui – ipotesi che, però, nella pratica è difficilmente sostenibile, salvo circostanze davvero eccezionali.
Violenza privata è procedibile a querela
Con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D. lgs. n. 150/2022), il reato di violenza privata è divenuto procedibile a querela di parte. Ciò significa che, la persona bloccata deve presentare querela entro 3 mesi dall’evento.
Fanno eccezione i casi aggravati, in questi casi, il reato è procedibile d’ufficio, cioè anche senza querela previsti dall’art. 339 c.p., come una violenza commessa da più persone riunite e l’uso di armi o minacce gravi. Ulteriori conseguenze derivano dalla gravità dell’evento causato: ad esempio, se il blocco impedisce a qualcuno di raggiungere il pronto soccorso, o causa la perdita di un volo, un esame, il giudice può tenerne conto in sede di quantificazione della pena e del danno.
Nei casi più estremi, come l’impedimento alla circolazione di un’ambulanza o di un autobus di linea, si può ipotizzare anche il reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.).
Stato di necessità: quando la doppia fila è giustificata?
Una questione delicata è se il conducente possa invocare lo stato di necessità (art. 54 c.p.), per giustificare la sosta in doppia fila.
“La norma esclude la punibilità quando la condotta è dettata dall’urgenza di salvare sé o altri da un pericolo attuale di un danno grave alla persona, sempre che il fatto non sia evitabile in altro modo e sia proporzionato al pericolo.”
Questo può valere, ad esempio in caso di malore improvviso oppure per soccorrere una persona in difficoltà o ancora evitare un danno grave e imminente. Tuttavia, la giurisprudenza applica questa esimente in modo molto restrittivo: la necessità deve essere reale, attuale e documentabile.
Casi reali di doppia fila finiti in tribunale
Un caso si è verificato a Palermo. Un uomo aveva lasciato la propria auto in doppia fila davanti a un salone da barbiere, bloccando il veicolo di una donna parcheggiata regolarmente. La signora, impossibilitata a muoversi per oltre mezz’ora, ha proceduto con querela. Il GIP, richiamando i principi della Cassazione, dispose l’imputazione dell’automobilista per violenza privata.
Ha sottolineato che:
“Il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione.”
Coppia imprigionata per un’ora
Un altro episodio si è verificato nel centro di Agrigento, durante un fine settimana della movida. Una coppia fu bloccata per circa un’ora da un’auto parcheggiata in doppia fila. Dopo vani tentativi di rintracciare il conducente; la Polizia Municipale sanzionò il proprietario del veicolo e predispose la rimozione forzata. Tuttavia, il comportamento ha avuto anche rilievo penale: la coppia ha sporto querela per violenza privata, facendo partire un’istruttoria presso la Procura.
Altri esempi pratici
- Parcheggio davanti a cancelli condominiali: anche in assenza di passo carrabile registrato, se viene impedito l’accesso o l’uscita, il comportamento può sfociare in violenza privata o almeno in una richiesta di risarcimento danni.
- Doppia fila che blocca un autobus: in una vicenda riportata dalla stampa romana, un’auto parcheggiata male ha impedito il passaggio di un autobus di linea per circa 20 minuti. La polizia ha valutato l’ipotesi di interruzione di pubblico servizio ex art. 340 c.p., oltre alla sanzione amministrativa.
- Sosta davanti a un pronto soccorso: in un caso avvenuto nel Nord Italia, la sosta in seconda fila ha ritardato l’ingresso di un’ambulanza. L’automobilista ha subito un’indagine per interruzione di servizio pubblico e responsabilità civile aggravata.
- Occupazione di posto disabili personalizzato: la Cassazione ha riconosciuto che occupare uno stallo riservato a un disabile specifico può costituire violenza privata, poiché impedisce all’avente diritto l’esercizio di una libertà fondamentale (Cass. sent. n. 5398/2017).
Responsabilità civile e risarcimento danni
Chi blocca un altro veicolo in doppia fila può essere chiamato a rispondere anche in sede civile, per il risarcimento dei danni materiali e morali subiti dalla vittima. Alcuni danni includono i costi per taxi o trasporti alternativi, la perdita di appuntamenti professionali o personali, il danno da stress.
È importante sottolineare che, in questi casi, le compagnie assicurative RCA non coprono le condotte penalmente rilevanti. Il risarcimento grava direttamente sull’automobilista, che può essere condannato a pagare di tasca propria anche somme ingenti. Inoltre, in presenza di danno grave, il giudice può disporre il risarcimento immediato in sentenza penale (art. 538 c.p.p.) o in sede civile separata.
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