La produzione turca di nocciole è crollata a causa di gelate e parassiti. Ferrero sospende gli acquisti nel Paese e guarda a Cile e Stati Uniti per tutelare la produzione di Nutella.
Scoppia la crisi nel mercato mondiale delle nocciole. Ferrero, colosso italiano del dolce e produttore della celebre Nutella, ha sospeso temporaneamente gli acquisti in Turchia, principale fornitore della materia prima. Il prezzo delle nocciole turche è infatti raddoppiato in pochi mesi, passando da circa 9.000 a 18.000 dollari a tonnellata, dopo una gelata primaverile e un’infestazione di parassiti che hanno devastato i raccolti nella regione del Mar Nero.
Il Financial Times riporta che la decisione di Ferrero è arrivata di fronte a un mercato in ebollizione, con intermediari locali che avrebbero accumulato scorte nella speranza di vendere a prezzi ancora più alti.
Secondo le stime, la produzione turca, che in un anno normale oscilla tra 600.000 e 700.000 tonnellate, potrebbe scendere sotto le 500.000, o addirittura alle 300.000 tonnellate. Un calo che ha contribuito a spingere le quotazioni internazionali ai massimi da oltre un decennio.
Ma da Ferrero arriva una rassicurazione: “Quest’anno abbiamo una copertura molto ampia, non abbiamo fretta di acquistare”, ha dichiarato Marco Botta, direttore generale della Ferrero Hazelnut Company, la divisione interna che gestisce l’approvvigionamento di nocciole per il gruppo.
Cosa sta succedendo al mercato delle nocciole?
Le difficoltà, però, non sono nate ora. Già la scorsa estate, gli analisti avevano segnalato un aumento del 30% dei prezzi delle nocciole turche dovuti alla gelata primaverile, la peggiore degli ultimi dieci anni, aggravata da un’ondata di parassiti. La Turchia, che rappresenta circa il 65% della produzione mondiale di nocciole, è stata quindi travolta da una crisi che ha prodotto un raccolto dimezzato e generato forti perdite economiche per le 450.000 famiglie che dipendono da questa coltura.
L’International Nut and Dried Fruit Council aveva già avvertito che le fluttuazioni dell’offerta turca avrebbero avuto ripercussioni sull’intero mercato globale. Alcuni esperti locali avevano infatti segnalato che molti agricoltori avevano perso fino al 100% del raccolto.
Gli effetti del cambiamento climatico, con inverni più caldi e gelate improvvise, hanno reso sempre più fragile una filiera già sotto pressione. Ferrero stessa aveva riconosciuto che “eventi meteorologici estremi possono incidere sulla produzione”, pur assicurando continuità grazie a fonti alternative.
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                La corsa speculativa e lo stallo del mercato
Oggi, a complicare la situazione, è intervenuta la speculazione. Il blocco degli acquisti da parte di Ferrero ha innescato uno stallo tra l’azienda e i commercianti turchi. Mentre la multinazionale italiana attinge alle proprie riserve e si rivolge a fornitori alternativi in Cile e negli Stati Uniti, gli intermediari continuano a trattenere le scorte, convinti che Ferrero sarà costretta a tornare sul mercato.
“Gli intermediari stanno comprando tutto ciò che possono, tenendo Ferrero praticamente in ostaggio” ha commentato il trader Giles Hacking. Intanto, il Consiglio dei Cereali Turco (TMO) ha provato a calmierare i prezzi aumentando del 20% il prezzo minimo di sostegno, ma senza riuscire a frenare la corsa speculativa.
La strategia di diversificazione di Ferrero
Ferrero, che tradizionalmente acquista dalla Turchia circa il 70% del suo fabbisogno, non sembra intenzionata a modificare la propria ricetta o ad aumentare i prezzi al consumo, confidando nella solidità della sua catena di approvvigionamento.
Negli ultimi vent’anni la società ha investito in nuove aree di produzione di nocciole, in particolare in Cile e negli Stati Uniti, che oggi garantiscono ciascuno circa 100.000 tonnellate annue.
“Non dobbiamo cambiare nessuna ricetta”, ha assicurato Botta, sottolineando che i contratti a lungo termine e la diversificazione geografica consentono all’azienda di mantenere stabilità produttiva.
Una scelta, quella della diversificazione, che si sta rivelando strategica nel momento in cui la Turchia, pur restando il principale produttore mondiale, mostra segni di fragilità strutturale.
L’aumento dei costi del lavoro, la mancanza di modernizzazione agricola e l’incapacità di costruire un marchio forte stanno infatti erodendo la competitività turca. “C’è la paranoia che la Turchia perda la sua quota di mercato”, ha ammesso uno dei principali esportatori locali.
Per ora Ferrero mantiene un atteggiamento prudente e conferma che l’impegno con la Turchia “è di lungo termine”. Ma se i prezzi continueranno a salire e la produzione a calare, l’epicentro mondiale della nocciola potrebbe spostarsi progressivamente altrove.
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