La Casa Bianca scommette su un forte calo del dollaro per ridurre il deficit commerciale USA. Ma la storia insegna che anche grandi svalutazioni non sempre portano benefici duraturi
Ridurre – o addirittura eliminare – il deficit commerciale degli Stati Uniti è un obiettivo storico quanto controverso. È il cuore della politica economica di Donald Trump, che interpreta lo squilibrio commerciale americano come il frutto di decenni di sfruttamento da parte di partner internazionali sleali. Un’opinione che ha condotto l’ex presidente a proporre dazi, restrizioni commerciali e, oggi, a scommettere apertamente su un dollaro debole.
Ma quanto dovrebbe davvero svalutarsi il dollaro affinché il deficit si riduca in modo significativo? E soprattutto, è questa una strada percorribile senza generare nuove instabilità globali?
Stephen Miran, presidente del Council of Economic Advisers e figura chiave nella definizione della politica commerciale di Trump, ha recentemente pubblicato uno studio intitolato A User’s Guide to Restructuring the Global Trading System. In esso sostiene che il dollaro è «persistentemente sopravvalutato» dal punto di vista commerciale, e propone “dazi generalizzati e l’abbandono della politica del dollaro forte” come strumenti per riequilibrare la bilancia dei pagamenti. [...]
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