Troppe PMI confondono strumenti e strategia: rincorrono mode, sprecano budget e ignorano i clienti. L’era del “meno” è l’occasione per tornare alla sostanza.
Nelle piccole imprese italiane il marketing è diventato una sorta di parola totem: la si pronuncia per sentirsi moderni, per mostrare ai clienti che “si è cambiato passo”, o per dare un tono professionale a riunioni che spesso restano improvvisate. Ma dietro quella parola, troppo spesso, non c’è una strategia: c’è confusione. Per molti imprenditori marketing significa “fare un post su Facebook”, “mettere qualche euro di sponsorizzata”, “rifare il logo”. Nulla di più.
Negli anni scorsi si è diffusa l’idea che la soluzione fosse “fare di più”: più social, più strumenti, più piattaforme, più campagne. La convinzione che il digitale fosse economico e miracoloso ha portato anche micro-imprese con due o tre dipendenti a investire in software mai usati, agenzie cambiate ogni sei mesi, consulenze frammentate. Il risultato? Più spese, meno risultati. È la trappola del “di più”.
Oggi, invece, siamo nell’era del “meno”: meno budget, meno tempo, meno illusioni. I costi dei media digitali sono aumentati, la visibilità organica è crollata e molte tecnologie acquistate non vengono utilizzate neanche per metà del loro potenziale. Per le imprese familiari e per le piccole realtà territoriali, questo paradossalmente è un vantaggio: si torna alla sostanza. [...]
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