Guerra Israele e Hamas, come sono schierati gli altri Paesi

Giorgia Bonamoneta

19/10/2023

19/10/2023 - 20:45

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La guerra di Israele porta la comunità internazionale a schierarsi. Chi sta con Israele e chi sta con i civili e la causa palestinese. Quali sono gli schieramenti?

Guerra Israele e Hamas, come sono schierati gli altri Paesi

Nella guerra di Israele contro i palestinesi ormai si è delineato uno schieramento da stadio: da un lato gli alleati di Israele, o sarebbe meglio dire degli Stati Uniti, e dall’altra chi sta con i civili palestinesi, ovvero il mondo arabo e parte dei cittadini della comunità internazionale che non sentono di schierarsi in linea con il proprio Stato e le bandiere israeliane che sventolano sui palazzi istituzionali.

La tifoseria da partita di calcio che è emersa nel conflitto è figlia della narrazione che vuole Israele contro il gruppo Hamas. Una vendetta, quella dichiarata dal governo Israeliano, che risuona nelle parole di Benny Gantz, il capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane, quando dice “richiederà l’uso di molta forza. E se al mondo non piacerà, che così sia. Non sono i loro bambini che sono stati assassinati, ma i nostri”. I famosi “bambini della luce e bambini dell’oscurità” citati dal primo ministro Benjamin Netanyahu in un post su X, prima di cancellarlo.

Il mondo, di fronte all’uso della forza di Israele e all’assenza di un sostegno umanitario - Bibi ha dichiarato che non c’è spazio per un cessate il fuoco né per l’ingresso di acqua e cibo a Gaza - resta schierato tra un presunto attaccato e un presunto assalitore, come se il conflitto non avesse radici ben più antiche del 7 ottobre e come se le immagini non mostrassero un evidente sbilanciamento di forza, oltre che si distruzione subita.

Conflitto israelo-palestinese: chi sta con Israele

Al netto di un fatto scontato, ovvero che non si tratta di una guerra tra Israele e Palestina (che non esiste se non come terreno occupato), ma di Israele contro il partito di Hamas, gli schieramenti sembrano propensi a concretizzare l’idea di “due popoli in guerra”.

Nelle dinamiche delle relazioni internazionali, Israele è il grande favorito. Lo è per diversi fattori storici - anche i sensi di colpa per il genocidio avvenuto in seno alla Seconda guerra mondiale - ma anche economici e politici. Non è un caso se Israele si dichiara ed è riconosciuto a livello internazionale come l’“unica democrazia”. Per questo gode di alleati forti e influenti come gli Stati Uniti e il Regno Unito, che sono in grado da soli di apportare un elevato numero di Stati dalla parte di Israele. Così anche Francia, Italia (partner militare di Israele), Germania (partner commerciale), Giappone e svariati altri.

Un sostegno occidentale (e non solo) forte e incrollabile, anche se il velo di Maya è stato più volte sollevato e sotto questo l’unica democrazia è apparsa più come uno “Stato di agenti segreti ed elementi nazi-ebraici”, per usare le parole del professore Yeshayau Leibovitz, un religioso ebreo. Alla base di questo Stato democratico c’è una governo eletto non con il voto di tutti, come il termine “democrazia” lascia pensare.

Inascoltata e passata inosservata è la posizione dei Paesi del continente africano, che sembra spaccato in due, tra chi è solidale con Israele (e condanna Hamas) come Kenya, Togo e Benin e chi invece mostra un atteggiamento più sfumato, che condanna Hamas ma non i palestinesi, tra questi il Marocco, il Sudan.

Chi sta con la Palestina?

Per concludere lo schieramento del continente africano, molto più forti sono le posizioni a favore della popolazione palestinese (della Striscia di Gaza e della Cisgiordania) di Tunisia, Algeria, Libia (anche se le manifestazioni sono state limitate) e la Mauritania.

Il resto della comunità internazionale e il mondo arabo da che parte sta? La Palestina è riconosciuta dalla maggior parte dei Paesi arabi come Qatar, Iran e Libano.

I possibili mediatori sono oggi Turchia ed Egitto. La Turchia rappresenta un caso particolare, perché sta coltivando i rapporti con Hamas in seguito all’incidente del 2010. Questo prende il nome di incidente della Freedom Flotilla e vede la morte di 9 cittadini turchi perché attaccati dall’esercito israeliano durante un viaggio per portare aiuti umanitari a Gaza.

La richiesta di “cessate il fuoco” per gli aiuti umanitari

Al di fuori del mondo arabo i Paesi che sostengono i palestinesi (un popolo senza Stato in casa loro) sono il Venezuela, Cuba, la Corea del Nord e la Russia. Sono questi, insieme al Brasile, i Paesi che hanno proposto una risoluzione su Israele e chiedeva un cessate il fuoco per portare aiuti umanitari alla Striscia di Gaza. Martedì scorso il primo “no” da parte di Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone; alla nuova richiesta di cessate il fuoco del Brasile (alla quale ci sono state dimostrazioni di pubblico sdegno, come i membri che si alzano e danno le spalle all’ambasciatrice Usa) sono stati solo gli Stati Uniti a dire “no”. Astenuti Russia (ha dichiarato che non voleva solo la sospensione momentanea, quindi la richiesta non era formulata in maniera corretta) e Regno Unito, a favore questa volta Francia, Cina, Giappone e diversi altri.

In conclusione ancora oggi gli schieramenti sono più simili a quelli di una partita di calcio che vede contro Israele e Hamas, ma sotto la cortina dei detriti c’è il popolo palestinese. Sono 2 milioni di persone che, senza acqua, stanno bevendo quella salata del mare.

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