Grandi opere: nessuna valutazione, ma utili per interrare rifiuti speciali?

Erasmo Venosi

7 Dicembre 2018 - 09:35

Le costosissime grandi opere senza valutazioni economiche e di incidenza sulla crescita destano molti interrogativi

Grandi opere: nessuna valutazione, ma utili per interrare rifiuti speciali?

Nel tempo del pareggio di bilancio, il partito trasversale del debito pubblico scende in piazza per chiedere la realizzazione di opere pubbliche prioritarie. Investimenti senza analisi economica e di quanto incidono sulla crescita?

Accettabile che 132 mld di investimenti nel settore dei trasporti non sono stati assoggettati a nessuna analisi? Nemmeno economica. Serviranno allora le opere, che per il 90% sono tunnel, gallerie, autostrade e ferrovie per alta velocità, a interrare rifiuti industriali nel sottofondo? Ne esportiamo 3,5 milioni di tonnellate annue con un 47% della Lombardia e ne scompaiono 30 milioni di tonnellate annue.

Le manifestazioni a sostegno delle cosiddette grandi opere da associazioni imprenditoriali e di politici trombati o sconfitti alle scorse elezioni, motivate soprattutto dal rilancio della crescita, qualche osservazione la sollecitano. E anche qualche inquietante inferenza conseguente a vicende di un recentissimo passato.

Il tutto inserito in un contesto di bilancio pubblico vincolato e subentri societari che suscitano interrogativi. Sul blocco delle opere pubbliche ha inciso e non poco il disastro fatto dal ministero retto da Delrio.

Un nuovo codice appalti, che dopo 4 mesi venivano rilevati 181 errori su un codice composto da 220 articoli e dopo un anno un correttivo, che introduce 450 modifiche. L’attuazione dipende da 60 decreti ancora oggi non tutti emessi.

Disastro del Codice Appalti, che tra l’altro ha indotto la Commissione europea ad aprire una procedura di infrazione. Le marce a favore delle grandi opere, organizzate soprattutto da associazioni padronali, nella realtà sono marce contro la valutazione economica e soprattutto di incidenza dell’investimento pubblico sulla crescita economica.

L’analisi costi benefici misura la convenienza sociale (surplus sociale netto, derivante da impatto sull’ambiente attraverso misura delle esternalità e sulla occupazione), ma nulla dice sull’incidenza rispetto alla crescita economica.

L’impatto sulla variazione del PIL si valuta attraverso l’analisi comparativa di valore aggiunto. Sono 132 i miliardi di investimenti nel settore dei trasporti, ma nessuno è stato valutato nemmeno attraverso l’analisi costi benefici. Tutto il lobbysmo di questi giorni, a favore delle grandi opere poggia sul nulla di economicamente verificato. Nulla.

Il convincimento che ci sia un moltiplicatore molto maggiore di uno per gli investimenti pubblici a prescindere è solo un dogma strumentalmente usato da un nugolo di menti fine. Un dubbio inquieta, per questi movimenti, a sostegno delle opere prioritarie che per il 90% sono tunnel, gallerie, autostrade e ferrovia ad alta velocità ed è quello che riguarda lo smaltimento dei rifiuti speciali che provengono dal settore industriale, ma anche i residui delle operazioni di scavo delle gallerie e la vicenda del sottoattraversamento di Firenze con rinvii a giudizio di alti personaggi di ITALFERR, RFI, Commissione VIA, Funzionari della Regione Toscana.

Anche le dichiarazioni del PM milanese Roberto Pennisi alla commissione sulle ecomafie inquieta:

“L’unico scopo al quale fino a questo momento è servita la Brebemi è stato interrare rifiuti.”

Rifiuti sotto la stazione av di Acerra, sotto l’autostrada Valdastico Sud (Vicenza/Rovigo), sotto la A4, sotto la ferrovia Mestre/Padova. La vicenda fiorentina rappresenta il paradigma della spregiudicatezza e collusione tra pezzi di pubblica amministrazione, strutture di vigilanza e controllo, politici senza scrupoli, aziende pubbliche e soggetti privati. Un pentagono ad alto potenziale distruttivo, per gli interessi pubblici e la salute dei cittadini.

A Firenze, in galera alcuni, rinviati a giudizio altri. La presidente della società di ingegneria di Fs ITALFERR, ex parlamentare per 4 legislature, il responsabile ITALFERR incaricato della vigilanza sui lavori per conto di RFI, un dirigente della Struttura di missione, il capo della struttura di missione. Il reato? Associazione a delinquere e altri 20 capi di imputazione. Alcuni sono stati prosciolti.

Sarà poi il processo, che partirà a breve, a verificare l’impianto accusatorio; a noi preme chiarire la questione fondamentale della gestione dei rifiuti speciali e dei fanghi prodotti nel lavoro di costruzione della galleria. Il terreno scavato dalle fresa (talpa) è contaminato dalle sostanze chimiche utilizzate per ammorbidire il terreno di scavo e inviarlo nella parte posteriore della fresa sotto forma di fango.

Quest’ultimo è un rifiuto, invece nel caso fiorentino funzionari di Italferr e di RFI lo consideravano un sottoprodotto senza alcun problema per l’ambiente. Nel caso fiorentino troviamo addirittura la falsificazione delle analisi degli scarti, per dimostrarne la innocuità. Gravissima l’accusa della Procura di Firenze sui cosiddetti conci che rivestono la superficie esterna delle gallerie e la cui alterazione pregiudica la sicurezza.

Evidente che, dal punto di vista dei costi, cambia moltissimo considerare sottoprodotto un rifiuto. Lo smaltimento di grandi quantità di rifiuti pregiudicherebbe radicalmente il profilo dei costi. La questione delle terre e rocce da scavo è come scrive da tanti anni il magistrato Amendola, una battaglia del partito trasversale “delle terre e rocce da scavo” che ha come unico obiettivo non applicare le norme sui rifiuti per le terre schifose e inquinate da sostanze pericolose proveniente dai lavori di gallerie e simili.

Racconteremo in un prossimo articolo questa storia. Il grande business degli investimenti pubblici con costi capestro, per la finanza pubblica si fondano su poche e miratissime norme ereditate dalla legge obiettivo e trasferite nel codice appalti.

Quali? Il direttore dei lavori è nominato da chi esegue l’opera ovvero il controllore è nominato dal controllato. Quale l’implicazione? Il costo dell’appalto vinto è indicativo perché successivamente, per le più varie ragioni il direttore dei lavori scelto asseconderà le cosiddette “riserve” ovvero maggiori costi sostenuti dall’impresa per problemi di progettazione, imprevisti e accadimenti vari.

Come si risolve la “riserva” riconosciuta dal direttore lavori? Un accordo bonario. Sperimentazione questa applicata a Firenze e sventato dalla Procura. Infine, a chiudere il cerchio la derubricazione dei rifiuti a sottoprodotti. Il progetto av Brescia/Verona con sei gallerie alcune artificiali e altre no di problemi di impatto ambientale ne presenterà, a mio giudizio, moltissimi.

Vanno comunque avanti perché nemmeno il parere del massimo organo tecnico dello Stato ha prodotto il blocco di un’opera, molto citata nel rinvio a giudizio dei 51 della inchiesta della Procura di Firenze sul sottroattraversamento TAV. Un ultimo dato riguarda RFI. Subentrerebbe, sembra, al general contractor NODAVIA controllata da COOPSETTE, in concordato preventivo presso il Tribunale di Reggio Emilia.

Argomenti

# Italia

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it