Saranno inevitabili dei ridimensionamenti per Quota 100 e Reddito di Cittadinanza: in vista delle europee, il ministro Tria è il perfetto capro espiatorio.
Alla fine la colpa sarà tutta del tecnico, di quello che si è subito piegato ai dettami di Bruxelles senza provare a difendere la bontà della “Manovra del Popolo”. Mentre iniziano a stringere i tempi in merito alla legge di Bilancio, il governo ha già trovato il suo capro espiatorio: Giovanni Tria.
Con le elezioni europee di maggio che incombono, Lega e Movimento 5 Stelle in qualche modo dovranno giustificare ai loro elettori il ridimensionamento che ci sarà per quanto riguarda Quota 100 e Reddito di Cittadinanza.
In quest’ottica, il prudente ministro dell’Economia Giovanni Tria appare come un perfetto agnello sacrificale: il titolare di via XX Settembre starebbe meditando anche un passo indietro, con Salvini e Di Maio che di certo non farebbero drammi in caso di dimissioni.
Salvate il soldato Tria
“Non ce la faccio più, sono sottoposto a un agguato dopo l’altro…”. Così si sarebbe sfogato secondo Il Giornale il ministro Giovanni Tria con un sms inviato all’amico Renato Brunetta, uno dei più agguerriti contestatori della manovra tra le altre cose.
In effetti dopo essere stato mandato allo sbaraglio nei giorni caldi della bocciatura da parte della Commissione, adesso a Tria sono stati tolti i galloni della trattativa con l’Europa passati ora sul petto del premier Conte.
La sua mancata presenza poi nell’ultimo vertice ristretto di governo sulla manovra, appare abbastanza irreale che venga tenuto fuori il ministro dell’Economia, è indice di come ormai il professore sia ai margini dell’esecutivo.
La realtà è che i gialloverdi dovranno per forza di cose fare anche più di un passo indietro sulla manovra, nel disperato tentativo di evitare una procedura d’infrazione che sarà inevitabile senza dei cambiamenti marcati.
Passata la manifestazione di sabato della Lega a Roma, non più “ladrona” adesso, saranno sforbiciati i fondi per Quota 100 e Reddito di Cittadinanza posticipando la loro entrata in vigore sempre cercando di non andare oltre maggio quando si voterà per le europee.
Ma a chi dare la colpa in campagna elettorale di questa sorta di dietrofront dopo aver a lungo ripetuto il “non si arretra di un millimetro” per settimane? La risposta appare scontata: al tecnico, ovvero a quel Tria da sempre molto cauto nel voler forzare la mano del deficit.
Come si dice in gergo calcistico, il ministro dovrebbe “mangiare il panettone” ma a questo punto, una volta che sarà approvata la legge di Bilancio, un suo addio al “governo del cambiamento” appare ormai inevitabile.
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