Le vittime del fumo e i loro eredi possono chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. L’ordinanza storica che influenza le prossime decisioni dei giudici.
L’ordinanza 21464 del 25 luglio 2025 della Corte di Cassazione ribalta decenni di protezione delle multinazionali del tabacco per porsi al fianco degli eredi dei fumatori.
Già lo scorso giugno la Suprema Corte si era pronunciata a favore degli eredi di un fumatore disponendo che, in quel caso, spettasse agli eredi il risarcimento dei danni da parte del produttore, ma con la recente pronuncia di luglio la Corte non solo stabilisce che non basta la libera scelta del fumatore a escludere la responsabilità del produttore, ma inverte l’onere della prova segnando un passo storico nella giurisprudenza.
L’ordinanza apre la possibilità di poter presentare una richiesta di risarcimento danni da parte delle vittime del fumo e dei loro familiari ai produttori del tabacco poiché la commercializzazione di sigarette e di altri materiali derivati dal tabacco si qualifica come attività pericolosa.
Danni da fumo, l’ordinanza che cambia tutto
Il caso in questione prende in esame la vicenda di un uomo venuto a mancare per una neoplasia polmonare dopo aver fumato due pacchetti di sigarette al giorno dal 1968 al 2013. Le sentenze di primo e secondo grado avevano negato il risarcimento agli eredi, in quanto avevano attribuito la colpa del decesso interamente al fumatore sostenendo che i danni da fumo erano noti dal 1960.
La Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza dando ragione agli eredi e prevedendo per loro il risarcimento dei danni da parte del produttore, considerato come causa diretta del decesso.
La libera scelta del fumatore non esclude la responsabilità dell’azienda. Secondo i giudici non è possibile far ricadere tutte le colpe sulle vittime del fumo che avrebbero potuto anche scegliere di non fumare.
I Giudici sostengono che se la dannosità era realmente nota dagli anni ’60 il produttore avrebbe dovuto dissuadere dal fumare da allora adottando gli obblighi informativi in vigore oggi. La consapevolezza generica del rischio da parte dell’azienda, quindi, non esclude che quest’ultima sia responsabile dei danni.
Quello che si chiede la Corte è se il fumatore, anche nei decenni precedenti, fosse stato consapevole del danno che arrecava al suo corpo e di correre il rischio di contrarre il cancro.
I Supremi Giudici ricordano, a tal proposito, che le misure incisive per dissuadere dal fumare, in Italia sono arrivate solo a partire dal 2003, quando l’uomo in questione fumava già da 35 anni.
I produttori di sigarette fanno un’attività pericolosa
A cambiare in modo radicale la decisione dei giudici è il fatto che in tema di risarcimento del danno da fumo attivo produrre e commercializzare tabacchi lavorati rientra nelle attività qualificate come pericolose alle quali si applica l’articolo 2050 del codice civile che prevede:
«Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno».
Non basta, quindi, che sia noto che fumare potrebbe causare danni, ma è necessario accertare che il fumatore fosse effettivamente a conoscenza del rischio specifico che correva e sulle precise correlazioni del fumo con patologie tumorali.
Smettere di fumare è difficile: questo è risaputo. A causa dell’assuefazione indotta dalla nicotina. Proprio l’assuefazione esclude, nel concorso di colpa, la libera scelta del fumatore nel continuare a provocarsi un danno: il peso della dipendenza non può non essere considerato quando si valuta il concorso di colpa.
L’azienda del tabacco, quindi, è responsabile dei danni che derivano dal fumo e non è la libera scelta del consumatore a fornire una liberatoria a questa responsabilità.
Il danno da fumo attivo ha un nesso con l’attività pericolosa di produrre e commercializzare sigarette, il comportamento del danneggiato non può essere una scusante poiché si tratta di un soggetto con assuefazione alla nicotina che difficilmente può scegliere se smettere di fumare. La generica conoscenza del danno del fumo è considerata irrilevante ai fini dell’autodeterminazione poiché la dipendenza dalla nicotina incide sull’autodeterminazione del fumatore. Va ricercato il nesso causale: il fumatore è assuefatto alla nicotina perché il produttore non lo ha informato del pericolo di dipendenza e di patologie tumorali fin dall’inizio.
Sentenza storica, cosa cambia ora?
L’ordinanza ha una portata storica perché per i produttori di sigarette che non vogliano pagare i danni alle vittime del fumo ora l’onere della prova si inverte. Non basta la volontà del fumatore di continuare a fumare sigarette, ma va dimostrato di aver fatto tutto quello che era possibile per evitare il danno. Una prova che è difficile da mettere a disposizione.
Questo porta le vittime del fumo e gli eventuali eredi a poter ottenere un risarcimento sia per i danni patrimoniali che per quelli non patrimoniali.
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